L'esperto esponente d'opposizione traccia un bilancio del lavoro svolto dal sindaco in carica non lesinandogli critiche. In più lo stesso pubblico amministratore fa anche le pulci a coalizioni e partiti di centrodestra e centrosinistra
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Nome di battesimo Antonio, ma solo all’anagrafe. Perché chiunque conosca, anche non intimamente, il consigliere comunale di Catanzaro Corsi lo chiama esclusivamente in un modo: Jonny. Un soprannome (in questo caso senz’acca a differenza della versione originale anglosassone) che lo identifica al meglio, considerato come abbia qualcosa di uno dei tanti personaggi famosi - del cinema o dei fumetti, ad esempio - “appellati” così. In vita sua, infatti, ama essere protagonista, non mandandole a dire. In nessuna occasione. In politica bazzica fin da giovanissimo, assecondando una passione e una tradizione di famiglia. Profondo conoscitore delle faccende di Palazzo De Nobili, che frequenta da tempo immemore con un buon numero di successi elettorali personali.
Nella consiliatura attuale è stato però “ripescato” dopo le dimissioni del collega Tommaso Brutto (rimasto coinvolto insieme al figlio Saverio, anch’egli pubblico amministratore ma a Simeri Crichi, nell’inchiesta della procura guidata da Nicola Gratteri Basso Profilo con pesanti accuse a carico). Una chiamata in corsa - anzi quasi a fine corsa - che ne ha differito l’insediamento e la relativa acquisizione delle funzioni addirittura all’11 gennaio scorso. Comunque sia, ieri sera lo abbiamo raggiunto telefonicamente mentre, di ritorno dal mare, era davanti alla tv per seguire gli ultimi scampoli della finale di Wimbledon, purtroppo andata male per il nuovo indiscusso golden boy del tennis italiano (malgrado ciò, straordinario) Matteo Berrettini. A Corsi, come ovvio, non possiamo non chiedere subito del Comune, la sua “seconda casa” in pratica. E lui, al solito, non si risparmia nella risposta:
«Ho trovato una macchina amministrativa lenta e farraginosa, ancor più che in passato, avendo trascorso quattro anni fuori non mi aspettavo di ritrovare certi vecchi problemi. Se possibile, peggiorati, in virtù di una parte politica troppo distaccata dagli assessorati. Mi spiego meglio: due fra i settori chiave quali Lavori Pubblici e Servizi Sociali, con il secondo che ha ricevuto molte deleghe dalla Regione esercitando per certi versi un ruolo di supplenza rispetto al Dipartimento regionale alla Sanità (di fatto commissariata da un decennio abbondante), sono in palesi ambasce a causa di una pessima organizzazione o della scarsità di risorse umane ed economiche. E che dire dell’Ambiente? Che non se la passa di sicuro tanto meglio».
Una critica circostanziata e pesante sulla falsariga di quelle che peraltro non lesina nei confronti del sindaco Sergio Abramo?
«Partiamo dal giudizio su di lui. Assai negativo. E non potrebbe essere altrimenti. Basterebbe pensare al fatto che vorrei sapere cosa resterà del suo ventennio al vertice dell’Amministrazione? Senza contare che ha mollato la città e gli elettori. Migliaia di persone che nel 2017 lo hanno premiato per l’ennesima volta, a cui non ha saputo e voluto dare priorità concentrandosi soltanto sulle mire personali a caccia di un posto al sole in Cittadella. Si sarebbe invece dovuto impegnare moltissimo su temi come il Porto (di Lido, ndr); il Piano regolatore, l’ambito sanitario in cui rappresenta per legge la massima autorità locale e così via. Certo, la propaganda lo dipingerà come un “uomo del fare”. Ma tutti sanno come ciò che in realtà ha saputo fare alla perfezione è stato appropriarsi delle opere concepite dai predecessori: dal compianto Benito Gualtieri a Rosario Olivo».
A proposito di campagne elettorali. Ne è iniziata una per le Regionali. Una tornata, dovuta alla prematura scomparsa della povera Jole Santelli nell’autunno scorso, dall’esito scontato, parrebbe però?
«Mi permetta di spendere qualche concetto che ritengo fondamentale su questo delicato argomento relativo al grave rischio, consueto ormai in Calabria ma pure altrove naturalmente, del comandante solitario. Quello che voglio significare è semplice. I partiti non fanno più filtro. Non incidono in maniera efficace. Anzi, non incidono affatto per la verità. Pensate alla decisione di tenere buona la Lega, che reclamava il candidato a governatore, con almeno il preventivo appannaggio sul vice. Ebbene, la scelta del Carroccio è caduta manco a dirlo sul presidente facente funzioni uscente, Nino Spirlì, oltretutto in coda alla classifica della simpatia e dell’apprezzamento della gente e neppure in lizza alle elezioni per misurarsi con il gradimento popolare come sarebbe stato giusto accadesse. A mio avviso, un grave errore, perché tale postazione strategica doveva toccare alla forza che avrebbe preso più voti. Che, inoltre, sempre secondo me avrebbe poi dovuto indicare una donna in memoria della Santelli. Ma sappiamo come tutto è andato diversamente. Il segno tangibile della mancanza di dialettica e raziocinio nella coalizione. Uno schieramento in cui non mi sembra ci sia un livello di confronto adeguato con tutto ciò che ne consegue. Quali vuole, alla luce dello scenario appena dipinto, che siano i frutti?».
Idee chiare, le sue. Ma allora che ci dice per le Comunali del capoluogo del 2022?
«Che centrosinistra forse e centrodestra sicuro si siederanno a breve ai primi tavoli interpartitici con i foglietti già contenenti i nominativi degli aspiranti sindaci. Però io prevedo che ci saranno grosse sorprese».
Del tipo?
«Che i giochi sull’affaire pretendenti alla carica di primo cittadino sono aperti. E che potrebbe presentarsi ai nastri di partenza una forte coalizione civica bipartisan con un alfiere autonomo e ora “nascosto”».