Se non fosse che sullo sfondo c’è il problema drammatico dell’assistenza sanitaria ai calabresi, lo scontro fra le università di Cosenza e Catanzaro sarebbe roba da relegare ai tavolini di un bar o ai gradoni dello stadio. La competizione sulla facoltà di Medicina da istituire a Cosenza ha assunto risvolti appunto da curva fra chi minacciava lo sciopero della fame, chi ha portato una bara in piazza, chi ha messo in atto piccoli screzi come l’assenza all’apertura dell’anno accademico dell’Unical e la defezione alla conferenza stampa dei rettori calabresi sulla Notte dei Ricercatori. E poi c’è il Pd che a Cosenza chiede aperture, a Catanzaro minaccia barricate

LaC in questa settimana ha raccolto le voci del rettore De Sarro, del presidente Roberto Occhiuto, del docente Valerio Donato nonché le posizioni degli amministratori comunali. Ci è sembrato che quello che manchi sia una vera programmazione. Lo hanno detto benissimo il professor Donato, nell’intervista che ci ha rilasciati e il sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita. Questi, che insegna guarda caso all’Unical, ha partecipato alla protesta di Catanzaro, ma ha detto che è ora di mettere da parte i campanili. Quello che manca è una visione d’insieme del sistema universitario calabrese e di come questo possa impattare sulla società. Il punto è la strategia complessiva di sviluppo del nostro sistema universitario.

Un concetto che ha ribadito, nella stessa occasione, anche il consigliere regionale del Pd, Ernesto Alecci che ha chiesto alla Regione di fare da cabina di regia per mettere in campo una programmazione seria. Non è questione - ha detto giustamente - di Catanzaro o Cosenza, la Calabria è una. Da qui l’appello alla politica e quindi a chi amministra in questo momento storico a trovare le ragioni della sintesi, rispettando magari la tradizionale divisione di compiti dei tre atenei calabresi.

Su questo punto, con particolare riferimento alle borse di studio per specializzandi, ha anche annunciato una interrogazione in consiglio. Nessuno, però, dalla Regione ha fatto sentire la sua voce. Nonostante questa faccia, fra l’altro, anche parte del Coruc, l’organo di coordinamento delle università regionali, con pieno diritto di voto.

Il problema è che in questi mesi di Governo regionale il presidente Occhiuto forse è stato particolarmente impegnato nelle tante emergenze trovate che hanno spinto a pensare più alla gestione che alla programmazione. Da qui le acquisizioni di Sacal, Sorical, Sateca, l’avvio, sia pure lento pede, della multiutility sui rifiuti e tanto altro. Sul fronte della programmazione invece si è registrato poco. Come definire altrimenti il finanziamento di sole quattro borse di studio (aggiuntive rispetto a quelle pagate dal Ministero) per specializzandi in Medicina? Come si spiega questo investimento se lo rapportiamo ai quattrini che invece saranno stanziati per i 500 medici cubani? Con una sottolineatura, anzi due. La prima è che i medici cubani sono un investimento a “perdere” poiché difficilmente qualcuno di loro resterà in futuro a lavorare in Calabria.

Si presentano quindi come una soluzione tampone e non strutturale come possono essere invece gli specializzandi. Altre regioni non a caso hanno inserito nel contratto con gli specializzandi l’obbligo di rimanere a lavorare sul territorio per almeno tre/cinque anni. E così ne hanno finanziato a iosa: 163 la Campania, 47 le Marche, 72 l’Emilia Romagna e così via. Noi solo 4 e non si capisce bene il perché visto che Roberto Occhiuto, qui la seconda precisazione, è non solo presidente della giunta regionale, ma anche commissario della sanità.

Può agire quindi in assoluta autonomia e anche in deroga ai normali procedimenti. Quattro borse di studio sono davvero minime se si pensa che negli anni passati la Regione ne ha sempre finanziate almeno una decina, spesso con fondi propri. Occhiuto invece solo quattro, con fondi comunitari per una spesa complessiva di poco più di 400mila euro. Briciole per un sistema che ha bisogno di medici come il pane.

Ma il discorso si presta ad essere allargato da Medicina anche ad altre materie. l'Università calabrese ha già una suddivisione di competenze e su queste peculiarità sta dando grandi risultati anche a livello nazionale. Ora però la Regione deve rafforzare il sistema investendoci con borse di studio, master di I e II livello, ricerca applicata. Serve, insomma, visione e volontà politica per lo sviluppo complessivo del sistema universitario calabrese. Per i campanili, poi, ci si vede al bar o allo stadio.