Leader nazionali e maggiorenti locali, scesi o radunatisi nelle settimane scorse in Calabria hanno benedetto un centrodestra unito che alla Regionali dovrebbe riconfermarsi in pompa magna alla guida del maggiore ente pubblico territoriale. Questo almeno ci rivelano le previsioni della vigilia, perché banalmente: “insieme è più facile che si vinca”.

E lo schieramento guidato da Roberto Occhiuto pare non avere crepe o comunque sembra in grado di mascherarle benissimo in virtù di un successo che fa rima con posti al sole e incarichi di primo piano da spartire. Ma la prospettiva di un’affermazione non pare bastare alla coalizione che si appresta invece a correre, all’indomani del voto regionale, per restare al timone del Comune di Catanzaro dove dal 2011 a questa parte non ha fatto toccare palla agli avversari.

A Palazzo De Nobili, insomma, la faccenda si annuncia molto intricata. Sia chiaro, però, anche lì la coalizione guidata dalle varie Forza Italia, Fratelli d’Italia, Unione di Centro e annesse liste civiche partirà in pole position. Tuttavia, a meno di sorprese, non certo in modo coeso come accadrà invece a livello calabrese. Anzi, sono evidenti una serie di rivalità e ruggini al suo interno. Nulla di così grave da preoccupare, però, ad avviso di Fabio Talarico. Sì, proprio il giovane ex assessore che ha saputo occupare un ruolo chiave in seno alla squadra abramiana tanto da meritarsi l’appellativo di delfino.

Talarico è un uomo di Sergio Abramo e lo dimostra subito, dicendoci: «Quelle del 2022 saranno le prime elezioni, dopo oltre un decennio di sindacatura Abramo, senza di lui. Mica facile sostituirlo, allora. Ma vedrete che imboccheremo la strada migliore. La dialettica fra le varie anime della nostra ampia compagine è normale, alla fine però arriveremo alla quadra. Come sempre. E anche adesso non c’è stata una vera e propria rottura, ma un normale confronto di fine consiliatura che non modifica il dato di fondo: il centrodestra, alla fine, è sempre stato compatto e sarà così anche stavolta, non ci sono dubbi».

Ma come, se nientemeno Fi ha presentato una mozione di sfiducia nei confronti del presidente del civico consesso Marco Polimeni e abbiamo ormai un Gruppo Misto divenuto il “primo partito” dell’Aula, le ci intona seraficamente il motivetto del “Tutto va bene, Madama la Marchesa”?

«La mozione Antipolimeni, come è stata definita da qualcuno, non mi ha appassionato fin dall’inizio e non ci ho creduto. Mai. È vero che il Misto è cresciuto a dismisura, ma quando c’è aria di “fine corsa” accade molto spesso, quindi nessun problema. Anzi, molti esponenti di questo Gruppo si riconoscono chiaramente nel centrodestra e sostengono la maggioranza. Non va per giunta dimenticato il forte impatto che hanno avuto le Regionali sulle vicende del Comune o la prematura scomparsa della governatrice Jole Santelli. Fatti che hanno inciso fortemente sulla gestione del nostro ente. Cosa ben diversa è la raccolta firme per mandare a casa Polimeni, che oltretutto è ancora in piedi. Ecco, sebbene io sia un amico di Marco e legato a lui in modo indiscutibile, vorrei commentare tale accadimento sotto il profilo squisitamente politico. In un contesto molto più ampio, cioè, ossia dallo tsunami di Gettonopoli al ritrovato rapporto fra Mimmo Tallini e un Sergio Costanzo che si appresta a tornare nel centrodestra. E in merito affermo che la mozione di sfiducia nei confronti del presidente è proprio una diretta conseguenze di tali avvenimenti e non mi stupisce affatto: due figure dell’esperienza di Mimmo e Sergio avranno voluto mandare un segnale».

Va bene, ci arrendiamo, facendo finta di credere al suo libro dei sogni in cui è tutto normale, forse persino bello e propedeutico a un nuovo grande trionfo.
«Chi ha parlato del mondo delle favole da lei descritto? Le ho specificato poc’anzi che anche da noi si discute e forse addirittura si litiga. Ma alla fine, a differenza di altre realtà, ci si ritrova lungo un percorso condiviso. Sempre. Certo se parliamo del tentativo di mandare via, o comunque mettere in difficoltà, Polimeni attraverso un atto del Consiglio, le ripeto che non mi ha appassionato. Anzi, mi ha parecchio contrariato. Bastasse però questo per aprire una crisi irreversibile nel centrodestra catanzarese… La verità è che noi abbiamo superato ben altri ostacoli e anche stavolta sapremo ricompattarci, facendo sintesi sulle questioni fondamentali. Il nostro senso di squadra insomma prevarrà».

Allude alla scelta del sindaco nel post-Abramo con il solito Polimeni Jr (o amico Marco per dirla insieme a lei) in qualche modo protagonista?
«Il nome di Polimeni, per profilo e qualità espresse, finirà nel novero dei candidati. Inutile negarlo. Ma qualcuno, non molti giorni fa, ha ad esempio lanciato l’idea della candidatura di Alessio Sculco, definita da alcuni una sorta di provocazione, subito dopo le dimissioni di quest’ultimo dalla Giunta. E io a riguardo dico: perché no? È un professionista di prim’ordine, stimato e benvoluto da tutti. Il nostro guaio, però, è che abbiamo sì problemi d’abbondanza. Abbiamo quelli e basta, tuttavia. Abbondiamo, in sostanza, di prospetti di assoluto valore. Di gente che sarà chiamata a guidare uno schieramento ancora una volta vincente. Vedrà».