Sganciandosi dalle logiche di partito e presentandosi al voto con un gruppo di liste civiche, Mario Occhiuto sperava di poter avere le mani libere nelle scelte amministrative di Palazzo dei Bruzi. Invece il sindaco di Cosenza, eletto con una percentuale bulgara e senza dover ricorrere al ballottaggio, ha già perso la sua maggioranza.

 


Nella seduta del consiglio comunale convocata per votare, tra l’altro, il riconoscimento dei debiti fuori bilancio, con la minoranza fuori dall’aula, il numero legale è stato garantito da Giovanni Cipparrone e Francesca Malizia. I due esponenti di Pse e Nuovo Centro Destra, eletti nel raggruppamento di Enzo Paolini, si sono astenuti ma con la loro presenza hanno garantito il numero legale, consentendo l’approvazione della pratica.

 


Il dato politico è chiaro: in questo momento Occhiuto non ha una maggioranza propria. Un paradosso, perché all’atto dell’insediamento, in questo suo secondo mandato, poteva contare su 20 consiglieri, contro i 12 dell’opposizione. Lungo il cammino ha perso i pezzi. Ad oggi mancano all’appello sei elementi. Si tratta di Michelangelo Spataro, Davide Bruno, Antonio Ruffolo, Francesco De Cicco, Sergio Del Giudice e Francesco Spadafora.

 


I mal di pancia dei cosiddetti dissidenti, erano noti da tempo. L’ultimo consiglio comunale li ha plasticamente certificati. Un po’ di maretta si era già cominciata ad avvertire prima dell’estate, con l’elezione del presidente del consiglio. Per l’assegnazione della prestigiosa carica non si è seguito né il criterio del maggior numero di preferenze riportate, in quel caso il ruolo sarebbe spettato a Francesco Spadafora, né quello dell’esperienza che legittimava Michelangelo Spataro in qualità di vicepresidente uscente. Il secondo motivo di malcontento è legato alla composizione della giunta. Forza Cosenza, la lista con il numero più alto di voti, è rappresentata nell’esecutivo da un solo elemento, Francesco Caruso, ripescato dopo essere rimasto fuori dal consiglio comunale.

 


Però, a determinare l’arroccamento sull’Aventino dei sei dissidenti, sono state soprattutto due scelte di carattere politico non coerenti con il programma elettorale: il ripensamento sulla realizzazione della metro tramvia, su cui il sindaco ha concesso uno spiraglio dopo aver duramente contestato l’opera in campagna elettorale, e l’apertura di un dialogo con Giovanni Cipparrone, tra i firmatari della famigerata mozione di sfiducia, determinante per la fine anticipata della consiliatura.

 

La frattura con i malpancisti è tutt’altro che irreparabile.  Probabile l’avvio di un dialogo già nelle prossime ore. Presto potremmo assistere ad un rimpasto di giunta. Tre le poltrone in bilico: quelle di Matilde Spadafora Lanzino, di Fedele Bisceglia e di Vittorio Sgarbi.

 

Da escludere l’ingresso nell’esecutivo di uno dei dissidenti; dovrebbe dimettersi da consigliere rischiando poi di essere messo alla porta. Uno dei nuovi componenti della giunta potrebbe essere Luca Gervasi, vicinissimo al sindaco ed esponente di Forza Cosenza. La sua nomina consentirebbe all’avvocato Carmelo Salerno di tornare tra i banchi del consiglio. Salerno, primo dei non eletti, è figura stimata ed apprezzata dal gruppo dei dissidenti per la sua conoscenza delle procedure consiliari e per le sue qualità diplomatiche. Per gli altri due posti invece, si pensa a due figure da scegliere tra i primi dei non eletti delle altre liste.



Salvatore Bruno