Nino Spirlì direbbe “annacare il pecoro”. Fuori dalla vulgata potremmo dire “fare melina” E’ quello che sta facendo il centrodestra, sia nazionale sia regionale, di fronte al cactus dell’autonomia differenziata. Dopo la fuga in avanti con l’approvazione della legge 86/2024 in maratona notturna parlamentare, adesso tutti tentano disperatamente di tirare il freno a mano. A partire dalla premier.

Giorgia Meloni in un'intervista al periodico d’area “Tempi” assicura che prima di avviare tutta questa baraonda c’è «una precondizione», ovvero che i Lep, cioè i servizi che dovranno essere garantiti territorio per territorio a tutti i cittadini, vengano «stabiliti e finanziati dallo Stato». Prima non si farà nulla. Ora se la prima parte, ovvero l’individuazione, è abbastanza semplice, per la seconda, il finanziamento, c’è il rischio che ci voglia una vita viste le condizioni delle casse dello Stato. Così dal quartier generale di FdI si lascia trapelare addirittura che in questa legislatura difficilmente si arriverà alle intese. Discorsi giuridicamente improbabili, perché siamo sul piano dei principi. Il piano della realtà, invece, dice che la legge è in vigore e consente alle Regioni di avanzare richiesta di autonomia sin da subito nelle nove materie fuori dai Lep, fra cui la Protezione civile e il commercio estero o le libere professioni tanto per fare alcuni esempi.

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È evidente che la frenata è stata dettata dalla reazione innescata dall’autonomia differenziata e dalla facilità con cui intorno al tema si sono coagulate non solo le forze politiche di opposizione, ma anche molte forze sociali. La testimonianza è la raccolta firme per il referendum che sta viaggiando a velocità supersonica.

Il tormento non riguarda solo il centrodestra nazionale, ma anche quello locale. Roberto Occhiuto si è accorto sin da subito l’autogol della sua coalizione, ma comunque in maniera tardiva rispetto gli effetti politici. Così le sue opposizioni stanno da settimane provando a forzare la mano e chiedere al consiglio regionale di esprimersi sul referendum abrogativo.

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Tocca al presidente del consiglio, Filippo Mancuso, mandare la palla in tribuna. Prima ha detto che la ppa (proposta di provvedimento amministrativo) del centrosinistra doveva passare in commissione. Poi la presidente della commissione competente, la prima, ha fissato la seduta l’ultimo giorno utile ovvero il 31 luglio scorso. Ma anche lì niente da fare si è optato per un rinvio della discussione. Così nell’ultimo consiglio regionale prima della pausa estiva, non ci sarà alcuna discussione sul punto.

Nel mezzo la lettera dello stesso Mancuso inviata al rettore dell’Università Magna Graecia di Catanzaro Giovanni Cuda, al rettore dell’Università della Calabria di Cosenza Nicola Leone e al rettore dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria Giuseppe Zimbalatti, con cui si chiede un approfondimento tecnico-economico-giuridico dell'autonomia differenziata. Inoltre, si invitano i tre Rettori «ad indicare le figure professionali a cui affidare il compito di che trattasi, onde poter tenere una prima riunione programmatica negli uffici della Presidenza del Consiglio regionale». Un altro modo di perder tempo, dunque, perché tutto si può dire tranne che sulla materia non ci siano studi o approfondimenti di varia natura fra articoli, saggi, libri, report. Magari basta leggere la ppa del centrosinistra regionale a cui sono allegati la memoria della Banca d’Italia del 27 marzo 2024 e il rapporto Gimbe sui riflessi nella sanità del febbraio scorso, documenti entrambi depositati agli atti della Prima commissione.

Ma è evidente che l’obiettivo è solo uno: mandare la palla in tribuna sperando che il clamore intorno alla vicenda quantomeno si affievolisca. Ma la segretaria nazionale del Pd Elly Schlein non ne ha nessuna intenzione e sulla raccolta firme per il referendum dice: «Queste firme sono un messaggio al governo: deve fermarsi».