Francesco Caruso, il candidato a sindaco di Cosenza del centrodestra al primo turno aveva registrato 13.132, nel secondo turno ne ha incassati 10.615. Tra il primo e il secondo turno, a colui che avrebbe dovuto continuare l’opera di Mario Occhiuto nel capoluogo bruzio, sono mancati in numeri assoluti 2517 voti. Questo “ammanco” elettorale in Calabria non sempre può essere spiegato come il frutto di un calo fisiologico o incidentale di elettori. Spesso, infatti, le anomalie elettorali di questo tipo sono frutto di accordi indicibili e trasversali che non potrebbero mai essere comprese dai militanti, ne’ del centrosinistra che accolgono a suon di “bella ciao” l’avvenuta elezione del compagno socialista Franz Caruso, né dagli orgogliosi militanti del centrodestra, convintissimi di perpetuare con Francesco Caruso l’esperienza dell’amministrazione Occhiuto. E, d’altronde, la Calabria e Cosenza non sono nuove a trame politiche di questo tipo. Già in passato accordi indicibili sono maturati nei retrobottega del potere politico della città bruzia.

Convergenze parallele e trasversalismi cosentini

L’ex sindaco Mario Occhiuto, per esempio, iniziò la sua carriera di primo cittadino grazie ad un pezzo di sinistra che gli girò un paio di migliaia di voti. Era il 2011 si era appena concluso il primo turno che aveva visto soccombere il sindaco uscente del centrosinistra Perugini, il quale non arrivò al ballottaggio. La frattura si era manifestata al primo turno, ed era tutta in casa Pd a causa di una contrapposizione tra Mario Oliverio e Nicola Adamo. Nel 2011, infatti, Mario Oliverio, era ancora il presidente della Provincia di Cosenza, in quella occasione, il futuro governatore della regione, si schierò con l’avvocato Enzo Paolini, candidato di rottura nel centrosinistra cosentino. L’iniziativa di Oliverio fu sostenuta da Carlo Guccione e da un consistente pezzo del Pd. Nicola Adamo, invece, era schierato con il sindaco uscente Perugini, formalmente candidato ufficiale dei democrat. Al ballottaggio con Mario Occhiuto arrivò Enzo Paolini, il quale nello scontro a sinistra, la spuntò sul candidato democrat. Bersani, nel secondo turno, invitò il Pd a sostenere Paolini contro il candidato del centrodestra. Scelta alla quale non si allineò la componente democrat che faceva capo a Nicola Adamo. La spuntò Occhiuto grazie al provvidenziale sostegno della corrente adamiana della città bruzia. L’epopea politica occhiutiana nel capoluogo bruzio iniziò così.

Difficile avere certezza se, un’eventualità come quella del 2011 o qualcosa di simile, a parti invertite, si sia verificata nell’ultima competizione elettorale. E, tuttavia, qualcosa si deve essere inceppato tra il primo e il secondo turno se, quasi tremila voti del centrodestra, si sono polverizzati penalizzando Francesco Caruso. Sicuramente non c’è stato l’effetto trascinamento dell’elezione di Roberto Occhiuto alla presidenza della regione.

Pezzi importanti del centrodestra cosentino nel secondo turno sono stati fermi. Perché? Eppure, proprio l’elezione di Roberto Occhiuto alla presidenza della Regione avrebbe dovuto rappresentare lo slancio finale verso la vittoria. Invece niente. Anzi, settori del centrodestra bruzio si sono come narcotizzati. A ciò si aggiunga che sono in tanti a chiedersi: ma in fondo quanto conveniva, politicamente parlando, al neo presidente della Regione la continuazione di un’amministrazione di fatto targata Occhiuto in carica a Cosenza? Il timore di una qualche tegola giudiziaria dietro l’angolo avrebbe potuto rappresentare un’insidia e disturbare politicamente il percorso presidenziale dell’ex capogruppo forzista alla camera. Sono tanti, infatti, i nodi che potrebbero venire al pettine dopo 10 anni di governo cittadino, a cominciare dalla pesante situazione finanziaria. Grane politiche e amministrative che avrebbero potuto avere un reverbero sulla nascente amministrazione regionale. E Roberto Occhiuto non ha nessuna intenzione di partire con il piede sbagliato.

Le manovre  per il controllo del Pd

Chiaramente sono ipotesi. Frutto magari di qualche maliziosa fantasia ai piani alti del centrodestra, dove sono in molti a ritenere che la coalizione di Francesco Caruso nel secondo turno non abbia espresso tutto il suo potenziale. A confermare i sospetti di ciò che potrebbe essere non solo il frutto di una suggestiva ipotesi, la sibillina dichiarazione di Nicola Adamo alla stampa a commento del risultato del  ballottaggio.

L’intelligenza e l’accortezza  politica di Nicola Adamo è nota. Difficile che si abbandoni ad esternazioni non ponderate. Il dirigente democrat ha fatto un accostamento abbastanza curioso: “A Cosenza e alla regione hanno vinto le proposte politiche più credibili e sono stati sconfitti i populisti” –ha affermato l’ex consigliere regionale democrat-. Tradotto dal politichese e soprattutto dal linguaggio degli ex comunisti, il suo, sembra un monito abbastanza esplicito: l’ora dell’antipolitica è finita. 

Una sorta di avviso di sfratto per coloro che, negli ultimi anni, nel Pd, si sono lasciati tentare dalla logica del civismo e della società civile. Signori, “torna la politica”, sembra fare intendere la vecchia volpe della politica cosentina. È plausibile, dunque, ipotizzare che, il primo destinatario del monito siano Graziano e i suoi referenti romani? Possibile. Adamo fa intendere che dove ha prevalso la politica come  a Cosenza, il centrosinistra ha vinto.

In Calabria, invece, dove ha prevalso l’antipolitica, il centrosinistra ha perso. Insomma Adamo sembra preannunciare il ritorno dei pescecani in campo. È una presa di distanza dalla soluzione Amalia Bruni? Forse. E, d’altronde, la vittoria di Franz Caruso a Cosenza, ostentata e rivendicata da Adamo in persona, dopo una lunga fase di letargo, comincia a posizionare le pedine sullo scacchiere del congresso Pd.

Da Cosenza, infatti, con le regionali si è messa in campo un’alleanza sul fronte interno al Pd che va da Franco  Iacucci a Carlo Guccione, passando per Luigi Guglielmelli fino ad arrivare ad Adamo e Bruno Bossio, i quali  hanno fatto fuori Aieta e Di Natale. Lo schieramento cosentino può anche contare  su Sebi Romeo e il suo interlocutore nazionale Oddati. Romeo, tra l’altro, porta a casa l’elezione di Maria Teresa Fragomeni a Siderno. E potrebbe essere proprio Sebi Romeo il candidato a segretario al congresso regionale alle primarie.

Insomma, queste elezioni, in qualche modo, costruiscono un percorso e uno schieramento che tenterà di scalare la vetta per il controllo del Pd calabrese. Le incognite sono tuttavia ancora molte. A cominciare dal destino e del ruolo di Stefano Graziano. Il commissario campano, per due anni, ha gestito il Pd calabrese con un unico obiettivo: la conquista di una candidatura alla Camera.

La stragrande maggioranza dei democrat calabresi lo considera il responsabile principale degli errori che hanno portato alla sconfitta alle regionali. E, tuttavia, l’attuale commissario regionale del partito calabrese, intende esercitare il suo ruolo almeno fino al congresso. E da quello che si percepisce è pronto a vendere cara la pelle. Nessuno progetto potrà passare liscio senza un accordo con lui. Ed proprio confidando su questo potere contrattuale e sull’appoggio della potente corrente nazionale del Pd “base riformista” che Stefano Graziano tenterà di spuntare una qualche garanzia per una  sua candidatura alle politiche. D’altronde, sulla carta, il commissario regionale del Pd calabro dovrebbe avere dalla sua due eletti al consiglio regionale, Alecci e Irto, entrambi esponenti della corrente “base riformista”.

Bisognerà capire, semmai, fino a quanto Irto e Alecci, saranno disponibili a spingersi in una  battaglia interna finalizzata alla collocazione personale di Graziano. Prematuro, al momento, azzardare ipotesi. Le manovre per il controllo del Pd calabrese sono appena iniziate e sarà una battaglia senza esclusione di colpi. Sullo sfondo ci sono le politiche fissate al 2023 ma che potrebbero essere anticipate anche al 2022, dipenderà dalla partita del Quirinale. Tuttavia, nessuno dimentichi che nel 2013, Nicola Adamo e gli altri notabili del Pd dell’epoca, non ci hanno messo molto a spedire in parlamento un altro commissario regionale anche lui campano, Alfredo D’Attorre, in cambio delle candidature della propria cordata. Una strategia fedele alla vecchia scuola PCI fondata sul principio che prima ti scegli gli uomini e poi costruisci il progetto. Per comprendere la chiave della futura strategia, dunque, bisognerà comprendere il progetto. Ma questa è un’altra storia. Per ora, Occhiuto si prepara a governare senza tante insidie. E sul fronte opposto, l’opposizione, si prepara a ricollocare uomini e progetti futuri. Convergenze parallele e, forse, trasversali. La vecchia storia calabrese che si ripete.