Comanda Wanda, con buona pace di dissidenti e malpancisti.
Chi sperava in una rivoluzione interna successiva a un eventuale capitombolo elettorale di Fdi, o anche di intravedere qualche crepa, pure piccola, nel rapporto tra Giorgia Meloni e Wanda Ferro, è rimasto deluso.

Perché ieri, al Teatro comunale di Catanzaro, la leader di Fratelli d'Italia non ha soltanto rivendicato la corsa solitaria alle Amministrative («una scelta di libertà»); non ha solo bacchettato il resto del centrodestra per aver anteposto i «problemi interni alle singole forze politiche» a quelli dei cittadini del capoluogo; ha anche confermato una volta di più che, in Calabria, il partito è nelle mani di Wanda.

E adesso i tanti dirigenti non allineati, quelli che ormai da mesi contestano – anche con reclami indirizzati al partito romano – il modo in cui la parlamentare guida il partito regionale, sono davanti a un bivio: restare in quella che oggi è la prima forza politica italiana oppure prendere strade nuove e accidentate, pur di non sottostare al potere di Ferro?

Sofferenza e peana

Non è difficile immaginare la sofferenza dei malpancisti nel sentire i peana di Meloni in onore della candidata sindaco. Una donna «che non ha padroni e che non ha amici degli amici da accontentare. E io credo che sia esattamente quello che serve in una terra come questa».
Poi, dopo aver guardato negli occhi la deputata per smentire alcune ricostruzioni («ho sorriso quando ho saputo che si diceva che sei stata costretta a candidarti, altrimenti rischiavi la ricandidatura»), l'ex ministra ha chiarito come meglio non avrebbe potuto il modo in cui funzionano le cose nel partito: «Non dico a Wanda cosa deve fare in Calabria, perché solitamente è lei che spiega a me cosa io possa fare per la Calabria».

Primazia

Tutti, nel partito, hanno così dovuto prendere atto che le parole di Meloni, al di là dell'enfasi retorica da campagna elettorale, non fanno altro che cementare la primazia della commissaria rispetto a tutti gli altri fratellisti calabresi.

Non basterà dunque neppure un risultato deludente a Catanzaro per ribaltare questo assetto. Ferro resterà in ogni caso alla guida del partito e continuerà ad avere potere di vita o di morte su tutte le candidature per le Politiche 2023, appuntamento che stuzzica le ambizioni di molti colonnelli, anche di quelli che con Ferro non hanno un buon rapporto. Quelli che, ora ancor di più, rischiano di restare fuori dai giochi.

Chi sperava di bypassare la commissaria per ottenere un posto utile nelle liste elettorali, o anche per scalare posizioni nel partito regionale, dovrà insomma cambiare i propri piani.
In Calabria, parola di Meloni, tutto passerà ancora dalle mani di Wanda, malgrado il risultato non esaltante di Fdi alle ultime Regionali (8,7%) e, soprattutto, il modo in cui ha gestito le trattative con gli altri partiti del centrodestra per le Comunali. La parlamentare, infatti, ha dapprima rifiutato l'invito degli alleati a essere la candidata unitaria dell'intera coalizione, per poi essere quasi costretta a scendere in campo solo con Fdi.
«Ieri – commenta, quasi rassegnato, un maggiorente meloniano – abbiamo avuto la prova del fatto che in questo partito le regole della politica non valgono, contano solo la fedeltà al capo e la sua fiducia».

Cosa succederà?

Resta da capire cosa faranno adesso tutti quei dirigenti che speravano di approfittare di un eventuale passo falso di Ferro. Probabile che alcuni di loro intensifichino i contatti con i vertici di altri partiti del centrodestra per tentare di trovare una nuova casa politica e, magari, anche un posto al sole per il voto del 2023.
Operazione al limite della fantascienza. La concorrenza interna, in partiti come Lega e Fi, è già ai limiti del parossismo. Senza contare i posti a disposizione: in tutto la Calabria esprimerà solo 13 deputati e 6 senatori. Spazio ce n'è davvero poco. Consapevolezza che frena chi vorrebbe lasciare Fdi. E dire addio a Wanda.