Al sindaco Sergio Abramo si chiede di fare da pontiere, arando il terreno a chi vuole rilanciare lo schieramento depresso dopo l'esito delle Regionali malgrado la schiacciante vittoria complessiva che però nel capoluogo non è stata tale
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Dopo la notizia di ieri sull’avvicendamento in Forza Italia fra l’ormai quasi ex coordinatore provinciale e plenipotenziario del partito locale Mimmo Tallini e il gruppo di Catanzaro da Vivere che una volta tornato in Fi dovrebbe pure avere disco verde sull’indicazione del sindaco da eleggere la prossima primavera, al Comune si fanno sempre più insistenti le voci sulla necessità di un rimpasto (o quantomeno di un ritocchino) di Giunta proprio dopo le Regionali. Basta a riguardo sentire i protagonisti, anche quelli vicinissimi al primo cittadino Sergio Abramo, per cui si tratterebbe di un’operazione non più defettibile.
Ma sotto, naturalmente, c’è di più, molto di più, che un maquillage della squadra abramiana, dal momento che lo “scopo del gioco” sarebbe appunto di arare il terreno a chi arriva, congedando invece quanti sono espressione talliniana o comunque di un vecchio sistema politico catanzarese di fatto morente. In vista delle Amministrative di metà 2022, potrebbero quindi essere rimesse in discussione le deleghe a Cultura e Partecipate, Attività economiche, Sport e Ambiente e Servizi Sociali. Questo il ragionamento ancora embrionale che trapela a spizzichi e bocconi, solo per gli addetti ai lavori.
Obiettivo della manovra? Riuscire nella nient’affatto facile impresa, almeno allo stato, di (ri)prendersi per l’ennesima volta Palazzo De Nobili e soprattutto riacquisire un ruolo di centralità nello scacchiere del potere (leggasi anche posti al sole e prebende per i tanti disoccupati di… lusso dopo l’inatteso “licenziamento elettorale” dello scorso 4 ottobre, che pure si stanno già affannando a ricollocarsi nelle più disparate strutture regionali, recuperando così lo stipendio inopinatamente perso per volere degli elettori a cui si deve la bocciatura nelle urne dei loro abituali danti causa).
È il motivo per cui si chiede ad Abramo di fare in un certo qual modo da pontiere fra l’interminabile fase in cui è stato indiscusso timoniere in via Eroi che, eccetto una cesura lunga un quinquennio è quantificabile in un quarto di secolo (roba da record nazionale), e quanto verrà in un centrodestra al momento spaccato come non succedeva appunto da vari decenni a questa parte. Nemmeno nella “stagione terribile” che tra il 2005 e il 2007 portò le forze progressiste a vincere qualsiasi elezione degna di nota nel Paese. A cui si aggiungeva pure il cappotto subito in Calabria: dalla Regione al Comune (incluso quello notoriamente “conservatore” dei Tre Colli) con l’unica eccezione della Provincia del capoluogo.
Un ente intermedio a proposito di cui bisogna peraltro ricordare come negli anni presi in esame non fosse di certo in vigore la strana procedura di secondo grado, essendo i suoi organi elettivi formati da rappresentanti scelti dal popolo e non dai loro colleghi. Una Provincia che a Catanzaro allora, come adesso del resto, era appannaggio del centrodestra retta da Michele Traversa di An che pareva recitare il ruolo “dell’ultimo dei giapponesi” accerchiato da un monocolore rosso. Ma niente, perché anche in un’epoca in cui le sconfitte fioccavano la situazione per i diretti interessati era più fluida rispetto a ora. È pur vero però che i “soliti noti”, per uscire dall’impasse, si erano inventati in cima ai Tre Colli la Nuova Alleanza per la Città. Un contenitore con dentro tutto: pezzi di Fi e Udc (temporaneamente in libera uscita dai partiti di riferimento) e membri in carica dei Socialisti e Italia dei Valori. Un modello che sembra avere non pochi “nostalgici” anche nel 2021.