La Calabria è «in bilico tra salvezza e disastro». È così che il Corriere della Sera tratteggia il contesto nel quale si trova a operare la governatrice Jole Santelli, spesso anche criticata per quel suo decisionismo che l'ha portata a “chiudere” la regione in seguito all'annuncio dello stop alle fabbriche “non strategiche” del Nord.

«Noi – spiega Santelli al Corsera – non possiamo permetterci che esploda l'epidemia, non potremmo affrontarla». Ed è per questo che serve fare tesoro «di quello che è successo nelle altre regioni e prevenire l'avanzata del virus. La Calabria viene da 10 anni di commissariamento della Sanità, è sottoposta a un piano di rientro, ha carenze di strutture e personale. Non possiamo sbagliare. Per questo cerco di seguire i modelli giusti».

Il modello del Veneto

L'esempio da seguire è «il Veneto, che ha avuto un approccio territoriale stretto». Meno virtuosa la Lombardia, «dove il contagio si è diffuso anche attraverso gli ospedali. Per questo – sottolinea Santelli – ho cercato di chiudere ogni possibile fonte di contagio. E subito le scuole. Sbagliavo? Non mi pare: mi fecero ritirare l'ordinanza, ma 5 giorni dopo Conte, guarda caso, lo ha deciso per tutta l'Italia...».

La presidente calabrese ammette di non avere il tempo per confrontarsi prima di prendere le decisioni: «Tre giorni sul territorio possono essere vitali per chi come noi fa i salti mortali per attrezzare gli ospedali, ma sta ancora aspettando i macchinari da Roma. Noi governatori siamo stati costretti a muoverci. La notte del primo decreto che “chiudeva” il Nord, ha portato 25mila persone qui, tutti possibili contagi per noi insostenibili».
Santelli non ha dubbi: i tentennamenti del governo «hanno effetti a catena».

Il rapporto con il governo e l'esercito

La governatrice parla poi del suo ottimo rapporto con i ministri Speranza e Lamorgese – «con lei siamo riusciti in gran parte a risolvere l'emergenza a Villa San Giovanni, dove molte persone erano bloccate (la situazione si è risolta completamente nelle ultime ore, ndr)» –, ma ammette che «andrebbe più coinvolto il ministero dell'interno, che ha i prefetti sul territorio, che può gestire la polizia. E servirebbe anche l'uso dell'esercito».

La crisi isterica dopo il nuovo decreto

Santelli rivela anche un episodio successivo all'annuncio di Conte sulla chiusura delle fabbriche: «Ho avuto una crisi isterica: ho fatto un'ordinanza all'una e mezza, alle 7 ho chiamato i colleghi Bardi (Basilicata) ed Emiliano (Puglia), il rischio era massimo. Non si poteva aspettare. Sia chiaro: voglio che qui arrivino mascherine, tute, dispositivi sanitari, non mi importa se un collega è del Pd o di Fi, non esistono alleanze, solo esigenze. Uguali per tutti, e noi governatori lo sappiamo».