Nel civico consesso continuano a serpeggiare conflitti e malumori anche tra membri della maggioranza per opposti interessi politici, tenuti a bada solo in virtù del superiore interesse di restare in carica
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Un paio di giorni ancora, anzi tre, e sarà di nuovo consiglio comunale a Catanzaro. Un ritorno in… classe per i suoi componenti dopo un periodo di vacanza abbastanza lungo da quel venerdì 30 luglio scorso quando in una tutto sommato abbastanza veloce seduta fu di fatto dichiarato il “rompete le righe” in virtù della consueta pausa estiva. Solo che non bisogna essere in Aula con grande frequenza per lavorare e, ancor di più, per litigare. Tanto è vero che, complice anche un clima da perenne campagna elettorale con il ritorno al voto per decidere il successore della povera Jole Santelli, non sono mancati comunicati stampa al vetriolo fra consiglieri della maggioranza e scambio di reciproche, gravi, accuse. La verità è che da molto tempo ormai dell’andamento della civica assise non importa molto ad alcuna delle persone coinvolte in prima battuta, se non nell’ottica dei posizionamenti e riposizionamenti in vista delle Regionali di inizio ottobre.
Ecco allora che, pratiche urbanistiche a parte probabilmente in discussione anche al rientro, poco o nulla cattura l’attenzione dei pubblici amministratori del capoluogo come la sorte dei leader locali di riferimento. Molti di questi sono infatti in lizza per (ri)entrare in Regione: Baldo Esposito, Francesco Pitaro, Filippo Mancuso, Claudio Parente, ma anche Sergio Costanzo e Fabio Guerriero, ad esempio, fra i mai eletti pur con migliaia di consensi ottenuti in passato. Chiaro, quindi, che i loro rappresentanti in Comune siano scatenati nel tentativo di favorirli, considerato come l’abbondanza di candidati con un corposo sostegno alle spalle renda la competizione davvero difficile. Senza contare la volontà di quasi tutti i diretti interessati, dopo aver centrato l’obiettivo della vittoria, di far registrare un risultato che gli consenta di giocare una partita ritenuta fondamentale da metà ottobre circa in avanti ovvero quella per la scelta dell’aspirante sindaco del capoluogo. Sia dall’una che dall’altra parte. Un capitolo che si annuncia assai più “sanguinoso”, se possibile, del precedente.
Sarà il motivo per cui di recente sono volate parole grosse, e non solo tramite gli organi di informazione seppur la cosa è rimasta sotto traccia, fra vari esponenti della coalizione di Sergio Abramo che, come premesso, va avanti esclusivamente per la voglia di molti di non rinunciare in anticipato a una delle poche prebende sicure di cui dispongono e a un briciolo di potere. Ma nell’ambito di uno schieramento spaccato e con una fisionomia del tutto diversa rispetto a ciò che si era delineato nelle urne a metà 2017. Un gruppo che non ha iniziato a mutar volto nella fase conclusiva della consiliatura: fatto poco ortodosso tuttavia fisiologico. No, non è così, perché gli scossoni e i “vuoti gestionali” sempre più evidenti in città (in particolare nella zona Sud, ma non solo) si sono susseguiti a decine da ben prima. La “barca” però va, perché a parecchi - lo si è detto - interessa che vada malgrado il resto. Logica che riguarda il sindaco, innanzitutto, il quale si sta giocando ogni fiche sul tavolo per fare l’assessore esterno in Cittadella, però scontentando tanti nella sua cerchia. Gente che gli ha già dato chiari segnali di insofferenza.