Esito opposto per due processi sociali agli antipodi: da una parte la nascita dal basso e un percorso lungo 10 anni, dall’altro quello somministrato dalla Regione in pochi mesi
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Una riunione del Comitato delle 100 associazioni per la fusione di Corigliano e Rossano nel 2016
Alla gente non piacciono le imposizioni. Soprattutto quelle calate da una certa politica autoconservatrice della specie. E se il tempo passa per tutti, forse è bene che se ne faccia una ragione.
L’humus in cui è stata imposta l’idea di fusione all’area urbana di Cosenza è pressoché quello e nel day after di una mazzata di questa portata – l’ennesima per il partitismo benpensante – non sono pochi quelli che si interrogano sui motivi del fallimento del progetto cosentino, soprattutto alla luce del successo ottenuto – ormai – sei anni fa a Corigliano Rossano.
Due percorsi agli antipodi
I due percorsi sono – è bene dirlo subito – agli antipodi, l’opposto l’uno dell’altro. A partire dalle genesi.
In riva allo Ionio si è subìto di tutto, scippi di servizi essenziali e tagli continui ai bisogni della gente, sanità ridotta in macerie, giustizia cancellata dal territorio con un golpe – forse – telecomandato contro il tribunale di Rossano. E mentre la gente non ne poteva più, a Cosenza la spinta propulsiva è stata esclusivamente politica e proprio di rivalsa sulla città ionica, che quasi quasi si è permessa di superare in decibel il capoluogo, a leggere i post del senatore Mario Occhiuto, vero deus ex machina della fusione Cosenza-Rende-Castrolibero.
Mentre a Corigliano e Rossano in molti, insomma, hanno sentito il bisogno di unirsi per fare fronte comune contro la malapolitica e la malagestione della cosa pubblica, semplicemente perché l’unione fa la forza, nell’area cosentina il progetto di fusione è passato come un sollazzo della politica e di buona parte del consiglio regionale, sonoramente bocciato, anche perché – probabilmente – ha cambiato in corsa le regole del “gioco”, annullando di fatto il passaggio fondamentale nei consigli comunali.
La genesi della fusione di Corigliano Rossano
A Corigliano Rossano il percorso è durato ben più di qualche mese. Di fusione se n’è iniziato a parlare nel 2000, prima con qualche timido approccio sulla stampa. E quando le spallate contro le due città e più in generale contro la Sibaritide sono iniziate ad essere troppo violente, la gente ha iniziato a guardarsi negli occhi e ad interrogarsi, soprattutto nel periodo in cui Enel – siamo nel 2010 – voleva riconvertire la centrale termoelettrica a carbone. È quello il solco in cui inizia a germogliare la fusione di Corigliano Rossano, proprio nel mezzo del “no” granitico e imponente della gente alla carbonizzazione del territorio che sarebbe stata nefasta per l’ambiente e le vocazioni economiche ioniche.
Il ruolo chiave del Comitato delle 100 associazioni per la fusione
Qualche anno dopo, nel 2013 nasce spontaneamente il “Comitato delle 100 associazioni per la fusione di Corigliano Rossano”, fondato da Amerigo Minnicelli. Ed è proprio quella la culla del progetto che sboccerà solo nel 2018. Attorno al tavolo siedono alla fine oltre 150 associazioni, tutte firmatarie di un documento che condivide i valori di un processo sociale che parte dal basso, dalla gente, anche tra le mille difficoltà, gli atavici pregiudizi ancora in parte esistenti – come è facile immaginare – e lotte di campanile millenarie tra le due città.
Gli incontri del comitato per anni si susseguono a cadenza quindicinale ed il progetto viene anche presentato a Roma al ministero dell’Interno.
A Corigliano e Rossano il lavoro lo svolgono proprio le associazioni che negli anni – non certamente in tre mesi – convincono i rossanesi ed i coriglianesi sulla bontà della fusione, illustrando chiaramente i benefici nel tempo.
Nel 2014 il comitato compie il grande passo e chiede ai due consigli comunali di approvare la delibera – quell’atto di impulso cancellato con un colpo di spugna dal consiglio regionale nei mesi scorsi – con cui le due assisi chiedono alla Regione di indire il referendum consultivo che demanda al popolo la decisione finale.
A gennaio 2015 il consiglio comunale di Rossano si esprimerà all’unanimità, mentre a Corigliano la delibera passerà un anno dopo con non poche difficoltà ambientali: per la cronaca voteranno no quattro consiglieri comunali al tempo legati da cordone ombelicale a potentati politici cosentini.
Passerà ancora un anno – siamo nel 2016 – perché il progetto giunga in consiglio regionale grazie ad una proposta di legge presentata da Giuseppe Graziano. Seguono le audizioni di amministratori e associazioni in commissione Affari istituzionali e poi l’indizione della consultazione referendaria emanata con apposito decreto dall’allora governatore Mario Oliverio.
La forza dirompente del Sì
Dalle urne emerge un dato schiacciante: va a votare il 44% dei coriglianorossanesi, ben oltre il 30% di un quorum eliminato qualche anno prima. A Rossano il “Sì” è un plebiscito – ovvero il 93,80% – mentre a Corigliano è favorevole il 61,36% dei votanti.
Dati che alla fine incoraggiano il consiglio regionale ad approvare la legge di istituzione del comune di Corigliano Rossano, ma a maggioranza, con il voto contrario – chi si rivede – di Orlandino Greco e l’assenza dall’aula di buona parte dei consiglieri regionali dell’area di Cosenza, che abbandonano i lavori assembleari prima della votazione. A Palazzo Campanella la legge viene approvata alle 19,11 del 30 gennaio 2018, ma ufficialmente la nuova città nasce il 31 marzo 2018 e fino a giugno viene amministrata da un commissario prefettizio.
Saranno poi tre candidati a contendersi la prima fascia tricolore di Corigliano Rossano: Giuseppe Graziano, Gino Promenzio e Flavio Stasi.
Il resto è storia d’oggi.
La distanza della politica
C’è un dato che più di tutti, forse, premia la fusione ionica oltre alla credibilità del processo: la lontananza abissale della politica partitica. Al tavolo delle 100 associazioni siedono tutti, tranne i partiti in forma ufficiale; timidamente anche qualche segretario, anche i sindaci del tempo – molto più presenti Giuseppe Antoniotti e Stefano Mascaro, primi cittadini di Rossano in quegli anni, rispetto al “contrario” Giuseppe Geraci che si affaccia alle riunioni dell’Hotel San Luca in una sola occasione –. In quella fase le forze politiche non avendo la minima concezione di come andrà a finire se ne guardano bene dal provare a cavalcare un’onda piuttosto che l’altra. Nessuna dichiarazione pro o contro delle formazioni politiche – a livello locale e regionale – per anni, anche se pur richieste sull’argomento, fino alla vigilia del referendum, quando nell’aria ormai si respira chiaramente il “Sì” alla fusione, dopo centinaia di riunioni, decine e decine di incontri, dibattiti pubblici e gazebo informativi in campagna referendaria.
In ultima analisi, da non sottovalutare l’essenza di una vera fusione tra comuni di pari dimensioni come Rossano e Corigliano ed un’annessione di fatto di un comune più grande che fagocita gli altri due municipi.
Insomma, i rossanesi e i coriglianesi, attorno al progetto di fusione – molto probabilmente – non hanno sentito la puzza di bruciato di un brodino riscaldato troppo.