INTERVISTA ESCLUSIVA | Parla il candidato a sindaco scelto dal leader della Lega: dai rapporti burrascosi con gli alleati del centrodestra alla necessità di attribuire le funzioni alla Città Metropolitana, fino al sogno del ponte e della grande area dello Stretto: «Ho accettato perché ci tengo a questa città che va risanata, protetta e rilanciata»
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Un atto di amore per la sua terra in un momento di particolare difficoltà. Antonino Minicuci, 67 anni e originario di Melito Porto Salvo, è il candidato sindaco scelto da Matteo Salvini per dare un’amministrazione efficiente alla città Metropolitana e replicare il modello Genova dove ha dato un apporto fondamentale nella difficile fase della ricostruzione del ponte, è ben consapevole della sfida che lo aspetta.
«Ho accettato perché ci tengo a questa città che va risanata, protetta e rilanciata. So che servono sangue, sudore e sacrifici, ma voglio farlo per la mia terra».
Quando e come nasce l’idea della candidatura?
«Nasce con un invito fattomi prima da Rixi e poi da Giorgetti. Mi dicono che se ci fosse stata la mia disponibilità, avrebbero richiesto a livello nazionale la Città Metropolitana. Risposi subito di no. A Reggio mi piaceva venire per fare una passeggiata con mia moglie e non pensavo certo ad una cosa del genere».
E come ha cambiato idea?
«A un certo punto mi hanno detto: parli sempre della tua terra dappertutto, la difendi sempre e quando ti proponiamo qualcosa di importante ti tiri indietro? Se dici a un calabrese una cosa del genere lo vuoi sfidare. E io sono uno che accetta le sfide. Ed allora un giorno a Genova viene Matteo Salvini e parliamo, insieme a Rixi, sul divanetto dell’ufficio di Toti e adesso ci troviamo qua. Abbiamo analizzato anche la situazione dei conti di Reggio e la situazione difficile che avremmo trovato e ho chiesto delle garanzie precise».
Quali sarebbero queste garanzie?
«Ovviamente parlo di garanzie per la città e non personali. Non devo fare il deputato o carriera voglio solo il bene per Reggio. La prima garanzia che ho chiesto in assoluto è quella dell’immediata attribuzione delle funzioni della Città Metropolitana per poter accedere direttamente ai finanziamenti europei. È una mia battaglia da tanto tempo, da quando facevo il direttore generale a Reggio. Se ne può trovare traccia in una mia audizione alla Commissione Affari Istituzionali del Consiglio regionale durante la quale ho chiesto il trasferimento delle funzioni. Ma l’ho fatto anche da presidente dell’Associazione della Città Metropolitana per lo sviluppo della Calabria. Ho Scritto a Oliverio, a Irto e anche a Minniti quando era ministro dell’Interno. La Calabria è l’unica Regione italiana che non ha dato le funzioni alla Città Metropolitana. Io di certo ho lottato per la mia Città altri non mi pare che l’abbiano fatto».
È un modo per rispondere a chi dice che un non reggino non può fare il sindaco?
«L’importante è capire chi è per il territorio e chi non lo è. Io sono un meridionalista convinto ho sempre difeso Reggio e i calabresi. Non appartengo a lobby politiche o d’affari, ma voglio provare a creare condizioni per attrarre investimenti e dare speranza ai cittadini ultimi che sono stati spolpati senza poter dire una parola».
Il centrodestra si spaccherà? Che sensazioni ha a pochi giorni dalla presentazione delle liste?
«Spero e credo che la coalizione si ricompatterà, Ci sono sempre idee tra i partititi e gli uomini, è implicito nel concetto di democrazia altrimenti, altrimenti saremmo in dittatura. Certo, dopo l’ufficializzazione del candidato, però, bisogna decidere il da farsi e mi pare che Berlusconi abbia dato un messaggio chiaro e chi va in direzione diversa è fuori dal partito. Ma ripeto credo nel centrodestra unito anche perché non si può lasciare la Città in mano a chi l’ha distrutta»
Preoccupano i Conti del Comune. Ci sarà il dissesto?
«Il dissesto verrà dichiarato sicuramente a prescindere da chi sarà il sindaco. La Corte dei Conti ha mandato atti chiari e non ci sono i parametri per risanare. Del resto la differenza tra dissesto e pre-dissesto è minima e riguarda i debiti risalenti. Al contrario di altri che forse hanno altri interessi a me non fa paura una commissione ad hoc che li gestisce. Si deve uscire da questa situazione che è drammatica nel massimo della trasparenza».
Che intende per trasparenza?
«Ci vuole chiarezza sui conti, ma il Comune deve diventare una casa vetro della città dove il cittadino non è più un suddito e deve trovare uffici che si mettano al suo servizio. Serve una carta dei servizi che funzioni davvero e non saranno tollerati ritardi. Il cittadino da casa deve sapere a che punto la sua pratica e chi farà ritardo dovrà risponderne. Lo so che rischio di perdere il voto dei dirigenti ma non mi importa».
Il nuovo sindaco troverà la Città sommersa dalla spazzatura. Come si esce da questa emergenza? Riproporrebbe il porta a porta?
«È chiaro che il sistema non funziona e va rivisto soprattutto in alcune zone. Mentre funzionano le isole ecologiche che devono essere mantenute. Sei anni fa, però, doveva essere avviata una programmazione comunale di lungo periodo senza aspettare, chiusi in una torre d’avorio, l’emergenza e che poi arrivi qualcuno a risolverla. Il problema discariche era noto fin da allora e evidentemente serviva altra programmazione anche più rispettosa dell’ambiente come impone l’Unione europea. Bisogna mutuare le prassi migliori dalle altre città e dagli altri Paesi. I cassonetti intelligenti sono una buona possibilità e premiano in bolletta chi fa più differenziato. Devo comunque esaminare al meglio la situazione con la mia squadra per programmare azioni immediate e azioni di più lungo respiro».
Lei è già definito il sindaco del ponte…
«Ovviamente il ponte è un’opera fondamentale, ma serve anche l’ammodernamento della viabilità, così come serve l’arrivo dell’alta velocità. E non c’è una priorità rispetto all’altra: si può lavorare in contemporanea su tutti i fronti. Il ponte farà arrivare lavoro, ma soprattutto sarà fondamentale per creare davvero l’area dello Stretto che immagino più estesa di quanto sia adesso. Un’area vasta che possa coinvolgere Messina e Catania e Reggio ma anche Vibo. Con la programmazione e le aree vaste si attraggono davvero gli investitori internazionali. Rimanere chiusi dentro il palazzo non serve a nulla. Milano lo ha fatto e ha gli investitori internazionali, Roma no ed è stata retrocessa a classe b».
Ripeterà quanto fatto nella ricostruzione del ponte a Genova?
«Sicuramente nella gestione dei finanziamenti, ci sono già 6 milioni di euro stanziati dalla Comunità Europea per il ponte, si ripeterà quello schema. Voglio ricordare abbiamo vinto una sfida enorme in soli 10 mesi. Il ponte era crollato in mezzo alla città che è stata spezzata in due con massi enormi da rimuovere. Abbiamo lavorato alla ricostruzione, ma anche assistito gli sfollati, garantito loro supporto psicologico e creato un sistema di viabilità alternativa per non paralizzare il porto».
Famosa la sua abitudine di insegnare al sindaco di Genova un proverbio calabrese al giorno. Ne dovesse scegliere adesso uno adatto alla situazione attuale?
«Aundi pari chi u lardu spandi a malapena u cavulu cundi…».
Che tradotto sarebbe?
«Dove sembra che ci sia tanto grasso che cola si riesce a malapena a condire una foglia di cavolo… Spesso ci innamoriamo di una persona che parla bene o che ha bei capelli, ma poi scopriamo che non c’è nulla. L’ho detto al sindaco quando sbagliò la scelta di un dirigente…si era fatto incantare dalle chiacchiere».