Sospeso si, ma… tutta mia la città, la canzone degli Equipe 84 risuona nello studio di Perfidia per introdurre il tema della puntata, messa in piedi dall’autrice e conduttrice Antonella Grippo, che non poteva che essere relativo al terremoto politico giudiziario che ha scosso la città di Reggio Calabria, all’indomani della condanna ad un anno e 4 mesi del sindaco Giuseppe Falcomatà accusato del reato di abuso d’ufficio nell’ambito del Processo “Miramare”. Condanna che ha fatto scattare la scure della Legge Severino che prevede la sospensione già al primo grado di giudizio.

È toccato a Consolato Minniti direttore de Il Reggino.it riavvolgere il nastro della vicenda, ricordando che Falcomatà ha vinto un concorso da dirigente a Milano, dove prederà servizio a breve interrompendo l’aspettativa intercorsa da quando ha ricoperto il secondo mandato da sindaco. Minniti ha spiegato come al Pd non basti un mini risarcimento per quanto successo in riva allo Stretto, dove Comune e Città Metropolitana sono state affidate da Falcomatà al renziano Paolo Brunetti e al calendiano Carmelo Versace. Democrat, insomma, a bocca asciutta. E sul banco degli imputati ci è finito proprio l’atteggiamento di Falcomatà che ha scelto in solitudine i due facenti funzione, senza coinvolgere nessuno, attirandosi le antipatie non solo del livello nazionale, ma anche della sua ex maggioranza.

Legge Severino sotto accusa

L’avvocatessa Antonia Postorivo, definisce «allucinante» l’intervento della legge Severino che ha “congelato” la posizione del sindaco. Per lei in presenza di una norma costituzionale che definisce innocente un individuo fino al terzo grado di giudizio è assurdo considerare costituzionale – anche solo una volta – quella legge, in virtù del fatto che si tratta di una sospensione e non di una condanna.
Francesca D’Ambra vice segretario nazionale del Psi, concorda con la Postorivo sulla illegittimità della Severino «nata in un periodo storico contrassegnato da un esasperato giustizialismo che ha invertito la rotta del legislatore».
Il capogruppo del Movimento 5 stelle a Palazzo Campanella, Davide Tavernise, prova a scindere la questione: «C’è un problema politico e uno giudiziario. La Legge non ha né capo né coda, sospendere un sindaco che rientra dopo 18 mesi che senso ha?». Ma per lui il problema politico esiste ed è stato innescato dal modus operandi di Falcomatà.

Perna: «La cosa più logica è andare alle elezioni»

Tonino Perna, vicesindaco fino a venerdì scorso è stato silurato nell’imminenza della condanna. Il suo è stato un commiato polemico e controverso: «Falcomatà ha fatto un errore nei tempi. La carica di vicesindaco è fiduciaria e io al primo turno ho votato Saverio Pazzano, esponente civico di sinistra. Al ballottaggio non volevo che la Lega si prendesse la città di Reggio ed ho fatto un appello accolto dalla società civile. Se il centrodestra avesse candidato una personalità diversa da Minicuci, che è indisponente con un linguaggio volgare ed aggressivo che gli ha fatto perdere molti voti, l’avrebbe spuntata. Allora tanti amici mi chiesero di impegnarmi, di dare una mano alla città disastrata ed accettai la proposta di Falcomatà. I primi mesi andò bene, poi abbiamo avuto una visione diversa».

La cosa incomprensibile per Perna è politica, perchè mettere l’assessore all’Ambiente al suo posto non risponderebbe a nessuna logica, ma per lui Falcomatà ha una «personalità complessa. Non lo conoscevo. Non sono psicologo, ma secondo me sul piano umano è anche comprensibile, se ti muore un padre a 18 anni e qualcuno ti spinge a candidarti… Italo è un mito a Reggio, ma io da genitore non lo avrei mai spinto a confrontarsi con un mito. È giovane, parla bene, non ha l’esperienza del tradurre le parole in azione».

Per Perna la cosa più logica sarebbe andare alle elezioni, ma stanno anche arrivando risorse importati nell’ambito del Pnrr e cedere al commissariamento significa bloccare la macchina amministrativa per almeno 7 mesi. Questa giunta, per lui, andrà avanti ancora per un po'.

Minicuci (Lega): «Dal notaio per le dimissioni»

Da parte sua Nino Minicuci si professa garantista, “sempre e comunque”, ma poi lascia alla coscienza di tutti la lettura della vicenda, addirittura spingendosi personalmente a ipotizzare un altro reato, lo scambio elettorale. Rispetto alla voce che vorrebbe le dimissioni dei consiglieri comunali di opposizione e la sua fuori dal coro, Minicuci annuncia che come Lega andrà insieme al collega De Biasi a rassegnare le dimissioni dal notaio in modo tale che chiunque lo voglia potrà seguire quell’iter fino a raggiungere i diciassette occorrenti alla sfiducia.

Irto: «Il Pd vuole un rilancio vero della città»

Il Pd non vuole poltrone o prebende secondo il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Nicola Irto, che a palazzo San Giorgio può contare su un gruppetto di fedelissimi. Piuttosto si vuol fare valere il peso del partito più rappresentato a Palazzo San Giorgio. «In una fase complicata per la città il Pd chiede che ci sia un rilancio vero per la risoluzione dei problemi e lo dico senza retorica. Io sono reggino, so in che modo è stata trattata la città negli anni scorsi, noi pensiamo che al di là dei tatticismi c’è un bisogno enorme di dare una risposta ai cittadini. Il Pd si sta assumendo questa responsabilità, non ci interessano poltrone o strapuntini».