La notizia era nell’aria praticamente da subito. Ed è stata confermata non appena il nuovo premier Paolo Gentiloni ha annunciato la squadra che comporrà il suo governo.

Marco Minniti sarà il ministro dell’Interno del nuovo esecutivo, lasciando la carica di sottosegretario con delega ai servizi segreti che ha occupato nel governo Renzi. Delega sulla quale aveva messo gli occhi Luca Lotti (pure lui riconfermato nel nuovo esecutivo) e che potrebbe essere accontentato, seppure in un secondo momento. L’incarico infatti non è stato ancora assegnato, avendolo Gentiloni trattenuto per sé.

 

Minniti prenderà il posto del leader di Ncd Angelino Alfano, trasferito al ministero degli Esteri. Il suo non sarà un vero e proprio debutto al Viminale. Il sessantenne reggino lo conosce bene essendovi stato da viceministro per due anni, dal 2006 al 2008, da viceministro, ai tempi del secondo governo Prodi.

Il problema più spinoso con il quale dovrà confrontarsi da subito è quello relativo all’immigrazione. Un dossier a forte rischio impopolarità, perchè presto andranno prese decisioni chiare sull’accoglienza. C’è infatti bisogno di sistemare le migliaia e migliaia di persone che continuano a sbarcare. Sono soltanto 2.600 i Comuni che accolgono ed il piano messo a punto - ma non ancora partito - da Alfano con l’Anci prevede di allargare questa platea, sulla base di 3 profughi ogni mille abitanti, proponendo incentivi e disincentivi. L’obiettivo è quello di evitare trasferimenti d'imperio da parte delle prefetture e di concordare soluzioni con i sindaci. E la partita si gioca anche a Bruxelles, dove ci sarà necessità di battere i pugni per fare in modo che l’emergenza divenga sempre più europea e sempre meno italiana.

A Minniti, tuttavia, non dovrebbe mancare l’esperienza per far fronte al nuovo incarico. I problemi legati alla sicurezza, del resto, li padroneggia da sempre.

A metà anni '90 dalla Calabria fa il salto nella politica nazionale con il Pds, all’ombra di Massimo D'Alema. Proprio con il governo D’Alema viene nominato sottosegretario alla presidenza del Consiglio (1998-2000) e, in seguito, con il governo di Giuliano Amato, sottosegretario alla Difesa (2000-2001). Nel 2006, Prodi torna a Palazzo Chigi e Minniti approda per la prima volta al Viminale. Nel frattempo diventa responsabile Sicurezza del Pd e nel 2009. Nel 2013, Governo Letta, diventa sottosegretario con delega all'Intelligence, confermato poi da Renzi.

Sarà una bazzecola per lui, a questo punto, tenere a bada i bollenti spiriti calabresi di un Pd sempre in movimento. Proprio lui, come mille altre volte è capitato (è stato anche segretario regionale dal 2007 al 2009), è stato chiamato da Ernesto Magorno per chiudere l’assemblea regionale del partito del prossimo 19 dicembre. Appuntamento voluto per fare l’analisi del voto dopo la debacle del sì al referendum che in Calabria ha registrato percentuali pesantissime.

 

La nomina di Minniti e il patto con Oliverio e Magorno

 

E il nuovo ministro dell’Interno, in assemblea o meno, potrebbe essere il nuovo garante del patto di governo che potrà legare la Calabria con l’esecutivo nazionale e di quello politico che certamente metterà il silenziatore alla discussione sulla sconfitta alle urne. Con quali risultati lo diranno i prossimi appuntamenti elettorali.

 

Riccardo Tripepi