Giorgia Meloni ha finito la pazienza. Non con Putin, non con Bruxelles e neppure con Macron, ma con il suo vicepremier Matteo Salvini. Un logoramento silenzioso che adesso diventa guerra aperta. Perché Meloni lo ha detto chiaro ai suoi fedelissimi e il messaggio è già rimbalzato nelle redazioni: «Se dopo il congresso della Lega del 6 aprile non la smette, gli svuoto il partito».

Sì, avete letto bene: “gli svuoto il partito”. Altro che diplomazia tra alleati, qui si ragiona a colpi di sprangate politiche. È l’avviso da ultimatum che Giorgia ha consegnato ai suoi, stanca di quello che definiscono il “sabotaggio sistematico” di Salvini. L’irritazione di Palazzo Chigi è ai massimi storici: l’uomo che dovrebbe essere il suo alleato più leale si comporta come uno scolaretto che fa i dispetti alla maestra.

Matteo, infatti, non fa che infilare bastoni tra le ruote: da Macron all’Ucraina, dai dazi alle intese con Trump, fino al dossier Starlink. L’ultima provocazione è la telefonata a sorpresa con J.D. Vance, braccio destro di Donald Trump. Uno smacco istituzionale per la premier, che nel frattempo sta lavorando al suo viaggio a Washington. Così, mentre Giorgia si prepara per la Casa Bianca, Salvini si accredita di soppiatto come interlocutore privilegiato degli ambienti trumpiani.

Non se ne può più”, sospirano a Palazzo Chigi. “O Matteo rientra nei ranghi o lo svuotiamo in Aula e nei territori”. E mentre i colonnelli di FdI pregustano già il colpo basso, Salvini ride sotto i baffi, minimizza e continua a fare capolino in ogni vicolo possibile del centrodestra per mettere Giorgia all’angolo.

Lo scontro si è consumato anche alla Camera: Galeazzo Bignami, uomo ombra della premier, ha lanciato la frecciatina velenosa a Salvini parlando di “chi baciava la pantofola a Mosca”. Il riferimento era chiaro e il destinatario ha incassato senza fiatare.

Nel frattempo, la faida è ormai sotto gli occhi di tutti. L’unico a fingere che sia ancora tutto rose e fiori è Salvini stesso: “Guerra con Meloni? Non scherziamo”, dice ai giornalisti. Ma ormai persino tra i meloniani si sente mormorare: “Matteo gliel’ha giurata da quando è uscito quel libro del Fatto che lo ridicolizzava, dando a intendere che dietro ci fosse proprio Giorgia”.

Il casus belli, quindi, quello che ha acceso la miccia della faida, sarebbe stato il libro uscito mesi fa e che ancora brucia come sale su una ferita aperta. All’interno c’erano le chat private di alcuni pezzi grossi di Fratelli d’Italia – tra cui la stessa Giorgia Meloni e l’immancabile Guido Crosetto – in cui si rideva, si sghignazzava e si sparava a zero su Matteo Salvini e sulla Lega. Non semplici frecciatine, ma veri e propri insulti da spogliatoio: “Salvini è un ministro bimbominkia". E ancora: “La Lega è un partito senza onore”. Roba da pugnalata alle spalle, da vecchi rancori che riaffiorano quando meno te l’aspetti. Salvini, raccontano nei palazzi, non l’ha mai digerita. E da allora avrebbe deciso di farla pagare cara a Giorgia, sfidandola platealmente su ogni dossier, dentro e fuori il governo. Dietro i sorrisi di circostanza si nasconde un conto ancora aperto.

Nel frattempo, mentre Meloni conta i giorni che la separano dal congresso della Lega, Salvini continua a tirare la corda. Il riferimento del meloniano Galeazzo Bignami alla pantofola russa è solo l’antipasto di un veleno che ormai scorre a fiumi tra i corridoi del potere. E mentre Giorgia cerca di rimettere insieme i cocci e preparare il biglietto da visita per Trump, Matteo flirta con l’America trumpiana, con Musk, e persino con Zampolli, l’emissario che sembra venuto da un reality più che da Washington.

La cosa tragicomica? Entrambi giocano una partita personale. Lei sogna un invito alla Casa Bianca, lui spera di diventare il nuovo “pontiere” tra Italia e Stati Uniti, scavalcando la premier a destra come solo lui sa fare. Nel mezzo, l’agenda italiana resta congelata sotto un cumulo di gelosie e vendette degne di un condominio litigioso. A quando la prossima assemblea con l’amministratore di condominio? Magari direttamente in Aula.

Così, mentre l’Europa si prepara al caos geopolitico e gli Stati Uniti osservano da lontano, in Italia la politica sembra inchiodata a una lite da cortile, tra sgarbi da bar sport e minacce da film di quartiere. E nel mezzo ci siamo noi, spettatori ormai assuefatti che forse – chissà – un giorno troveranno la forza di chiedere: ma quando la finite?