Cosa stia accadendo in Forza Italia provinciale dopo la batosta subita dai candidati catanzaresi alle Regionali del 3 e 4 ottobre scorsi, non tanto in Fi per la verità - in cui comunque il vertice locale aveva puntato dritto sulla figlia dell’ex consigliere e presidente del gruppo forzista a Palazzo Campanella Claudio Parente, Silvia, alla fine arrivata addirittura quarta - ma nel centrodestra in generale è facile da immaginare.

Il clima è teso. Molto teso. E il coordinatore Mimmo Tallini, su cui insistono voci relative a una sorta di poca benevolenza nei suoi confronti da parte dei maggiorenti calabresi che ne avrebbero di fatto di parecchio limitato il raggio d’azione, non sarebbe affatto contento. Fino al punto che, sempre i soliti rumors, parlerebbero di imminente rottura o addirittura di dimissioni. Che però chi conosce Tallini, sa bene come non arriverebbero mai senza la preventiva messa a punto di un solido piano B. Ma al di là della sorte personale del dirigente azzurro di lungo corso, la questione che tiene banco nel partito riguarda la “strana vicenda” di Valeria Fedele. Probabile, ma non certa, consigliera in quota Fi. E il perché di questa probabilità è presto detto, non prima di premettere però che si tratta di un’esponente della nouvelle vague regionale venuta fuori, un po’ a sorpresa, probabilmente con il decisivo appoggio del senatore Giuseppe Mangialavori.

Basti pensare al fatto che la diretta interessata - dg della Provincia di Catanzaro e abitante del comune di Maida, situato nel comprensorio catanzarese - ha preso una valanga di voti a Vibo mentre ha registrato risultati davvero asfittici, ovvero appena 93 preferenze, nello stesso capoluogo. Un fatto insolito, ma che appunto si spiega con una scelta chiara del partito azzurro. Che ha puntato su di lei.

Tutto risolto, allora? Non proprio, si diceva. C’è infatti chi si sta per appellare a una sua presunta ineleggibilità. Motivo? L’incarico di direttore generale ricoperto dalla Fedele a Palazzo di Vetro. Ruolo che in base all’interpretazione estensiva dell’art. 2 della legge 154 del 1981 le avrebbe imposto il collocamento in aspettativa non oltre il giorno fissato per la presentazione delle liste, avendo la stessa dirigente mantenuto - in base a quanto vietato da tale norma - «un potere direzionale in un ente territoriale del collegio dov’è stata candidata fino alle elezioni con un’ipotetica posizione di vantaggio». Questo almeno vorrebbero quanti auspicherebbero un passo indietro ad opera della neo-componente dell’assise regionale, magari per andare a fare l’assessore esterno.

A frustrare però le aspettative di chi forse darà battaglia legale sul punto è la “farraginosa” normativa nazionale e della Calabria sul punto. Questo dal momento che la legge di cui si parla ora - la 165 del 2004 - rimanda alle decisioni delle singole Regioni sulla specifica materia. Peccato, però, che in ambito calabrese si giochi a… rimpiattino e si ribatta la palla a livello centrale. Una dimensione in cui la faccenda si complica, potendo venire incontro alla Fedele l’allungamento dei tempi per la decisione e l’opportunità di esercitare un’opzione ex post. Che potrebbe essere di aspettativa non retribuita da direttore della Provincia. Malgrado le scelte future della Fedele e di chi l’ha fortemente voluta in Consiglio, prende comunque fortemente corpo l’ipotesi di un ricorso che si badi - politicamente parlando - avrebbe più soggetti interessati a far saltare la posizione di una neoeletta che negli ambienti forzisti catanzaresi viene percepita come un “corpo estraneo”.