COSENZA - «Se Occhiuto ha i numeri per essere rieletto Presidente della Provincia gli faremo gli auguri. Ma non può più tenere ostaggio un ente, un'istituzione per il suo attaccamento alla poltrona. Penso che questo sia profondamente sbagliato». Lo ha detto Luigi Guglielmelli, segretario provinciale del Partito Democratico in merito alla nota vicenda dell'insediamento di Mario Occhiuto alla guida dell'Ente Provincia, all'indomani della sua rielezione a sindaco di Cosenza. Come si ricorderà, l'architetto aveva già una prima volta sottratto al consigliere anziano Graziano Di Natale, esponente del Pd, la carica di presidente, nominando fuori tempo massimo Franco Bruno. Il Consiglio di Stato ha stabilito che quell'atto non era valido perché sottoscritto da Occhiuto quando egli era ormai decaduto per effetto della chiusura anticipata della consiliatura di Palazzo dei Bruzi. Nel frattempo però Occhiuto è tornato a fare il sindaco e sulla base di una norma statutaria ha nuovamente assunto il ruolo di presidente della Provincia. «In realtà c'è una sentenza del Tribunale di Cosenza che, sulla questione, ha dato torto a Lino Di Nardo, altro consigliere provinciale decaduto e rieletto a Palazzo dei Bruzi, il quale dovrà cedere il posto a Basilio Ferrari. I giudici hanno stabilito – spiega Guglielmelli – che un consigliere provinciale decaduto per lo scioglimento anticipato dell'amministrazione comunale, non può rientrare nelle sue funzioni alla provincia anche se rieletto al comune. E poi – aggiunge il segretario provinciale del Pd – Mario Occhiuto ha presentato al Consiglio di Stato un appello incidentale asserendo che lo Statuto provinciale prevedeva la possibilità per lui di proseguire ad esercitare la carica di presidente. Ma questa tesi è stata rigettata per cui mi pare che sia la giustizia amministrativa che quella ordinaria hanno chiarito che la legge nazionale non può essere derogata dallo Statuto provinciale. Farebbe bene Mario Occhiuto a prenderne atto ed a consentire che nell'Ente possa essere ristabilita la democrazia».