La manovra, il caro gas, le povertà crescenti, l’inflazione. È un periodo turbolento per la politica italiana, ma soprattutto per il Pd che oltre ad affrontare i problemi del Paese deve sciogliere i suoi nodi interni. Grazie all’ennesimo congresso rifondativo ovviamente.

Ne abbiamo parlato con Carlo Guccione, responsabile nazionale del comparto Sanità del partito.

Guccione, ha letto la manovra del Governo?
«Purtroppo sì. Dico purtroppo perché devo registrare che il Sud è completamente sparito. Non c’è traccia di norma o finanziamento che sia di sostegno alla crescita del Meridione. Anzi quello che si registra in questi giorni è paradossale»

A cosa si riferisce?
«Al fatto che vengono stanziati due miliardi di euro in sanità destinandoli però, per gran parte, ai ristori per il caro energia. Nulla per assumere medici, infermieri, Oss che dovranno poi gestire case e ospedali di comunità il cui iter è già in fase avanzata»

Anche in Calabria?
«Si Invitalia ha già fatto le gare di progettazione e servizi per la realizzazione di 57 case di comunità e 15 ospedali di comunità. Il punto è che senza personale rischiamo di creare le solite scatole vuote»

Intanto facciamo le strutture…
«E poi? chi ci lavorerà? Mi pare che qualcuno stia facendo il gioco delle tre carte.  Se dovesse andare avanti la logica della ripartizione delle risorse in sanità con lo Stato/Regioni avremo un Governo che da un lato dà (nel piano operativo 2022/2025 appena approvato c’è un contributo di solidarietà di 180 milioni in tre anni), dall’altro però toglie (circola l’ipotesi di avere fra i 50 e i 60 milioni in meno ogni anno rispetto lo scorso sulle risorse destinate alla Calabria). A ciò si aggiunge il fatto che la spesa media sanitaria pro capite in Italia è 2120 euro; al Nord è di 2139, in Calabria 2029. Questo significa che su questa voce vengono sottratti due milioni di euro l’anno alla Calabria».

Su questi temi qual è la posizione del Pd? Scenderà in piazza come i 5 Stelle o offrirà il dialogo come il Terzo Polo?
«È chiaro che per contrastare efficacemente la destra che è al governo del Paese è urgente trovare l’unità delle opposizioni. In fondo non è difficile trovare punti di convergenza su proposte che contrastino una Finanziaria classista»

Classista?
«Si perché individua nei ceti deboli e nelle povertà una colpa e non mette in campo iniziative e provvedimenti per rimuovere questa condizione»

Questo potrebbe essere facilmente un filo che lega le opposizioni, ma il Pd cosa propone da parte sua?
«Il Pd ha subito una sconfitta molto più grave di quella del 2018. Si è registrata una gestione della politica delle alleanze e una campagna elettorale che ha mostrato tutta la fragilità del gruppo dirigente. Anche le scelte e il percorso intrapreso di questa fase congressuale mi lascia perplesso»

Perché?
«Mi pare che ci stiamo avviando verso un congresso ordinario che rischia di finire nella solita conta sotto i gazebo. La fase costituente stenta a partire e non può limitarsi a una semplice rimpatriata fra quelli che sono rimasti nel Pd e quelli che sono andati via con la scissione»

Ricucire qualche strappo male non fa…
«Certo, però abbiamo un problema più di fondo. Il Pd in 15 anni di vita ha fagocitato dieci segretari e subito tre scissioni. Continuando così fra poco eleggeremo l’undicesimo segretario e dopo un po’ avremo o una nuova scissione o la fine del partito. Debbo confessarle che la rifondazione è vissuta da alcuni come un fastidio o ad essere buoni una sottovalutazione della gravità della situazione in cui versa il partito»

E lei cosa farebbe?
«Questa situazione non la risolvi mescolando gli stessi ingredienti per vedere se esce fuori una nuova ricetta. Serve una riflessione più profonda»

Va bene, ma quale?
«Il punto di partenza è se il mercato da solo è in grado di risolvere i disequilibri sociali o se si debba intervenire con i giusti correttivi. Dopo la pandemia e la guerra credo vada avviata una riflessione per mettere più radicalismo nella nostra proposta. È evidente che il sistema da solo non si autoregola. Basti pensare che in Italia il 2% della popolazione detiene il 50% della ricchezza. Questo provoca disuguaglianze e un disagio sociale ed economico profondo. Il potere di riequilibrio delle disuguaglianze si chiama socialismo, un socialismo che non ricerchi le vie del passato ma che sviluppi anticorpi nella scuola, nella destinazione comunitaria e ambientalista».

Qualcuno potrebbe non riconoscersi più in questa impostazione…
«Il Pd, per non tradire la sua funzione storica, per non finire travolto dagli eventi, non può che darsi una prospettiva neosocialista. Dobbiamo andare fino in fondo nel confronto fra di noi pur sapendo che alla fine del percorso rischiamo di non essere più gli stessi che eravamo all’inizio».

E il Meridione come si colloca in questo processo? Sebi Romeo ci ha detto che il partito calabrese ha il dovere di porre la questione del Sud al centro del dibattito congressuale…
«Ho letto la vostra intervista a Romeo. Condivido Sebi quando parla del Sud che oltre ad essere assente dal campo del centrodestra anche dalle nostre parti è sparito dall’agenda politica. Il Pd non può che prendere in mano la questione meridionale non in chiave assistenzialista ma rilanciando la funzione del Sud per la ripresa economica del Paese. Il Meridione è la piattaforma dell’Italia nel Mediterraneo e la Calabria con il polo di Gioia Tauro avrà un ruolo centrale se allontaniamo la logica dell’autonomia differenziata che ha trovato qualche proselita anche nel mio partito».

In effetti contro la bozza Calderoli si è levata solo la protesta di De Luca. Non mi pare che abbia avuto seguito, anzi Governatori come Giani sembrano propensi ad una nuova redistribuzione di attribuzioni fra Stato e Regioni…
«Questa battaglia non può essere lasciata solo ad alcuni, ma deve diventare elemento di dibattito della fase costituente del Pd, coinvolgendo anche le istituzioni locali che guidiamo. Serve una nostra proposta per evitare che il Sud non diventi bancomat del Nord, ma investimento per accendere i motori dello sviluppo del Paese».

Chi incarna meglio le sue idee: Bonaccini o la Schlein?
«I due che attualmente sono in campo ancora non hanno ben articolato le loro proposte. Qualcuno dovrebbe spiegare qual è la sua riconsiderazione sulla stagione del renzismo. Una questione di non poco conto perché quella stagione ha implicato ricadute evidenti sul declino del Pd. Non voglio eludere la domanda, ma siamo partiti male, ancora una volta parliamo di nomi e non di progetti. Ritengo infine che qualcuno abbia anticipato i tempi perché in base al regolamento congressuale le candidature si presentano a fine gennaio, al termine della fase costituente».