Partiamo dalla fine della storia, per così dire, ovvero dalla pratica “urgente” di una civica assise altrettanto “urgente” finalizzata a concedere all’associazione Vivere Insieme l’affidamento del progetto di riqualificazione della zona di Catanzaro Sud per la costruzione di un complesso di attività di carattere sanitario e sportivo. Delibera, peraltro all’origine dell’inchiesta denominata Corvo in questi giorni al centro della curiosità cittadina, rispetto a cui Giovanni Merante, attuale segretario provinciale dell’Udc ma allora autorevole membro di Forza Italia in consiglio comunale, fu quantomeno perplesso. Tanto da chiedere lumi in proposito e fino al punto – sostiene –
«di causare l’insorgere di forti dissapori tra me e il partito di cui ero vice-capogruppo dopo il mancato sì per l’assenza di quelle delucidazioni che mi attendevo, forse perché il parere positivo a quella pratica serviva per ricompattare una maggioranza in ambasce dopo appena un annetto abbondante di lavoro». Già Fi, da cui lo stesso Merante è successivamente uscito in polemica con il coordinatore provinciale Mimmo Tallini in seguito alle elezioni di secondo grado per l’ente intermedio nelle quali il sindaco di Catanzaro Sergio Abramo (candidato a presidente) la spuntò - ma per un soffio in barba alle previsioni che lo davano vincitore in… carrozza - sul competitor e collega di Soverato Ernesto Alecci. Una ferita che sanguinò copiosamente nel centrodestra a Palazzo De Nobili in cui si aprì la caccia ai “colpevoli” del voto pro Alecci con Merante primo indiziato. Fatto che determinò, un certo tempo dopo, il passaggio dello stesso consigliere nel Misto e poi nell’Udc. Ma questa era solo una sorta di premessa rispetto al Merante-pensiero.

Il consigliere è infatti stato un fiume in piena nel parlare di un Abramo che lo ha deluso sul piano politico e soprattutto umano: «Il sindaco non ha voluto affrontare la situazione dell’Udc in Aula. E si badi, non parlo della solita rivendicazione di un assessorato o roba del genere bensì di accordi di altra natura finalizzati a rilanciare l’azione amministrativa del capoluogo. L’amico Sergio si è però piegato al diktat di chi questo dialogo non lo ha voluto: Catanzaro da Vivere. Forse perché questa lista, con quattro consiglieri rimasti, tra presidenza del Consiglio e posti in Giunta ha mantenuto un rapporto di uno a uno. Non è quindi stata Fi, come si potrebbe credere, a porre veti. Al di là di ciò, io ho però il dovere di raccontare quali patti sono stati disattesi».

Ecco bravo, ci dica di più...
«Inizio dal più banale: nessun consigliere eletto nel centrosinistra avrebbe dovuto essere accolto nelle nostre fila. E invece vi invito a dare un’occhiata alla composizione attuale dell’assemblea. Basta per rendersi conto di come si sia proceduto molto diversamente. Senza contare il fatto che abbiamo un’Amministrazione che non vive, non è pulsante, ma vegeta, affidandosi a chi vuol tirare a campare».
Tirare a campare invece di tirare le cuoia, per citare il Divo Giulio, Andreotti. A lei tanto caro immaginiamo?
«Rappresento un partito stimato in città intorno all’8% che se non sarà trattato come merita è pronto a riflettere molto in vista delle prossime Comunali».

Insomma ci pare di poter dire che il suo giudizio sull’Abramo quater non gli valga la sufficienza?
«E come potrebbe essere altrimenti? Se c’è un primo cittadino che avrebbe dovuto concentrarsi su appena quattro-cinque questioni fondamentali inerenti al governo del territorio e al contrario pur potendo contare su addirittura 27 consiglieri a sostegno, dato a mia memoria senza precedenti, continua ad approvare le delibere con al massimo tredici voti favorevoli, ossia un numero inferiore alla maggioranza relativa per come uscita dalle urne 2017. Mi pare inaccettabile, soprattutto per uno che in base al Testo Unico, e non a quello che asserisco io, è il capo della coalizione. Un comandante però distratto con un esercito ancora più svogliato».

Distratto da cosa, scusi?
«Dalle Regionali. Chiaro come il sole, considerato che ha pensato a poco altro più o meno dalla metà del 2019. E qui veniamo all’ennesimo patto tradito con noi maggiorenti del suo schieramento perché si era impegnato a restare sindaco sino all’ultimo giorno della consiliatura. Ma, ripeto, la prospettiva di fare il governatore, o almeno il vice, lo ha abbagliato e preso così tanto da farlo persino rompere con Fi».