L’imperativo ora è tenere le bocche cucite. Nessuno ha più interesse a spifferare cosa succede durante le riunioni. Evitare fughe di notizie, adesso, che le parti pur scontrandosi e guardandosi in cagnesco sembrano più vicine, è vitale. Il traguardo per i più ottimisti è dietro l’angolo, perché le intenzioni sono di chiudere la partita della nuova giunta entro la fine dell’anno. Dopo due mesi dall’annuncio del sindaco Giuseppe Falcomatà di voler azzerare la giunta che fu del fido facente funzioni Paolo Brunetti. Insomma, Giuseppe Falcomatà e il Partito democratico ora devono decidere cosa vogliono fare, se proseguire insieme questa seconda metà di mandato, o se andare avanti addirittura con un appoggio esterno.

Dalle stelle alle stalle

Del rinnovamento annunciato dal primo cittadino, assolto dalla Cassazione dopo aver scontato due anni di sospensione, oggi sembra rimanere ben poco. Il braccio di ferro messo in scena nelle ultime settimane ha logorato tanto il sindaco che i dem che si sono opposti all’idea dell’azzeramento dell’esecutivo anche in maniera eclatante, non entrando in aula nell’ultimo consiglio comunale. Ma soprattutto ha indebolito l’immagine dell’amministrazione e della politica in una città che ha pagato a caro prezzo i nervi tesi dell’esecutivo in carica e la sostanziale paralisi della macchina amministrativa

Giorno 30 però si torna in aula per affrontare un corposo ordine del giorno ed è interesse di tutti arrivarci con idee chiare e posizioni nette. Anche perché, il civico consesso in un batter d’occhio può trasformarsi in un’arena che non risparmierà la vita (politica) di nessuno dei contendenti.

Ecco perché quella di ieri, è stata vissuta come una nuova giornata di passione. Il Pd è tornato a confrontarsi in una sorta di mobilitazione dei quadri dirigenti, compreso il segretario regionale Nicola Irto, che gioca a nascondino, per provare a portare a casa la partita e se possibile alzare la posta.

I termini dello scontro stanno tutti nei numeri che il primo cittadino aveva in mente al momento del suo ritorno: ridurre la presenza del Pd nell’esecutivo del nuovo inizio, facendolo passare da quattro a due assessori (e mantenendo la presidenza del Consiglio).

Criteri politici e personalismi

Non proprio una rivoluzione inedita, insomma, che affonda le radici nella prima giunta – quella del 2020 – del secondo mandato Falcomatà per ciò che concerne i criteri fissati dal sindaco per la scelta dei “nuovi” assessori. Vale a dire nel rispetto degli equilibri della maggioranza, i cui rapporti di forza sono cambiati anche rispetto alla parentesi targata Brunetti. Proprio nel 2021, all’epoca della sospensione, affidando la guida di Comune e Città Metropolitana ad esponenti di Italia Viva e Azione, il Pd aveva preteso di aumentare la propria presenza in giunta passando da due a quattro assessori. Ma col ritorno in sella, Falcomatà ha proposto di ritornare al periodo precedente la sospensione, con un nuovo punto fermo: la riconferma, in posizione di vicesindaco di Brunetti che ha rappresentato il primo ostacolo alla conclusione della trattativa.

«Non un diktat», dicono dall’entourage del sindaco, se è vero come è vero che le aperture nei confronti del Pd sono state molteplici. Anche perché, è il ragionamento di chi sta con Falcomatà, il rinnovamento deve avere alla base un criterio politico, e l’unico possibile è quello degli eletti. Dall’altra parte però, i dem si sono sentiti sminuiti.

Su queste basi si è portata avanti una trattativa che è apparsa sin da subito molto complicata. Il Pd ha chiesto con insistenza – e in nome di una autonomia decisionale - la conferma dei quattro assessori, per poi arrivare al compromesso di mantenerne tre. Un atteggiamento che alcuni hanno giudicato, per così dire, fuori dal perimetro dei criteri fissati dal sindaco e quindi su un terreno extra-politico, messo in piedi per tutelare singoli e aspirazioni varie sullo sfondo delle prossime elezioni europee e, in prospettiva, regionali.

Tanto che, fanno notare gli aficionados del primo cittadino, al Pd non è stato bene neanche quando Falcomatà ha proposto di mantenere le due postazioni, aggiungendone un’altra in quota Pd da assegnare ad un esterno, ovviamente concertato e condiviso.

I dem insomma hanno alzato la posta e nella riunione interna di ieri hanno deciso di rivendicare la scelta anche sul terzo nome, comprimendo del tutto le prerogative del sindaco e minacciando al tavolo anche l’ipotesi di un appoggio esterno. Ipotesi restituita subito al mittente perché, secondo il sindaco, non fondata su alcuna evidenza, visto che il programma di mandato è rimasto intatto ed è quello della prima “fiducia”.

L’ammorbidimento delle posizioni del sindaco - «per il bene della città», ribadiscono dal suo entourage - ha quindi favorito una soluzione di compromesso, con tre postazioni al Pd che, ora, deve indicare i nomi di due interni e un esterno.

L’attesa

Le parti, dopo il confronto di ieri sera a Palazzo Alvaro, si sono aggiornate ad oggi per provare a trovare la quadra, o comunque per stabilire una volta per tutte se il criterio individuato sia quello su cui costruire una giunta che numeri alla mano sarebbe rinnovata per sei decimi al termine di una trattativa che – ripetono gli ambienti vicini a Falcomatà - ha visto il sindaco non arroccato sulle posizioni iniziali ma dialogante nel rispetto delle forze in campo, a fronte di un Partito democratico apparso intransigente ed esasperato difronte all’ipotesi di mollare l’osso in un momento politico-elettorale delicato come questo.

Chiaro è che il resto delle formazioni politiche, Democratici e progressisti in testa, guardino in casa Pd per avanzare le proprie rivendicazioni e magari guadagnarci qualcosa. Fatto sta che adesso il tempo è scaduto. Se non per la politica, almeno per la città che ha vissuto un Natale in bianco.