Era il 1977 quando Alan Sorrenti faceva ballare l’Italia al ritmo di Noi siamo figli delle stelle. Parole che cantavano di sogni, libertà, e un’utopia senza confini. In quello stesso anno, un giovane Beppe Grillo, fresco di abbandono del mestiere di rappresentante di commercio e del lavoro nell’azienda di famiglia, si stava affacciando timidamente al mondo dello spettacolo. Fu un provino improvvisato a cambiare la sua vita: in un cabaret milanese chiamato La Bullona, Pippo Baudo lo notò e lo lanciò in televisione. Grillo, che fino ad allora si faceva chiamare "Giúse" dagli amici, diventò "Beppe Grillo" su suggerimento dello stesso Baudo, che lo inserì nel gioco a quiz Secondo voi. Era l’inizio di una carriera destinata a lasciare il segno.

Mentre Grillo calcava i palchi di Luna Park e Fantastico, il Movimento 5 Stelle non esisteva nemmeno come idea lontana. Nessuno avrebbe immaginato che quel comico genovese, famoso per i suoi monologhi irriverenti, avrebbe un giorno fondato una forza politica capace di scompigliare i tradizionali equilibri italiani. Né che, più di quattro decenni dopo, si sarebbe ritrovato al centro di una guerra intestina per il controllo di un Movimento che ormai sembra più un campo minato che un progetto unito.

E proprio oggi, i nostalgici delle origini, quelli che vedono in Grillo e Casaleggio i veri guardiani dello spirito pentastellato, hanno dato vita ai "Figli delle stelle", quelli che non accettano le novità introdotte da Conte e sognano un ritorno ai tempi d’oro, quando "uno valeva uno" e il doppio mandato era legge sacra. Un nome che richiama allegria e spensieratezza, ma che, in realtà, segna l’ennesima crepa in un Movimento ormai esploso in mille pezzi. Non siamo più nei tempi delle piazze piene e delle battaglie contro i partiti tradizionali: oggi il M5S sembra un condominio litigioso, dove ognuno cerca di intestarsi l’eredità di Casaleggio e Grillo, mentre Conte prova a mantenere un minimo di ordine.

E così, mentre il Movimento prepara il suo ennesimo voto online per cercare di legittimare le modifiche statutarie volute da Conte, spuntano loro, i "Figli delle stelle". L’obiettivo dichiarato è ambizioso: «Garantire la sopravvivenza e la diffusione dei valori del vero Movimento». Tradotto: dare fastidio a Conte e ricordare al mondo che, una volta, il M5S era qualcosa di diverso.

A guidare questa nuova galassia è Alessia De Caroli, che, insieme ad altri attivisti, ha già fatto parlare di sé durante la Costituente, contestando apertamente i vertici del Movimento. La De Caroli è stata chiara: «Vogliamo essere un punto di riferimento per chi si è sentito tradito». E il tradimento, per loro, ha un nome e un cognome: Giuseppe Conte. Non che lo dicano apertamente, ma basta leggere tra le righe del loro manifesto per capire dove vogliono andare a parare.

Il simbolo dell’associazione richiama ovviamente le cinque stelle originali, quelle che un tempo rappresentavano i pilastri del Movimento: acqua, ambiente, trasporti, connettività e sviluppo. Ma il vero pilastro, almeno secondo i "Figli delle stelle", è il ricordo di Gianroberto Casaleggio. Ogni frase, ogni slogan, ogni dichiarazione sembra un omaggio al fondatore, quasi fosse una figura mitologica da venerare. «Ci ispiriamo al suo pensiero», dicono, e non c’è dubbio che il nome di Casaleggio sia uno dei pochi collanti che tengono insieme questa nuova iniziativa.

Il bersaglio principale resta però Conte, colpevole, secondo loro, di aver tradito i principi fondanti del Movimento. La regola del doppio mandato, abolita sotto la sua leadership, è uno dei temi che scatenano più indignazione. Per i "Figli delle stelle", quella regola era un baluardo contro il carrierismo e la politica di professione. Abolirla significa, secondo loro, aprire le porte al clientelismo e alla perdita di identità del Movimento. «Noi ripudiamo ogni visione carrieristica», tuonano, cercando di rivendicare una purezza che, però, nella realtà del M5S è sempre stata un po’ opaca.

Non mancano poi le critiche al processo decisionale interno al Movimento, che definiscono «poco trasparente» e privo di una vera partecipazione. La Costituente, che doveva essere un momento di condivisione e di rilancio, è stata per loro un fallimento: «Non si può votare in un contesto del genere», dice la De Caroli, lasciando intendere che, per i "Figli delle stelle", la strada intrapresa da Conte è sbagliata fin dalle fondamenta.

E Grillo? Per ora resta ai margini, impegnato nella sua battaglia personale con il perfido Giuseppi. La De Caroli assicura che il garante non ha nulla a che fare con l’associazione, ma non nasconde il desiderio di coinvolgerlo. «Saremmo onorati di incontrarlo», dice, lanciando un messaggio neanche troppo velato. Il problema, però, è che Grillo sembra più interessato a destabilizzare Conte che a sposare nuove iniziative. Il suo silenzio può essere letto come un segnale di approvazione, ma anche come un invito a non disturbare troppo.

Intanto, i "Figli delle stelle" si organizzano. Hanno un consiglio di facilitatori (sì, si chiamano così) e un programma che punta a coinvolgere i giovani, promuovere i diritti umani e sviluppare la partecipazione democratica. Dichiarazioni altisonanti, che ricordano i vecchi slogan del Movimento, ma che sembrano difficili da concretizzare in un contesto politico ormai saturo di divisioni.

Quello che è certo è che il Movimento 5 Stelle, nato come una forza dirompente e rivoluzionaria, oggi assomiglia sempre più a un puzzle con pezzi mancanti. Da una parte c’è Conte, che prova a governare le macerie con un approccio più istituzionale; dall’altra ci sono i nostalgici come i "Figli delle stelle", che guardano al passato con una malinconia quasi poetica. E nel mezzo c’è Grillo, che si diverte a fare il burattinaio, muovendo i fili senza mai esporsi troppo.

Chissà cosa penserebbe Alan Sorrenti di tutto questo. Forse, se fosse invitato a una riunione dei "Figli delle stelle", canterebbe ancora quel ritornello, ma con un pizzico di ironia in più. Perché, in fondo, i sogni sono belli, ma trasformarli in realtà è tutta un’altra storia. E in questo caso, sembra che il pericolo maggiore sia quello di bruciare nel vuoto, come una meteora che attraversa il cielo senza lasciare traccia. Quasi come diceva la canzone: "Ci incontriamo per poi perderci nel tempo". E forse, a ben vedere, è proprio quello che rischiano di fare.