Nicola Irto (Pd) spiazza tutti e si dimette dal Consiglio. Ma Gianni Arruzzolo (Forza Italia) e Simona Loizzo (Lega) resistono ancora. E si tengono le strutture (ASCOLTA L'AUDIO)
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I bi-poltronisti non mollano e si tengono il doppio incarico in Regione e in Parlamento. Nessuno, al momento, può prevedere per quanto altro tempo ancora. Di chi parliamo? Dei capigruppo di Forza Italia e Lega, Giovanni Arruzzolo e Simona Loizzo, i quali, seppur eletti alla Camera lo scorso 25 settembre, non hanno ancora esercitato l’opzione e restano formalmente in carica anche nell’assise calabrese.
La scelta di Irto
La scelta di Nicola Irto (Pd) è quindi un fatto straordinario, considerato il contesto di riferimento. Ha lasciato la carica di consigliere malgrado potesse mantenerla ancora per un altro paio di mesi, prima di scegliere il seggio al Senato. Lunedì scorso, Palazzo Campanella ha preso atto delle sue dimissioni, che ora sono definitive.
Al termine della seduta, anche il neo senatore e assessore regionale Fausto Orsomarso ha formalizzato il suo addio al Consiglio (che diventerà effettivo solo dopo l’ok dell’Aula), giusto poche ore prima che il governatore Roberto Occhiuto varasse la nuova Giunta e lo sostituisse con Giovanni Calabrese.
Orsomarso e Irto non erano gli unici senatori a dover risolvere l’incompatibilità sancita dalla Costituzione (articolo 122). Dopo il rimpasto, anche l’assessore esterno Tilde Minasi siederà solo a Palazzo Madama.
Chi resiste
A resistere sono quindi rimasti solo Arruzzolo e Loizzo, tutti e due deputati, tutti e due (ancora) consiglieri nel pieno delle loro funzioni. Almeno fino a quando l’incompatibilità non verrà sollevata ufficialmente dalle Giunte per le elezioni della Camera o della Regione. A quel punto saranno obbligati a fare una scelta. Peccato però che l’iter sia in genere piuttosto lungo e articolato, nonché spesso soggetto a rinvii più o meno strumentali.
Cosicché potranno volerci ancora parecchi mesi prima che uno dei due enti imponga una scelta ai bi-poltronisti. In Calabria, ad esempio, la Giunta delle elezioni, che deve esaminare le condizioni di incompatibilità dei consiglieri e degli assessori, è già andata deserta ben quattro volte dalle elezioni di settembre. Sarà certamente un caso.
Fatto sta che Arruzzolo e Loizzo per ora non si muovono, imbullonati tanto in Parlamento quanto in Regione. Va detto che i due consiglieri di Fi e Lega sono sì incompatibili, ma non commettono alcuna irregolarità nel mantenere il doppio incarico fino a quando una delle due Giunte non imporrà l’opzione. Ma la loro scelta è anche politicamente opportuna?
L’affondo del Pd
Non secondo il Pd, che ha sfruttato le dimissioni di Irto per attaccare il centrodestra. È stato il consigliere dem Raffaele Mammoliti a rimarcare la differenza in Consiglio: «Chi viene chiamato a svolgere funzioni in altre sedi non può continuare a tenere due postazioni. Irto poteva fare come altri stanno facendo in quest’aula, ma credo che la sua scelta dia valore alle istituzioni democratiche e alla politica».
Arruzzolo non ha gradito affatto. E, dopo aver assicurato di voler presentare «presto» le sue dimissioni, ha chiarito di non aver esercitato l’opzione «per ragioni di correttezza e opportunità» legate al suo ruolo di capogruppo e alle presunte scadenze di fine anno: «Non è giusto lasciare al subentrante una rendicontazione di 11 mesi che comporta responsabilità davanti alla Corte dei conti».
È una ricostruzione che non convince più di un addetto ai lavori, tra cui un consigliere esperto che chiede di rimanere anonimo: «È una supercazzola. Il rendiconto si manda entro il 31 gennaio e ogni capogruppo è responsabile solo del proprio periodo». Secondo questa interpretazione, quindi, il prossimo presidente di Fi dovrà rispondere solo delle spese a sua firma, non anche di quelle di Arruzzolo.
I vantaggi
Avere un doppio incarico è vantaggioso per diversi motivi. Il potere politico si moltiplica, perché i bi-poltronisti esercitano la loro influenza in due distinte assemblee legislative. E poi, in fondo, ci si vendica anche un po’ degli ex rivali: perché i primi dei non eletti, quelli che dovrebbero prendere il posto dei neo parlamentari, stanno a bagnomaria per un tempo imprecisato e finiscono per perdere mesi e mesi di lauti stipendi. Loizzo, ad esempio, prima o poi dovrà lasciare il posto a Pietro Molinaro, che all’indomani dell’esito elettorale si è rivolto alla giustizia amministrativa per contestare l’elezione della collega di partito.
Arruzzolo, da sempre molto vicino a Ciccio Cannizzaro, verrà invece sostituito da Mimmo Giannetta, che con il giovane deputato azzurro non è mai andato troppo d’accordo, anzi.
Le ragioni economiche
Ci sono poi ragioni prettamente economiche. Le indennità di Parlamento e Regione non sono cumulabili per legge ed è possibile ricevere un solo “stipendio” (in genere si sceglie quello dell’assemblea di nuova elezione).
Lacnews24.it ha potuto visionare un documento ufficiale dal quale risulta che il Consiglio calabrese continuerebbe a erogare 6mila euro al mese per le spese di esercizio di mandato, più altri mille per le missioni forfettarie, agli eletti in Parlamento. Nessuna fonte qualificata di Palazzo Campanella ha tuttavia voluto o potuto confermare questa indiscrezione.
Le strutture
Mollare la poltrona calabrese è un sacrificio anche per un altro motivo. Ogni consigliere regionale dispone di un nutrito staff di collaboratori. Strutture nelle quali, molto spesso, vengono intruppati i grandi elettori del politico di turno.
Il consigliere semplice dispone di un entourage composto fino a un massimo di cinque persone: un dipendente della pubblica amministrazione più un collaboratore esperto e un responsabile di struttura, gli ultimi due incarichi sdoppiabili al 50%.
I capigruppo come Arruzzolo e Loizzo dispongono invece di una struttura large: tre componenti interni (non sdoppiabili), un autista, un segretario particolare, un responsabile amministrativo e un collaboratore esperto, per un totale massimo di 11 membri. Difficile dire addio a tutto questo.