I vertici azzurri provano a far rientrare la crisi ma Giorgia Meloni potrebbe sbarrare le porte del Governo. Scatenando la divisione del partito: ecco gli scenari (ASCOLTA L'AUDIO)
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Gli azzurri calabresi stanno alla finestra, pronti a riposizionarsi in caso di scissione, mentre ai piani alti di Fi si butta acqua sul fuoco per far rientrare la crisi. Sì, perché i nuovi audio filo-Putin di Silvio Berlusconi rischiano di essere uno spartiacque per la nascita del Governo e di accelerare la diaspora forzista.
Il dietrofront
La sfuriata di Giorgia Meloni («l’Italia fa parte dell'alleanza atlantica, chi non è d’accordo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo») ha obbligato Berlusconi a chiarire le sue dichiarazioni («la mia posizione personale e quella di Forza Italia non si discostano da quella del Governo italiano, dell’Unione europea, e dell’Alleanza atlantica»).
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Pure Antonio Tajani – in un colloquio con Repubblica – ha provato a disinnescare la bomba che potrebbe costargli il ministero degli Esteri («gli audio? Una vendetta di chi non è stato eletto. Chi conosce Berlusconi sa che lui ha sempre parlato così»). E, a margine del summit del Ppe, il coordinatore azzurro ha ribadito le posizioni «del leader del mio partito, di Forza Italia e mia personale, a favore della Nato, delle relazioni transatlantiche e dell’Europa e contro l’inaccettabile invasione dell’Ucraina da parte della Russia». Tajani a Bruxelles ci è andato da solo perché Berlusconi prenderà parte, con gli altri leader del centrodestra, alle consultazioni con il presidente della Repubblica per la formazione del nuovo Governo.
Il caso Berlusconi
Crisi passata, dunque? Non proprio. Molti osservatori ritengono che un Berlusconi amico di Putin e detrattore di Zelensky non possa continuare a guidare in modo effettivo un partito di governo. Il Cavaliere al centro della scena politica destabilizzerebbe il nuovo esecutivo a guida Meloni e lo screditerebbe agli occhi degli alleati europei e atlantici.
Quindi o il redivivo Berlusconi adotta il basso profilo e torna a fare il padre nobile (e silenzioso) della coalizione, oppure Meloni potrebbe anche fare a meno di Fi. In che modo? Con un Governo di minoranza o, ipotesi più plausibile, favorendo la scissione degli azzurri.
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Il gruppo cuscinetto
In questo senso, Fdi – secondo il quotidiano Domani – avrebbe già pronta una strategia ben precisa: usare un gruppo cuscinetto, quello dei Moderati di Maurizio Lupi, per accogliere i transfughi di Fi, ma anche del Terzo polo, pronti a sostenere il nuovo Governo.
Con gli azzurri divisi, Tajani, una volta diventato ministro, potrebbe così ritrovarsi a guidare il gruppo dei governisti/responsabili, lasciando Fi completamente in mano alla plenipotenziaria di Berlusconi, Licia Ronzulli.
E i calabresi?
Questi gli scenari possibili all’indomani degli audiogate. E intanto i forzisti calabresi prendono tempo e studiano le prossime mosse. Per ora anche Roberto Occhiuto preferisce fare l’equilibrista e mantenersi a distanza sia dai falchi che dalle colombe. Ma, nell’eventualità in cui Fi dovesse spaccarsi, il capo della Giunta calabrese sarebbe costretto a fare una scelta di campo netta: fedeltà a Berlusconi e Ronzulli, che ne hanno fatto la fortuna politica, o allineamento a un esecutivo le cui attenzioni sono fondamentali per amministrare una regione come la Calabria?
Il senatore Mario Occhiuto, fratello del governatore, sembra aver già deciso da che parte stare, con un’adesione totale alla linea berlusconiana. È tuttavia improbabile che, quando e se sarà il momento di riposizionarsi, l’ex sindaco di Cosenza possa discostarsi dalle scelte del fratello minore.
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Quanto a Giuseppe Mangialavori, da coordinatore regionale del partito dovrebbe restare legato a Berlusconi anche in caso di scissione. Mentre più di un analista indica tra i possibili governisti il deputato reggino Francesco Cannizzaro, mai in sintonia con l’ala ronzulliana di Fi. Le mosse del Cavaliere e le contromosse di Meloni sono destinate ad avere effetti anche in Calabria.