I leader di Pd e M5S giocano la stessa partita. Con l’obiettivo di fermare la destra al Sud. E Calenda sogna il ritorno di Draghi (ASCOLTA L'AUDIO)
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Ci crede Letta, lo spera Conte, Calenda ne è persuaso: la vittoria del centrodestra – con il conseguente trasloco di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi – può essere scongiurata o, quanto meno, azzoppata. Una vittoria mutilata grazie al decisivo contributo elettorale del Sud e della Calabria.
I numeri del Pd
Il Pd ha già fatto i suoi conti. Secondo alcuni studi finiti sulla scrivania di Letta, nel Mezzogiorno sono 65 i seggi uninominali «contendibili», quelli cioè in cui la vittoria del centrodestra non sarebbe più così scontata. Gli analisti del Nazareno sono convinti che il M5S di Conte – che in questi giorni sta puntando forte su reddito di cittadinanza, salario minimo e taglio del cuneo fiscale – potrebbe soffiare voti decisivi soprattutto al centrodestra, riaprendo di fatto la partita al Sud.
L’obiettivo di Letta è chiaro: lavorare per la non-vittoria di Giorgia Meloni, così come successe a Pierluigi Bersani nel 2013. E se alla Camera il compito potrebbe essere piuttosto arduo, altra storia è il Senato, dove una maggioranza risicata potrebbe di fatto impedire alla leader di Fdi – è questa la speranza del segretario dem – di formare il suo governo.
Non è quindi un caso che Letta abbia avviato l’«operazione rimonta» dal Sud, con la “Carta di Taranto” – il piano del Pd che prevede 900mila nuove assunzioni nella pa e la difesa dei fondi del Pnrr – lanciata alla presenza dei governatori pugliese e campano, Emiliano e De Luca, due alleati preziosi in termini politici ed elettorali, anche in vista di un futuro congresso interno.
Così come non è casuale la battaglia ingaggiata dall’ex premier per la difesa del sistema sanitario nazionale, con la richiesta di abolire il tetto alla spesa per il personale, introdotto nel 2004 dal centrodestra. Un intervento che potrebbe dare il la a nuove assunzioni e all’aumento degli stipendi dei sanitari. Argomenti sensibili che potrebbero fare presa nelle regioni del Sud, soprattutto in quelle, come la Calabria, che da anni fanno i conti con una sanità disastrata, quindi incapace di offrire servizi efficienti ai cittadini.
Nemici ma non troppo
Se questo è lo scenario, malgrado il campo largo tra Pd e M5S sia ormai un ricordo, è evidente che Letta e Conte, al di là dell’ostilità di facciata di certe dichiarazioni pubbliche, non abbiano alcun interesse a ostacolarsi a vicenda. Vale anche per Calenda. L’ex ministro in queste ore va ripetendo che un +10% per il Terzo polo equivarrebbe a riportare Draghi a Chigi, magari a capo di un nuovo esecutivo di unità nazionale. Il nemico comune del frammentato fronte progressista è dunque sempre lei, Meloni. Ed è proprio nel Mezzogiorno che potrebbe aver luogo la battaglia campale delle Politiche 2022.
La campagna meridionale
Conte e Letta hanno perciò cambiato in corsa le loro agende e aggiunto più tappe meridionali rispetto a quelle già programmate. Anche la Calabria avrà un ruolo centrale in questa campagna.
Il leader dei 5 stelle sarà a Reggio domani, per una «passeggiata» elettorale sul lungomare. I vertici regionali del Movimento sono certi che sarà un altro bagno di folla, paragonabile a quelli avvenuti ieri in Puglia, vera roccaforte di Conte.
Per il capo dei 5 stelle sarà l’unica tappa calabrese, peraltro incastrata in un tour de force tutto dedicato alla Sicilia, dove il 25 settembre si voterà anche per le Regionali.
Sabato, sempre a Reggio, toccherà invece a Letta che, assieme a Bersani e Speranza, terrà un comizio nella centralissima piazza Duomo, con ogni probabilità al fianco del segretario regionale Nicola Irto, padrone di casa nonché capolista al Senato. Letta sarebbe dovuto arrivare a Reggio in aereo da Milano, ma all’ultimo momento ha cambiato programma inserendo un comizio a Potenza. Il segretario punta insomma a toccare il maggior numero di città del Sud per tirare la volata anti-Meloni.
«Letta – spiega un dirigente calabrese del Pd – vuole concentrare gli sforzi sul Meridione e sulla Calabria perché ha capito che qui c’è lo spazio necessario per tentare di arginare una destra che, a parte il fantomatico Ponte sullo Stretto, sta dimostrando di non avere alcuna proposta per il Sud».