L’ormai quasi certa candidatura di Roberto Occhiuto a governatore della Calabria, in base a quanto sta accadendo un appuntamento rinviato di un paio di anni scarsi tra lui e il fratello Mario in virtù del superato niet pronunciato sulla famiglia dalla Lega che a questo punto sembra però aver ceduto le armi sull’investitura operata dall’alleato forzista, crea il solito scenario di guerra sotterranea interna al centrodestra catanzarese. La rapida considerazione preliminare che vogliamo però fare, prima di passare alla vecchia faida (politica, s’intende) serpeggiate in cima ai Tre Colli, è relativa al Carroccio-pensiero.

La Lega ha cambiato idea

Già, perché - come premesso - furono proprio i Salviniboys inviati in terra di Calabria a puntare i piedi su input del loro Capitano (il quale poi peraltro disse personalmente di no al Cav) affinché gli Occhiuto brothers, ossia il sindaco Mario prima e il parlamentare Roberto poi, non fossero della partita. Un divieto tanto forte da costringere il decisionista Silvio Berlusconi a indicare la sfortunata Jole Santelli, malgrado fosse al corrente del suo precario stato di salute a causa di un brutto male (che peraltro meno di un anno dopo non le avrebbe dato scampo) contro cui lottava coraggiosamente con le unghie e con i denti. Una storia arcinota, d’accordo! Ma con l’altrettanto evidente vulnus sul motivo che ha fatto mutare così radicalmente idea ai verdi di Calabria e soprattutto di via Bellerio a Milano, tanto da rivedere l’intransigente posizione ostativa assunta rispetto all’ipotesi di un Occhiuto in corsa per la guida della Regione.

I contraccolpi nel centrodestra

In attesa però di capire - o di sapere - le ragioni del drastico ripensamento della Lega, le uniche notizie disponibili riguardano i riverberi dell’ufficializzazione della designazione occhiutiana sul capoluogo calabro. luogo in cui l’anno scorso si scatenò un’autentica lotta intestina per i posti al sole in Cittadella. Alludiamo naturalmente al mandato di governatore, a quello di vice e al prestigioso incarico di presidente del Consiglio. Solo che, in virtù della geopolitica, c’era a disposizione una “poltrona per tre”. E già, perché assegnata una di queste alte funzioni elencate (una qualunque senza distinzione) a un catanzarese, le altre due toccavano a Reggio e a Cosenza intesi come territorio e non solo come città. E così, del resto, poi avvenne con la cosentina Santelli eletta governatore, il taurianovese Nino Spirlì nominato numero due della Giunta, e il catanzarese Mimmo Tallini votato dai consiglieri al vertice dell’assemblea.

Il duo "giallorosso"

“Punto”, esclamerebbe perentorio stasera il simpatico Crozza-Spirlì nel suo show in onda sul Canale Nove. Peccato che però se un anno e mezzo fa erano “in tre a ballare l’Hully gully” (il citato Tallini, Sergio Abramo e Baldo Esposito), adesso al massimo sono rimasti in due a ballare l’Hully gully (Abramo ed Esposito). Sì, solo che se volessero pronunciare all’unisono la famosa frase “piatto ricco mi ci ficco” non potranno farlo. Su questo si discute. E sempre per il motivo spiegato. Ecco allora che con Occhiuto in pole position, al duo ‘giallorosso’ non resterebbe altro di accapigliarsi per le restanti poltrone. ‘Seggiole’ che, beninteso, non sono certo scomode. Anzi, semmai il contrario, essendo ambitissime da tutti. Ma che l’amaro in bocca lo lascerebbero al Sergiun, non avendo Esposito la benché minima possibilità di essere scelto quale alfiere della coalizione. Nemmeno per… sbaglio, sia chiaro!

Il dilemma di Abramo

Ma per Abramo è assai diverso. Il plurisindaco, pressoché sempre vittorioso nelle urne, mai ha digerito l’unica e oltretutto nettissima sconfitta incassata da Agazio Loiero alle Regionali del 2005. E per rifarsi - una volta scartato da Forza Italia - ha persino ‘chiesto un passaggio agli estimatori di Alberto da Giussano’, leghisti a cui si è legato a doppio filo sebbene in passato non avesse lesinato critiche e addirittura giudizi al vetriolo contro di loro lamentandosi dei tagli agli enti locali del Sud voluti dai Governi con i verdi padani dentro a “trazione – sosteneva il piccato Sergio – nordista”.

Tallini non mollerà

Ecco allora che ce lo danno non entusiasta di accettare la vicepresidenza o in subordine l’assessorato al Bilancio oppure un qualunque altro incarico di peso per liberare la strada al finora alleato di ferro Esposito. Il tutto mentre sulla discussione interna allo schieramento gravano le incognite Wanda Ferro, deputata meloniana con velleità da governatore che pare però siano destinate a restare tali e il “carico da undici” Tallini.

Il quale secondo i ben informati starebbe ricucendo il rapporto con l’eterno amico-nemico Abramo ma che non va dimenticato ha un macigno nelle scarpe, non un sassolino. Malgrado risulti iscritto al ‘partito dei trattativisti’ dopo il casino dell’anno scorso in virtù dell’inchiesta da cui è stato reso politicamente molto più fragile rispetto a una quindicina di mesi fa.

Chissà, però dove porterà la sua mediazione e cosa ne sarà di Esposito con cui Tallini entrò in aperto conflitto poco più di un anno fa all’atto dell’elezione a presidente dell’assise. Ma la duttilità talliniana, in particolare quando c’è da restare in pista pur obtorto collo non da ballerino di prima fila, è arcinota. Resta il fatto che l’acqua è assai più bassa di quanto si creda e la ‘papera potrebbe comunque non galleggiare’.