La vicecapogruppo della Camera e volto televisivo del Movimento definisce strano che chi ha costruito una storia politica basata sulla partecipazione ora inviti gli iscritti all’astensione. Poi assicura che non ci sarà nessuna scissione: «La scelta del campo progressista è irreversibile»
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Rischia di trasformarsi in una sorta di teatro dell’assurdo l’assemblea costituente del M5S, con l’avvocato Conte che accusa il comico Grillo di essere un “azzeccagarbugli” e l’ipotesi di una inedita scissione da parte della maggioranza. Insomma un bel caos quello prodotto da Beppe Grillo con la proposta di una nuova votazione dopo che la reunion “Nova” aveva defenestrato il fondatore, levato il vincolo del doppio mandato, piazzato il MoVimento nel campo progressista.
Ne abbiamo parlato con Vittoria Baldino, la calabrese vicecapogruppo alla Camera, eletta nel collegio di Corigliano Rossano e, spesso, volto televisivo del Movimento.
Allora onorevole, cosa sta succedendo dopo Nova?
«C’è un M5S nuovo che ha avuto la maturità di riconoscere la sua evoluzione, che ha definitivamente archiviato la stagione dell’ambiguità politica e confermato la natura marcatamente progressista e testardamente orientata a migliorare la società. La nostra comunità ci ha chiesto di guardare avanti, radicarci saldamente sui territori, formare una classe redigente seria e affidabile e confrontarci con le altre forze politiche che condividono la nostra visione di Paese, pur mantenendo la nostra identità. È stato uno straordinario esercizio di democrazia partecipata, senza intermediazione della classe dirigente in cui gli iscritti hanno selezionato i temi da trattare, li hanno discussi, e infine si sono espressi con un voto chiaro e netto. Dispiace che questo percorso non sia stato accettato e riconosciuto, esercitando un potere abnorme che gli stessi iscritti a larghissima maggioranza ci hanno chiesto di limitare perché evidentemente irragionevole».
Dopo le richieste di Grillo ci sarà una nuova votazione. Lui chiede l’astensione, avrà presa sulla base?
«Fa specie che il massimo promotore della democrazia diretta inviti all’astensione e non accetti l’esito di un percorso democratico. Non abbiamo alcun timore di affidarci nuovamente alla comunità che siamo sicuri confermerà sia la partecipazione, sia l’esito del voto».
È possibile che si avvii una guerra anche sul simbolo?
«Guardi, mi solo avvicinata al movimento allora guidato da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio perché ho creduto nella vocazione e nell’attenzione verso il Paese reale, verso gli ultimi, verso chi viene lasciato indietro e verso il futuro del nostro Pianeta e a una politica diversa, che persegua gli interessi generali e non quelli dei singoli. In questa battaglia legale che il fondatore minaccia, leggo traccia di un interesse personale a una gestione padronale del Movimento che non si accetta di perdere. Se dovesse intentare una battaglia legale sul simbolo, sarà chiaro a tutti che le buone intenzioni delle origini hanno lasciato il posto ad un meno nobile interesse personale».
Possibile che Conte decida il paradosso di una scissione della maggioranza?
«Con il voto di domenica la comunità degli iscritti ha dimostrato compattezza intorno al nuovo movimento. Il nuovo voto sarà una conferma».
La collocazione nel campo progressista è reversibile?
«Assolutamente no, non si torna indietro. Non saremo più il movimento dei due forni o dell’equidistanza. Progressista significa orientati a un futuro di progresso per ogni individuo e per tutta la società, quindi all’estensione dei diritti di tutti e tutte senza distinzione, significa una politica economica che vada nella direzione di aumentare i salari, migliorare la qualità dei servizi come sanità e istruzione e accompagnare la società nei processi tecnologici ormai in corso e irreversibili, senza che gravino sulle spalle dei più deboli. Siamo questo e le nostre azioni politiche lo stanno dimostrando, ma lo faremo sentire ancora con maggiore forza».