Il presidente del Consiglio ha dimostrato ancora una volta di essere una spanna sopra al resto dei protagonisti della scena italiana. Mentre gli altri si accapigliano e urlano, lui va avanti cercando di puntellare il teatrino della politica italiana (ASCOLTA L'AUDIO)
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Non ce lo meritiamo Draghi, ma per fortuna ce l’abbiamo. Nella conferenza stampa di oggi, nel corso della quale ha presentato i provvedimenti del governo per contenere l’aumento dei prezzi e ha risposto alle domande sulla follia politica che serpeggia nel teatrino italiano, il premier è apparso come un alieno. Un vulcaniano che viaggia a velocità curvatura da un pezzo mentre noi ancora arranchiamo fino alla Luna, inviato nel Bel Paese per evitare che una risata ci travolga.
«Buonasera presidente», esordivano i giornalisti che si sono succeduti nelle domande. E lui: «Buonasera», rispondeva ogni volta, prima di entrare nel merito. Che già questo basterebbe a segnare la distanza dal provincialismo di una politica arrogante e autoreferenziale, convinta che una nomina, un’elezione, una designazione sia una sorta d’investitura divina che ti autorizza a sentirti sopra tutto e tutti. No, non ce lo meritiamo Draghi, capace suo malgrado di replicare a questioni terra terra elevate ad affari di Stato.
Ci meritiamo Beppe Grillo, che scende a Roma come la Sibilla Cumana, tiene riunioni a porte chiuse a tripla mandata (dov’è finito lo streaming?) e poi evita con disprezzo i giornalisti che l’aspettano: «Raccontate storielle».
Ci meritiamo Giuseppe Conte, disposto a subire qualunque umiliazione pur di restare ancora un po’ sulla giostra che gira vorticosa… weee.
Ci meritiamo Luigi Di Maio, che promuove una scissione e fonda un partito che chiama “Uniti per il futuro”, senza neppure avvertire l’imbarazzo del sottinteso, cioè che quel futuro è il suo e di tutti quelli pronti a rinnegare i principi per i quali hanno mandato a fanculo mezzo Paese per 15 anni.
Ci meritiamo Giorgia Meloni, che va in Spagna e dal palco di un partito di estrema destra rivendica il primato del Medioevo su ogni modernità e progresso, assolutamente in linea con la Suprema Corte americana che quasi contemporaneamente cancella i diritti delle donne vietando l’aborto.
Ci meritiamo Matteo Salvini, che al Papeete, sul fondo di un bicchiere di Mojito, ha creduto di vedere il suo destino di pieni poteri, mandando a ramengo tutto quello che, nel bene e nel male, aveva fatto per dare dignità nazionale al suo partitino nordista.
Ci meritiamo Enrico Letta, che resta alla finestra senza dire una-cosa-una di sinistra e, senza muovere un dito, incassa dividendi politici che hanno lo stesso valore di una speculazione sull’andamento dei bitcoin.
Ci meritiamo Renzi, che aveva promesso di rottamare il mondo per crearne uno nuovo e poi si è ridotto a litigare con Calenda dall’alto dei rispettivi zero virgola.
Ci meritiamo Berlusconi, che ancora racconta barzellette e rivendica la guida di un centrodestra senza testa, assolutamente insensibile al dopo di lui, come se la fiducia elettorale che milioni di italiani gli hanno riservato negli ultimi 30 anni avesse lo stesso valore di un televoto all’Isola dei famosi: si chiudono le telefonate e chi si è visto si è visto.
Ecco perché non ci meritiamo Draghi, ma per fortuna ce l’abbiamo.