Li chiamiamo “furbetti” dell’Inps, ma è un eufemismo troppo benevolo, che nasconde - ammettiamolo - una rancida dose di invidia tipicamente italica per chi riesce a fottere il sistema. I 5 deputati - si dice, tre della Lega, uno del Movimento 5 stelle e uno di Italia viva - che hanno percepito il bonus covid di 600 euro, poi salito a 1.000, non sono “furbetti” visto che di furbo c’è ben poco nel sottoscrivere con nome e cognome la richiesta di un sussidio di poche centinaia di euro quando contemporaneamente se ne incassano 13mila netti al mese (più indennità e benefit assortiti) come “rappresentante del popolo”.

Miserie tricolori

Sarebbe più giusto chiamarli “miserabili d’Italia”. Non perché sia da miserabili accedere al bonus: non lo è affatto se ne hai diritto e subisci davvero le conseguenze economiche della pandemia; non lo è neppure per un consigliere comunale che non vive di politica, visto che in molte piccole Amministrazioni i gettoni di presenza sono spesso risibili. Ma è da pezzenti fare la cresta sugli aiuti se sei un privilegiato che già vive cullato da uno stipendio faraonico e da uno status istituzionale che ti consente mille privilegi inaccessibili ai comuni mortali.

Quattro milioni di beneficiari 

Per ottenere il bonus da 600 euro bastava poco. Troppo poco. Bisognava solo essere iscritti all'Inps e non percepire reddito di cittadinanza, reddito di emergenza, indennità di disoccupazione o assegno di invalidità. Per il resto, serviva una partita Iva e il gioco era fatto. Maglie troppo larghe che vedono oggi il Governo messo all’indice per non aver previsto paletti più stringenti basati innanzitutto su limiti di reddito. In questo modo, oltre 4 milioni di italiani hanno avuto accesso al contributo, e tra questi anche gli insaziabili miserabili di cui sopra.

Tra i "miserabili" anche 2mila assessori, sindaci e consiglieri

L’Inps non ha rivelato i nomi dei parlamentari coinvolti, adducendo ragioni di privacy, e ora se ne stanno nascosti, tremebondi, sperando che la loro identità non venga alla luce. Allo stesso modo, pare che circa 2mila tra assessori, consiglieri regionali, sindaci e forse anche presidenti di Regione, abbiano sfruttato le misure di sostegno al reddito varate per fronteggiare la crisi, incassando gli spiccioli che lo Stato ha concesso alle partite Iva. Quanti saranno “i miserabili di Calabria” che hanno presentato domanda e sono passati all’incasso? Chi sono i politici pezzenti, già stipendiati dallo Stato, che hanno intascato gli aiuti?

La politica calabrese batta un colpo

A chiederne conto potrebbe essere - anzi, dovrebbe essere - la politica regionale, a cominciare dai presidenti della Giunta e del Consiglio. E poi i segretari di partito, i movimenti stellati e marinati, almeno quello che ne resta. Probabilmente non servirebbe a farli uscire dall’angolino nel quale si sono rintanati, ma il silenzio che ancora avvolge la vicenda a queste latitudini è assordante.

Sindaci e consiglieri dei piccoli Comuni a rischio gogna

I primi a venire allo scoperto, rivendicando la legittimità della fruizione del bonus, dovrebbero essere poprio sindaci e consiglierei comunali dei piccoli Comuni, incarichi con i quali certo non si campa e spesso, nei casi più virtuosi, succede anche di rimetterci di tasca propria. In caso contrario, corrono il rischio di finire in un elenco complessivo quando poi alla fine i nomi usciranno e l’indignazione popolare e populista non farà differenza tra buoni e cattivi.