La commissaria scende in campo da candidata sindaco e certifica la spaccatura con Lega e Fi. Se l'avesse fatto all'inizio delle trattative forse oggi la coalizione sarebbe unita (ASCOLTA L'AUDIO)
Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
La crisi del centrodestra, a Catanzaro, potrebbe avere una maternità, un nome: quello di Wanda Ferro. La commissaria regionale di Fdi, in attesa del sigillo ufficiale di Giorgia Meloni, si appresta a guidare una mini-coalizione di centrodestra in qualità di candidata sindaco. Anche Coraggio Italia, per bocca del primo cittadino uscente Sergio Abramo, ha dichiarato il proprio sostegno alla corsa della deputata fratellista.
Ma la candidata di nome Wanda, forse, avrebbe preferito un altro esito per questa storia. In qualche modo, è stata travolta dagli eventi, che l'hanno infine costretta a metterci la faccia e a impegnarsi in prima persona per il proprio partito, così come da tempo le chiedevano molti dirigenti di Fdi e autorevoli esponenti dei partiti non più alleati.
Poteva essere unità?
La convinzione diffusa in molti ambienti del centrodestra è che l'unità della coalizione si sarebbe potuta salvare, se solo Wanda avesse sciolto le riserve fin dall'inizio delle trattative.
Gli accordi non scritti della (fu) coalizione, infatti, prevedevano che fosse il partito di Meloni a indicare il candidato sindaco a Catanzaro, dal momento che Fi aveva già espresso quelli di Vibo (Maria Limardo) e Cosenza (Francesco Caruso) e la Lega quello di Reggio (Antonino Minicuci).
Tuttavia, a detta di molti partecipanti al tavolo del centrodestra, Wanda avrebbe prima evitato di fare nomi, per avanzare solo in un secondo momento quelli di politici locali privi dell'esperienza politica e dell'appeal elettorale necessari per guidare una città capoluogo. Seconde e terze file che, infatti, non hanno trovato l'appoggio degli alleati.
La commissaria meloniana – spiegano da tempo diversi dirigenti del centrodestra catanzarese e regionale – avrebbe invece potuto chiudere la partita in un battibaleno, pronunciando tre semplici parole: «Mi candido io».
Chi avrebbe potuto mettersi di traverso? Ferro è una politica di lungo corso, con una solida esperienza amministrativa e istituzionale alle spalle (presidente della Provincia, consigliera regionale, candidata alla presidenza della Calabria, deputata), con ottimi addentellati romani, che vanta un rapporto privilegiato con la leader del suo partito e che, soprattutto, gode di una certa stima tra i dirigenti del centrodestra e nell'elettorato di destra.
Del resto, per Lega e Fi sarebbe stato difficile dire di no al capo regionale di un partito alleato.
La candidatura di Ferro avrebbe perciò avuto il merito di compattare tutto il centrodestra catanzarese prima che il voto per la presidenza della Repubblica facesse deflagrare quello nazionale.
L'attendismo e la tattica
L'attendismo della parlamentare, di fatto, ha favorito il progressivo e inesorabile avvicinamento di Lega e Fi alla proposta civica di Valerio Donato. I conoscitori delle cose catanzaresi sono però convinti che a Ferro andasse più che bene così e che il suo stare alla finestra fosse una tattica studiata a tavolino.
La commissaria fdi avrebbe insomma maturato la certezza che, alla fine della fiera, con gli alleati già al fianco di Donato, dallo stato maggiore del suo partito sarebbe infine arrivato il via libera per ricomporre la coalizione sotto la guida del prof dell'Umg.
Oggi si sa che le cose sono andate diversamente. Meloni e i suoi consiglieri, dopo aver pronunciato un iniziale e timido sì, hanno fatto dietrofront per via del passato troppo a sinistra di Donato, un ex tesserato e militante del Pd. Il niet ha anticipato la nuova strategia imposta da Roma: corsa solitaria e identitaria. Un modo per ribadire la contrarietà fratellista ai trasversalismi e, anche, per fare ulteriori pressioni su Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Due presunti alleati in procinto di federarsi in chiave anti-meloniana; avversari che in Sicilia si stanno opponendo alla candidatura del governatore uscente Nello Musumeci.
Ferro è così rimasta con il cerino in mano. E i tentativi di trovare una via d'uscita indolore si sono tutti rivelati fallimentari. Prima i rumors circa la candidatura dell'assessore regionale Filippo Pietropaolo, abortita anche a causa della presa di posizione immediata del presidente della Calabria Roberto Occhiuto («gli ritiro le deleghe»); poi l'apparente svolta con Rino Colace, che ha poi fatto un passo indietro per «motivi personali».
A Wanda, a pochi giorni dal termine per la presentazione delle liste (sabato, alle 12), non è perciò rimasto altro da fare se non scendere in quell'agone da cui – a parere di molti addetti ai lavori – avrebbe preferito tenersi lontano.
La via di Fdi
Adesso la via di Fdi è parecchio perigliosa. In primo luogo, perché l'opposizione a Lega e Fi rischia di minare l'alleanza, finora solida, in Regione, dove i meloniani sono ben rappresentati in Giunta (Pietropaolo e Orsomarso) e del tutto organici alla maggioranza di centrodestra. La candidatura di Ferro comporta senz'altro problemi di tenuta e, inevitabilmente, crea un caso politico che lo stesso Occhiuto dovrà decidere se affrontare o meno.
In secondo luogo, è la stessa Ferro a giocarsi molto. Una buona performance elettorale – con l'eventuale, quanto improbabile, conquista del ballottaggio o, in subordine, con il superamento del 9% ottenuto da Fdi alle ultime Regionali – certificherebbe la pur lieve crescita anche in Calabria di quello che oggi è il primo partito nazionale (21%) e confermerebbe la leadership della commissaria.
Viceversa, un flop nelle urne potrebbe avere effetti negativi al momento non prevedibili. Di sicuro c'è che le mosse di Ferro non sono piaciute a più di un dirigente meloniano. Al punto che alcuni di loro – come già raccontato da LaC News24 – si starebbero guardando intorno per cercare nuove collocazioni politiche.
E pensare che la crisi del centrodestra si sarebbe potuta evitare. Se solo Wanda...