Una proposta di legge di iniziativa popolare per modificare quanto previsto nella famosa legge omnibus inerente la fusione fra Cosenza, Rende e Castrolibero. È l’iniziativa partita dall’associazione “Fccn” che si occupa a livello nazionale di coordinare e dare supporto tecnico-giuridico ai comitati e ai piccoli comuni alle prese con le fusioni.

Come ci spiega il presidente nazionale dell’associazione, Antonello Barbieri, questa che vuole fare la Regione Calabria è la prima fusione imposta dall’alto, senza alcun ascolto dei territori. Tutta colpa delle modifiche alla legge regionale sulle fusioni apportate dalla omnibus che ha cancellato l’obbligatorietà dell’atto d’impulso dei consigli comunali e ha reso consultivo il referendum dal basso che dovrebbe suggellare la fusione attraverso l’interpello dei cittadini.

«È il primo esempio in Italia di una fusione portata avanti in questo modo - dice Barbieri - e ci sembra un precedente pericoloso perché così non si tiene in alcun conto il parere dei cittadini. In questo modo si scoraggia anche la partecipazione al referendum, soprattutto per i residenti dei piccoli comuni che hanno la sensazione che il loro voto sia inutile. In  questo caso particolare penso agli abitanti di Castrolibero che sanno che il loro voto sarà diluito con quello di Cosenza e Rende che sono demograficamente più grandi. Allora perché dovrebbero andare a votare?».

In realtà a questa obiezione il centrodestra ha risposto che anche se il referendum è consultivo il suo esito verrà tenuto in debita considerazione. Anche perché c’è da dire che la legge assegna ampia autonomia alle Regioni sulle modifiche ai territori, fatta salva una postilla quella cioè di sentire le popolazioni interessate. Qual è il limite del verbo “sentire” però è tutto da vedere.

«Sentire le popolazioni - dice Barbieri - presupporrebbe almeno che le proposte della Regione siano frutto di un ragionamento con i territori o di un ragionamento globale di riassetto istituzionale dei territori. Un piano quindi incentrato sulla carenza di servizi che i piccoli comuni non riescono più a garantire o alle difficoltà finanziarie e gestionali. Questo però può avvenire solo attraverso l’approvazione di un piano regionale di fusioni che programmi queste operazioni nel lungo periodo, altrimenti c’è il rischio dell’arbitrio. Ad esempio - si chiede Barbieri - perché si è partiti dalla fusione fra Cosenza, Rende e Castrolibero quando in Calabria ci sono comitati spontanei che da anni chiedono altre fusioni. Penso a quelli sorti a Crotone o a Vibo Valentia».

Domande che hanno certamente un fondamento. Da qui il via alla raccolta di firme per presentare una legge di iniziativa popolare che vada ad emendare la omnibus almeno sotto il profilo del referendum. Non solo lo si vuole rendere vincolante, ma anche si vuole fare in modo che il si debba prevalere in ognuno dei comuni interessati. Per portare la proposta in aula servono 5000 firme. Barbieri dice che non è un problema. «Penso che riusciremo a raccoglierle anche perchè le firme non devono provenire dai centri interessati alla fusione, ma da tutta la Calabria. Con noi collaborano una serie di associazioni che si occupano di fusioni e sono certo che riusciremo a centrare l’obiettivo. Naturalmente - spiega - non vogliamo diventare legislatori, ma dare un segnale politico in senso lato al consiglio regionale. Spero che di fronte a questa iniziativa l’amministrazione regionale ci ripensi e modifichi da sola queste che sono storture evidenti».