Il Senato ha respinto le due mozioni di sfiducia nei confronti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Quella presentata dal centrodestra ha ricevuto 160 voti contrari, 131 a favore e un astenuto; quella di +Europa ha ottenuto 158 no, 124 sì e 19 astenuti.

 

La maggioranza non si è sfaldata anche grazie al soccorso di Italia viva, malgrado l'ex premier Matteo Renzi, nei giorni scorsi, non avesse escluso la possibilità di un voto favorevole alla sfiducia. Non è andata così, e Bonafede, a voto concluso, ne ha subito preso atto: «Ringrazio il Senato e la maggioranza per la rinnovata fiducia, adesso torno al lavoro».

La difesa di Bonafede

Dopo un lungo dibattito parlamentare, il ministro ha escluso condizionamenti in merito alla scelta del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e respinto con forza le accuse riguardo alla presunta estromissione del magistrato Nino Di Matteo dall'incarico al ministero della Giustizia, alle rivolte nelle carceri e alle scarcerazioni dei boss nel pieno dell'emergenza coronavirus.

 

«I fatti – ha detto Bonafede – non hanno niente di particolare né di eccezionale rispetto alle modalità e dinamiche di una qualsiasi nomina fiduciaria e discrezionale. Tutti i fatti sono chiari e lo sono sempre stati».

Quanto alla scelta del capo del Dap, il ministro ha negato condizionamenti: «Chi lo sostiene se ne faccia una ragione, non sono disposto più a tollerare allusioni e ridicole illazioni».

 

«Quando si giura sulla Costituzione come ministro della Repubblica, si decide di essere in tutto e per tutto uomo delle istituzioni», ha sottolineato ancora Bonafede, convinto che nelle ultime settimane si sia «sviluppato un dibattito gravemente viziato da allusioni e illazioni, ma per rispetto delle istituzioni non alimento le polemiche ma condivido le esigenze di un confronto in Parlamento. In questi due anni da ministro della Giustizia ho scritto e portato avanti leggi dove c'è la ferma determinazione, che rivendico, a combattere il malaffare. La lotta al malaffare senza compromessi ha sempre animato e animerà la mia attività politica».

Le scarcerazioni dei mafiosi

Sarebbe poi «falsa» l'immagine di un governo che avrebbe spalancato le porte del carcere ai boss di mafia. Il guardasigilli ha invece rivendicato il buon funzionamento delle misure adottate per evitare il contagio nei penitenziari: «Dei 53.458 detenuti, risultano accertati 102 casi di persone recluse attualmente positive. Respingo ogni strumentalizzazione politica e riconosco ai giudici di sorveglianza di aver svolto un lavoro importante in un periodo difficilissimo. Le misure concrete adottate durante l'emergenza sono il frutto del lavoro di squadra di tutto il governo che ha deciso di considerare la giustizia una vera priorità. Sono consapevole che il confronto con tutte le forze politiche di maggioranza sarà costante, approfondito e improntato a leale e reale collaborazione, così come è accaduto nella recente approvazione dei decreti anti-mafia».

Il soccorso di Renzi

A salvare Bonafede e, con lui, la tenuta del governo, è stato Renzi. Proprio l'ex presidente del Consiglio ha spiegato le ragioni del voto contrario di Iv: «Spero che questa vicenda la faccia riflettere, ministro Bonafede: fa male subire un massacro mediatico, ci guida la politica, non il populismo. Voteremo contro le mozioni di sfiducia, ma riconosciamo al centrodestra e a Bonino di aver sollevato temi veri, ma non voteremo per motivi politici. In un paese che ha 31mila morti chi di noi crede alle ragion di Stato rispetta quello che dice un presidente del Consiglio se fa parte della maggioranza e riconosco al presidente di aver dato dei segnali importanti negli ultimi giorni, ma ancora molto è da fare».

 

«A noi – ha precisato Renzi – non interessa un sottosegretario ma ci interessano i cantieri, se noi oggi votassimo con il metodo che lei ha usato nella sua esperienza parlamentare nei confronti di altri ministri, oggi dovrebbe andare a casa. Non si fa politica per vendetta personale, ma certe sue espressioni sul giustizialismo ci hanno fatto male. La battaglia contro la cultura mafiosa non ci deve vedere divisi, essere garantisti significa rispettare le regole».

«C'è tanto da fare»

Uscito dal Senato, Bonafede ha manifestato l'intenzione di dedicarsi solo al suo dicastero: «C'è tanto lavoro da fare. Quello che è successo mi ha confermato che nella vita quando ti attaccano non sono le parole a difenderti ma il lavoro che hai portato avanti e i fatti. Oggi io ho sottoposto al Senato i fatti,l'ho fatto proprio sentendo che era il Parlamento il luogo in cui confrontarsi con il Paese e sono molto soddisfatto».

Salvini e Meloni attaccano

Le polemiche, tuttavia, non mancano. Il più duro è il capo della Lega Matteo Salvini: «Mercato di poltrone fra Pd, Renzi e 5 Stelle. Ringraziano i 500 mafiosi e delinquenti usciti dal carcere e i 500mila clandestini che aspettano la sanatoria, non ringraziano gli italiani. Insieme a voi li fermeremo e costruiremo un'Italia migliore, promesso».

 

Tra chi è passato all'attacco anche la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni: «Bonafede nel gennaio del 2016 affermava che le dimissioni andavano date anche in caso di semplici sospetti. Cosa aspetta allora ad andare a casa? Ormai non ci stupisce più l'ipocrisia degli esponenti pentastellati».

Più conciliante, ma deciso nel chiedere un cambio di rotta, il Pd. «Da oggi inizia una nuova fase per il governo al ministero della Giustizia. Tutta la maggioranza ha respinto le strumentali mozioni di sfiducia rivolte al guardasigilli. Ma tutta la maggioranza ha mandato al titolare del dicastero di via Arenula un messaggio pressante. Bonafede non potrà andare avanti nello stesso modo. Serve una discontinuità più forte e netta tra il governo con la Lega e l'attuale esecutivo con Pd, Iv, Leu», dice il capogruppo dem in Senato Andrea Marcucci.

 

Il viceministro al Mise Stefano Buffagni difende Bonafede con convinzione: «È il ministro che ha reso più dura la legge sul voto di scambio politico-mafioso, che ha reso più severe e le pene contro i corrotti, introdotto il Daspo ai corrotti e fornito nuove armi ai magistrati per stanare chi delinque. Solo chi non fa nulla non commette errori, ma sfiduciare il ministro che ha fatto la più grande legge anticorruzione degli ultimi 30 anni sarebbe stata una follia».

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