L’architetto Mario Occhiuto è stato per dieci anni sindaco di Cosenza. Oggi fa il senatore per Forza Italia, ma è stato uno dei più attivi nella campagna referendaria sulla fusione di Cosenza, Rende e Castrolibero. Con lui abbiamo commentato i risultati, per certi aspetti sorprendenti, del referendum.

Senatore, come commenta l’esito del referendum? Il primo dato è la scarsa partecipazione. Se lo aspettava?
«No, non me lo aspettavo in questi termini. Soprattutto a Cosenza. Pensavo ci fosse una partecipazione più scarsa perché non ci sono i candidati, i consiglieri che si mobilitano».

Il dato più doloroso è proprio Cosenza, la sua città, il 19,13%…
«Diciamo che il dato, secondo me, normale è quello di Cosenza rispetto a questa situazione di percezione negativa della città. Negli altri comuni si sono mobilitati e quindi hanno recuperato rispetto a un dato che sarebbe stato comunque basso se non ci fosse stata questa mobilitazione su interessi diretti, personali».

In che senso l’astensione è legata alla percezione della città?
«La percezione è frutto, diciamo, del governo negli ultimi tre anni. Nei dieci anni del mio mandato c'era stata una ripresa forte di orgoglio cittadino. Una visione che si era anche diffusa nel territorio circostante. C'era un dialogo costante anche con gli altri territori. Sono bastati tre anni di un'amministrazione che vive un po' alla giornata, senza visione, che si piange sempre addosso per far crollare tutto. E quella percezione, diciamo, si è diffusa. Anche perché gli altri l’hanno cavalcata»

A cosa si riferisce in particolare?
«È stato detto addirittura dal sindaco di Cosenza, in campagna elettorale, che c'erano tutti questi debiti, e quindi i cittadini delle altre città avrebbero dovuto condividerli. Così come anche la vecchia politica delle altre città, che si è mobilitata, ha utilizzato questi argomenti. Quindi, secondo me, questa è stata la chiave, nel senso che alla fine uno dice: perché dobbiamo andare a sposarci con Cosenza per prenderci solo problemi? Se a questo aggiungiamo la posizione ambigua dell’amministrazione comunale di Cosenza, il dato è spiegato».

Non ho capito. Questo può valere per gli altri, ma non certo per i cittadini di Cosenza che anzi avrebbero avuto tutto l’interesse a spalmare questi debiti…
«I cosentini, da questo punto di vista, vivono questo periodo di decadenza, quindi non hanno più quell'orgoglio di allargare questa città, di puntare ad una città del futuro. Poi, ripeto, c’è stata un’ambiguità che ha giocato a favore dell'astensionismo, che senso ha avere un'amministrazione comunale che quasi quasi tifa no? Ho visto anche i post di Incarnato, cioè alla fine ha dichiarato praticamente che lui era contento di questo dato. D’altronde il Comune ha fatto ricorso al Tar, al Consiglio di Stato. Quindi c'è stata una parte che ha frenato. Se ci fosse stata un'amministrazione che sosteneva il referendum veramente, non con questa ambiguità, magari altri 5 o 6 punti li avremmo potuti guadagnare».

Qualcuno dice che è lei il grande confitto di questo referendum…
«Io sono uno che si impegna quando crede in qualcosa. Mi sono impegnato perché sono innamorato delle mie visioni, dei miei sogni di questa Cosenza, che avrebbe dovuto diventare una realtà urbana forte, strategica, sul territorio regionale. E siccome sono molto legato, radicato a questo territorio, sono amante di questo sogno. Mi sono impegnato per questo».

Non aveva un secondo di fine?
«Se volessi candidarmi a sindaco per me sarebbe meglio farlo senza città unica. Perché se ragionassi come Orlandino Greco o Sandro Principe, i voti io li prendo più a Cosenza dove sono stato sindaco. Se avessi voluto coltivare il mio orticello personale, ragionando come loro, avrei dovuto essere contro il referendum. Quindi anche questa sciocchezza, diciamo, è smontata. Ho creduto fermamente in quest'idea perché penso che questa città, se non si farà la fusione, sarà sempre più in decadenza, perché ci sono dati allarmanti, sia rispetto a quello che possono essere i dati che riguardano tutte le città, soprattutto del sud, sullo spopolamento, ma anche sui centri di interesse».

Lei si è speso più dei proponenti della legge, tutti questi post della De Francesco o di Caputo non li ho visti…
«No, loro hanno proposto la legge e si sono molto impegnati. Poi ognuno ha il suo modo di fare politica. Mi sono esposto pubblicamente pensando fosse una campagna d'opinione. Loro avevano fatto più incontri. La De Francesco ha fatto audizioni in commissione regionale per un anno e mezzo. Poi forse come estensori di una legge oltre gli steccati, anche loro si aspettavano un altro risultato. Comunque non va dimenticato che a Cosenza città il Sì ha avuto il 70%».  

Altra accusa che le muovono è che lei ha affossato, da sindaco, la metropolitana leggera che doveva collegare Cosenza, Rende e Unical… È fallita Amaco, come la connettiamo questa grande città?
«Io sono un urbanista, non posso non essere a favore di un sistema di trasporto pubblico unico, qua la realtà è che abbiamo tre comuni in un'unica realtà urbana, una unica città che non ha un trasporto pubblico comune. Cosa che infatti ho tentato di fare con la circolare veloce, con le corsie preferenziali e poi la Regione con Oliverio ha bloccato tutto».

Circolare veloce è una cosa, metropolitana leggera un’altra… Cosa risponde a chi la accusa di averla bloccata?
«Non è assolutamente vero, io avevo chiesto delle modifiche che poi mi sono state anche accordate. Così come le aveva chieste anche all'epoca Principe a Rende sull'ingresso della metro nella città. La metropolitana è fallita perché c'è un'inchiesta giudiziaria, che è agli atti con situazioni che erano emerse, di collegamenti di alcune parti della politica locale. Vero o non vero non lo so, ma sono negli atti... Quindi c'è una indagine che ha frenato. Tant'è che in quella indagine sono stato coinvolto dopo aver firmato l'accordo con la Regione, quindi se non l'avessi firmato non sarei stato coinvolto, poi sono stato anche escluso».

Che accordo ha firmato con la Regione?
«Ho firmato un accordo quadro per fare la metropolitana, ho firmato e sono stato inserito nell'inchiesta insieme a tutto il mondo della sinistra, che aveva poi aggiudicato l'opera, quindi io anzi mi sono esposto firmando quell'accordo e chiedendo delle modifiche che sono normali, quando c'è un comune che ti chiede di fare del verde anziché soltanto binari. È andata male per questo motivo, per quell’inchiesta, basterebbe solo andare a leggere quello che dicono quegli atti, anche rispetto al progetto della metropolitana. Poi l’aggiudicazione è avvenuta ad un'impresa che è andata in amministrazione controllata, e quindi praticamente di fatto si sono bloccati i lavori».

In sintesi abbiamo pagato una penale all’impresa aggiudicataria, abbiamo perso i 160 milioni di euro e siamo senza un sistema di trasporto efficace?
«Probabilmente sì, la Regione suppongo abbia pagato la penale. Ma tutto questo non è stato per colpa mia, quindi anche questa è una ricostruzione sballata, io ho semplicemente chiesto delle modifiche a quel progetto».

Ma in che modo una città unica potrebbe rilanciare Cosenza?
«Quando ci sono più realtà amministrative c'è anche una competitività naturale, no? Quando ero a Cosenza a fare il sindaco dicevano che la molta vitalità si era spostata da Rende a qui. Ovviamente chi farà il sindaco di Rende cercherà di attrarre il più possibile persone. Quindi è una competitività normale che si può azzerare, diciamo, con una visione complessiva, che avrebbe dato forza a tutta la città ad avere maggiore competitività rispetto al territorio regionale. Anche sui centri di interesse si può ragionare in maniera omogenea per come equilibrarli urbanisticamente».

Ma voi, come centrodestra, fate un'autocritica su come avete condotto la campagna referendaria, avete sbagliato qualcosa, per esempio il fatto che avete fatto molte manifestazioni negli hotel anziché andare fra la gente a spiegare il progetto…
«Su questo tema se ne discute da 50 anni e quindi io, anche altri, eravamo convinti che fosse un dato acquisito quello di volere una città unica, no? Anche il Comune di Cosenza è ovvio che ha aderito per opportunismo perché pensava che avrebbe vinto il Sì, invece se avesse minimamente pensato che avrebbe vinto il No, non avrebbe mai aderito. Anche i corpi intermedi, come per esempio industriali, commercianti, artigiani, tutti erano di quest'idea... sindacati addirittura, pure quelli di sinistra, i partiti di sinistra, quindi alla fine che cosa si è verificato? Che c'è stato da parte di tutti, non solo nostra, da parte di tutti quelli che erano per il Sì, forse una sottovalutazione della campagna elettorale. Questo però smonta un’altra sciocchezza ovvero che questo era un referendum farsa, tant’è che ha vinto il No, un dato politico che non può essere non considerato. Quindi non dico che c'è stata una sottovalutazione, dico che c'era una consapevolezza su questo tema che era diffusa, per cui si è pensato più a una battaglia ideale che non ad una da Consiglio comunale. Invece alcuni della vecchia politica, che difendevano interessi diretti e personali, hanno fatto una campagna elettorale casa per casa, come se fosse una campagna per le amministrative, quindi è lì che c'è stata una distorsione del significato del referendum, perché il referendum doveva essere su base ideale».

Qualcuno sostiene che era una sorta di referendum sugli Occhiuto, su lei e suo fratello…
«Tutti i partiti hanno aderito, mica c’è stato solo il centro-destra da un lato e il centro-sinistra dall'altro o addirittura una parte del centro-destra. Invece qui hanno aderito tutti, quindi nessuno può dire adesso che c'è uno sconfitto, se ce n’è uno è tutta la classe politica. Anche perché l'idea della città unica parte forse da prima che io nascessi. Il problema, secondo me, sono queste resistenze di una classe politica vecchia, vecchia di idee e di visione, non dal punto di vista anagrafico. Anche i consiglieri comunali hanno remato contro perché comunque sarà più difficile essere eletti in una città unica, perché più si allarga e più c'è un voto d'opinione; meno sono i Consigli comunali, meno sono gli assessori. Quindi alla fine c'è anche questo senso di responsabilità che non esiste».

E ora cosa si fa? È la fine del sogno della città unica? Le legge dice che non si può promuovere un altro referendum per i prossimi 5 anni…
«Questo referendum nella sostanza ha un significato politico, quindi la Regione non può non tenerne conto secondo me. Però c’è un altro dato, nel senso che il referendum comunque non avrebbe nessun valore visto che ha votato meno del 30%. Quindi o si rifà per raggiungere la soglia del 30%, soglia minima per la validità della consultazione fissata dallo Statuto regionale che è norma di grado superiore rispetto alla legge regionale, o la Regione prende atto della volontà dei cittadini e non so… Si potrebbe avviare di nuovo un dialogo fra tutte le forze politiche e si rifà poi un referendum, magari con un coinvolgimento più esteso ai Consigli comunali. Bisogna attivare un processo fra i cittadini per superare le resistenze di una vecchia classe politica che ha un interesse diretto a coltivare il proprio orticello. Una visione così importante di cui parliamo da 50 anni si è poi ridotta ad una discussione prettamente tecnica. Ho sentito parlare di bilanci, il bilancio è uno strumento tecnico, è chiaro che il comune cittadino non si appassiona... Non è che alla fine si fa una città unica per fare un bilancio unico».

Torniamo al discorso di prima sulla campagna elettorale. Nessuno ha messo in campo una visione di questa città del futuro…
«Questo è un ragionamento che può fare l'amministrazione futura, oggi ci possono essere visioni anche diverse. Quando ci si candida si contrappongono poi le visioni, ma questo è un dato soggettivo. Qui si parlava di un dato oggettivo: noi siamo una realtà unica che ha bisogno di un'amministrazione unica. Da un punto di vista oggettivo non si poteva fare un confronto troppo sulle idee politiche. Il discorso oggettivo è che lo Stato finanzia le fusioni superiori ai 100.000 abitanti con dei contributi consistenti perché c'è un risparmio da un punto di vista della politica, della burocrazia, c'è un'ottimizzazione dei servizi. Ci sono insomma delle situazioni oggettive che sono assolutamente a favore ma la cosa più importante è che una città unica esce fuori dai conflitti politici, amministrativi della competitività di cui purtroppo sentono le conseguenze dirette i cittadini. Se io non ho potuto portare il pullman all'università quando ero sindaco e non ho potuto fare il trasporto pubblico locale un motivo ci deve essere. Mentre a Rende ci sono anche delle situazioni in cui uno può pensare “noi siamo autosufficienti”, i cittadini di Castrolibero sono quelli che sarebbero più avvantaggiati dalla città unica perché sono cittadini che già utilizzano tutti i servizi della città capoluogo. Questo per dire come la politica distorce alcuni argomenti».

Una cosa che le hanno molto contestato è questa sua affermazione secondo cui i debiti di Cosenza li pagano i fornitori…
«Non lo dico io, purtroppo lo dice la legge. Per questo non ho voluto fare il dissesto nel 2011 per poi essere costretto a farlo dopo non aver rispettato pienamente i parametri intermedi previsti dal piano di riequilibrio del predissesto. Nel dissesto c’è una commissione liquidatrice e i crediti vengono pagati al 50%, quindi li pagano i fornitori che non sono quelli sui progetti finanziati dalla Comunità Europea, perché lì ci sono somme finalizzate, ma quelli che riguardano la gestione ordinaria. Il dissesto alla fine è uno strumento di finanza pubblica che serve ai Comuni per riequilibrare il bilancio e quindi purtroppo lo pagano i fornitori, ovviamente ne rispondono poi gli amministratori, non i cittadini»