Il collaboratore di giustizia racconta i retroscena di un delitto d’onore: Vincenzo Pirillo non avrebbe perdonato a “Nick” Aloe una relazione extraconiugale. L’agguato al ristorante ispirato nel 2007 da Cataldo Marincola per punire un altro omicidio pareggia i conti 20 anni dopo quell’omicidio
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La folle sparatoria sulla veranda di un ristorante di Cirò Marina, nell’estate del 2007, e la morte del reggente della cosca che imperversava su quel territorio, sono storia nota. Vincenzo Pirillo stava cenando, seduto ad una tavolata, con una bambina di 11 anni sulle ginocchia. Fanno irruzione due killer col capo coperto da un casco e il viso smostrato da un collant rosa. Uno spara con una pistola calibro 38 e l’altro con una 9x21. Pirillo muore, in cinque vengono feriti dall’impazzata di proiettili, bambina compresa. Per questo delitto è stato condannato in primo grado, in veste di mandante, Cataldo Marincola, boss del Cirotano che all’epoca del delitto era latitante.
Gli arresti e i racconti di Aloe
Martedì scorso, per il delitto Pirillo sono stati tratti in arresto in quattro: Franco Cosentino, detto Sazizza, Palmiro Salvatore Siena, Vito Castellano e Martino Cariati. A dare un contributo decisivo alle indagini della Dda di Catanzaro è stato il collaboratore di giustizia Gaetano Aloe, ex killer della cosca Farao-Marincola. Era lui che impugnava la 38 la sera del cinque agosto 2007. L’altro, quello che sparava con la 9x21, racconta il pentito alla Dda di Catanzaro, era Cosentino.
Incrocio di delitti
Ma Aloe non si limita a narrare le fasi prodromiche e successive al delitto. Adopera la vicenda dell’agguato facendone perno per raccontare i retroscena che ruotano intorno al locale di ‘ndrangheta di Cirò.
Il collaboratore racconta che Pirillo, l’uomo che lui aveva contribuito a mandare all’altro mondo, era un cugino di sua madre. Pirillo un giorno – dice Aloe nel 2023 all’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, oggi procuratore capo di Crotone – lo prende da parte e gli confida che è lui l’artefice della morte di suo padre, Nicodemo Aloe, detto Nick, pezzo da novanta della ‘ndrangheta crotonese, la cui eliminazione, nel 1987, spianerà la strada al gruppo Farao-Marincola. Pirillo spiega al ragazzo che fu una questione d’onore, che il padre aveva una relazione con un’altra donna e non ne faceva neanche troppo mistero «a menza a chiazza». Aveva disonorato la famiglia. «Se hai qualche problema te la vedi con me», avrebbe detto, infine, Cenzo a Gaetano Aloe il quale, all’epoca, fu attento a non sfidarlo e gli rispose che lui non aveva nessun problema.
La vendetta orchestrata da Marincola
L’occasione di uccidere Pirillo si presenta nel 2007, quando i vertici della cosca decidono che basta, il reggente sta sfruttando il suo ruolo per arricchirsi alle spalle della consorteria. Va eliminato.
Ma Cataldo Marincola, racconta Aloe, avrebbe voluto la morte di Cenzo Pirillo anche per un altro motivo: non gli aveva mai perdonato l’uccisione di Natale Bruno.
Insieme a Pirillo, il boss Marincola, che agli inizi del 2000 si trovava detenuto, aveva messo a guardia dei propri affari anche Bruno Natale, ucciso, poi, il tre settembre 2004 perché accusato di mala gestio degli introiti della cosca. Ma secondo Aloe, «Cataldo e Natale erano più che fratelli» e alla morte di Bruno il boss Maricola si sarebbe imbufalito coi suoi uomini. Chiamati a rapporto li avrebbe pesantemente redarguiti accusandoli di non aver avuto il coraggio di dire a Cenzo di non toccare Natale Bruno. La vendetta su Pirillo sarebbe arrivata col tempo. E per portarla a compimento il boss avrebbe trovato l’uomo perfetto: l’orfano al quale armare la mano.