Circa duecento cittadini si sono dati appuntamento a piazza Italia, davanti a palazzo San Giorgio, per manifestare il proprio dissenso rispetto alla decisione assunta dal sindaco Giuseppe Falcomatà che, appena qualche giorno fa, ha ritirato le deleghe all’assessore ai Lavori Pubblici Angela Marcianò.

 

Scatenando di fatto una disputa interna al Pd che sta coinvolgendo i vertici nazionale e che spacca, ancora una volta, la città. Il ministro della Giustizia Orlando e l’alter ego di Renzi, Lorenzo Guerini, hanno dimostrato di vedere la vicenda con occhi diversi. Orlando infatti ha chiesto lumi sulle ragioni per le quali la Marcianò, assolutamente sconosciuta alla politica fino a quel momento, sia stato nominata in giunta prima e poi in segreteria nazionale del partito. “Senza avere la tessera” ha sottolineato il ministro. Guerini ha invece espresso vicinanza alla Marcianò e detto che il ritiro delle deleghe è un atto proprio del sindaco.

 

 

A Diamante Renzi, che ha presentato il suo libro “Avanti”, ha provato a stare in equilibrio: “Falcomatà è il nostro sindaco”, mentre con “Angela lavoreremo bene a Roma”. Contraddizioni su contraddizioni, mentre in platea ha risposto presente l’assessore, ma non Falcomatà. 


Renzi si è poi superato con la promessa, l’ennesima, di fare Oliverio commissario della Sanità, invocando pari trattamento rispetto a De Luca, governatore della Campania. Nessuna spiegazione, però, in ordine alle ragioni per le quali la decisione non sia stata presa nello stesso Consiglio dei ministri per entrambi o sul perché il governo non abbia risposto alle interrogazioni dei deputati calabresi. Anche in questo caso equilibrismi tattici: come se Gentiloni fosse premier di un governo di centrodestra e il Pd dovessero far valere le proprie ragioni contro di lui.


In un quadro così confuso, e con una città mai rialzatasi dopo il commissariamento e la distruzione delle sue finanze, a Reggio la manifestazione pro Marcianò, alla realizzazione della quale ha dato parecchio apporto anche l’entourage dell’ex assessore, ha avuto anche il senso di dimostrare che la città “è per la legalità”. 


Così come hanno tuonato ai megafoni i vari promotori, ribadendo che la città vuole “gridare il suo no alla ndrangheta” e intraprendere chiaramente un percorso di legalità. Come se la stessa coincidesse con la figura dell’assessore e non con il sindaco che l’ha nominata e la giunta in cui ha lavorato per oltre due anni. Come se dentro palazzo San Giorgio, annientato da dieci anni di amministrazione di centrodestra e da due di commissariamento, fosse possibile avere un settore Lavori Pubblici che è sinonimo di trasparenza e legalità e un governo complessivo pilotato dalle cosche. Fingendo (?) di non capire che dietro al duello mediatico e social in atto tra i due componenti dell’amministrazione c’è esclusivamente una “politica che è solo far carriera”.


Ma il ventre molle di Reggio, si sa, spesso non risponde a input perfettamente razionali.

 

Riccardo Tripepi