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«Numeri, senza scampo e senza possibilità di replica, puntuali e inesorabili, sono quelli che mostrano ancora una volta il vero volto della recente politica fatta di spot e annunci. Numeri come quelli diffusi oggi e relativi al fallimento delle Città Metropolitane, che hanno preso vita grazie alla riforma Del Rio ma che nella sostanza sono nate già finite».
«Riforma vuota e priva di contenuti»
E’ quanto dichiara in una nota Nino Foti, Vice Responsabile nazionale Enti Locali per Forza Italia che continua: «Una riforma vuota nei contenuti, nata dall’ossessione per il principio della spending review da praticare tramite l’accanimento sulle Istituzioni locali e che in realtà ha consegnato al Paese un nuovo ente intermedio che nella confusione normativa più totale si trova a dover mantenere le stesse competenze delle precedenti Province dovendo però lavorare con un insostenibile taglio della spesa che in alcuni casi raggiuge anche il 60%.
Il risultato – si legge ancora - è un vero e proprio disastro, l’ennesimo figlio della fretta che ha caratterizzato l’azione politica degli ultimi anni. Nessun risparmio concreto, dipendenti dirottati ad altri Enti senza alcun tipo di intervento formativo previsto, deficit di bilancio che da Nord a Sud non ha risparmiato nessuna delle nuove Città Metropolitane istituite, anche quelle che vantavano situazioni economiche favorevoli, l’emblema insomma di questa classe politica, ancora al Governo, inconsistente e non in grado di produrre atti realmente incisivi sulle sorti del nostro Paese.
Il tutto ovviamente, continua Foti, a danno di circa 22 milioni di cittadini che risiedono nelle 14 Città Metropolitane e che dalla loro istituzione hanno visto notevolmente ridotta la qualità dei servizi essenziali. Ad essere maggiormente penalizzati naturalmente sono state quelle aree del Sud nelle quali già quotidianamente si vive una condizione di forte difficoltà rispetto al resto del Paese. Non è un caso che questi dati facciano il paio con quelli diffusi dal Sole24ore in merito alla qualità della vita percepita nelle principali città italiane e che consegnano, semmai ce ne fosse bisogno, l’ennesima prova di un Paese diviso a metà. Ben otto delle ultime 10 posizioni sono occupate da Province del Sud Italia e soprattutto nessuna nelle prime 50 posizioni. Tutti segni di un divario che continua a crescere inesorabilmente e che trovano conferma anche se si guardano altri parametri, al di là degli indicatori economici e di quelli sul lavoro, come quelli sulla qualità del tempo libero solitamente ad appannaggio delle aree del Sud. Non fa eccezione ovviamente la Calabria con Reggio Calabria al terz’ultimo posto e le altre quattro Province tutte nelle ultime posizioni in ogni indicatore di quelli considerati.
Una Regione evidentemente in grande ritardo, sia dal punto di vista sociale che da quello economico, che lentamente sta vedendo sfiorire per incuria un vero e proprio patrimonio sia culturale che umano, considerato il costante abbandono da parte dei giovani che sempre più spesso cercano migliori fortune altrove. Il tutto sotto lo sguardo assente, e oserei dire anche complice, di un Governo, Nazionale e Regionale, di centrosinistra che continua a non avere lungimiranza, come nel caso di Ansaldobreda svenduta senza alcuna necessità ad investitori stranieri o avallando un sistema di trasporti che taglia completamente fuori da ogni possibile fonte di attrattività il nostro territorio con un’Autostrada che nonostante i proclami dopo anni e anni di lavori non è ancora finita, una linea ferroviaria lontana anni luce solo dall’idea di Alta velocità e con la compagnia aerea, che definire di bandiera è un eufemismo, che taglia in continuazione quei pochi voli ancora rimasti.
E’ chiaro pertanto - conclude Foti - come oggi più che mai, il Sud, l’area che dovrebbe costituire la locomotiva del Paese, non solo è ferma, ma sta inesorabilmente e velocemente regredendo. Ed è proprio questo il punto centrale sul quale deve essere improntata la nuova azione politica del Governo che verrà, un’azione che necessita di interventi concreti che non si limitino, come fatto finora, all’istituzione di un Ministero del Mezzogiorno senza poteri, ma che si concretizzino a esempio in investimenti sostanziosi sulle infrastrutture, sullo sviluppo del turismo, dell’agricoltura e sulle politiche giovanili, che non siano cattedrali nel deserto, come i vari bonus degli ultimi Governi, ma che rappresentino parte integrante di una visione d’insieme. Una visione che sia letteralmente capovolta rispetto alla prospettiva attuale e che parta finalmente dal presupposto che se non riparte prima il Sud l’Italia non potrà mai ripartire».