L'accademico prestato alla politica è alle prese con un dubbio amletico: allargare la sua coalizione e puntare a una vittoria possibile o fare selezione escludendo i portatori di voti tutt'altro che leali?
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Nicola Fiorita è ossessionato da un pensiero fisso: fallire nuovamente l’assalto (politico, s’intende!) alla poltrona di sindaco di Catanzaro, soprattutto dopo il quasi miracolo della volta scorsa che lo portò a sfiorare il 24% dei consensi al primo turno con sole tre liste a sostegno contro le sei del centrodestra (39% e rotti) e le addirittura undici del centrosinistra (30% e rotti) essendo oltretutto al cospetto di due competitor del calibro del plurisindaco Sergio Abramo e del già vicepresidente della giunta oliveriana Enzo Ciconte. Un’altra battuta d’arresto significherebbe infatti per lui subire uno stop potenzialmente definitivo. Un freno alle velleità di carriera nei consessi pubblici locali e nazionali.
Ecco perché sta cercando di non sbagliare le sue mosse, mostrandosi peraltro uno dei pochi in città (la riprova anche nel video di ieri sulle condizioni miserrime in cui versa il porto di Lido di cui nessuno osa parlare apertamente) a far opposizione al Sergìun insieme, per la verità, ai membri dell’entourage del consigliere regionale di Area Dem Francesco Pitaro alle cui posizioni si richiama peraltro il componente del Gruppo Misto a Palazzo De Nobili Antonio Corsi. Ma la priorità di Fiorita è allestire uno schieramento quanto più ampio possibile da contrapporre al fronte rappresentato dall’attuale maggioranza che, comunque la si pensi, partirà in pole position anche alle prossime Amministrative.
Il grosso problema dello stesso prof prestato alla politica è che per farlo corre però il rischio di imbarcare parecchi soggetti borderline nel senso di individui nella migliore delle ipotesi dialoganti, o in affari, con tutte le parti in campo allo scopo di ottenere vantaggi e utilità di vario genere. Candidati, diciamo multitasking, che guardano indifferentemente a Sinistra e a Destra a seconda di chi se li compra o di contro li ricatta, dovendo molte delle loro fortune a un certo contesto. Gente leale fino… alla curva, dunque, che pur blindando con ambiti posti al sole in caso di successo nelle urne potrebbe sempre giocare un brutto scherzo.
Fatto a Catanzaro successo tante volte in passato con gli stessi individui, talora in modo palese altre in maniera occulta, curiosamente sulla scia di due esperienze di Governo nazionale assai diverse ma alla fine convergenti. Stiamo come ovvio parlando di quelle legate alle scelte inaspettate compiute da Fausto Bertinotti prima e Gianfranco Fini poi, che da presidenti della Camera fecero cadere gli Esecutivi di cui erano rispettivamente grandi azionisti in qualità di potentissimi capipartito o quantomeno capi-corrente pur momentaneamente senza incarichi partitici formali in virtù della designazione a ricoprire una delle più alte cariche istituzionali italiane.
In cima ai Tre Colli, tuttavia, di leader instabili, neppure di caratura locale, che tentano di flirtare con Fiorita non c’è l’ombra. Ci sono semmai, come premesso, i soliti piccoli personaggi (tutt’al più affetti da gigantismo) del sottobosco affaristico catanzarese, pronti a cambiare cavallo a ogni profferta o stormir di fronda. Senza dimenticare le continue e pesantemente negative azioni di condizionamento dell’attività amministrativa che sarebbero intenti a portare avanti.