Crisi delle grandi città o rivincita dei territori? Più la seconda che la prima, se il riferimento della domanda è alla composizione del nuovo Consiglio regionale venuto fuori dalle urne il 3 e 4 ottobre scorsi. Le elezioni hanno ridisegnato la geografia di Palazzo Campanella, e non solo dal punto di vista dei rapporti di forza all’interno dell’assemblea regionale. In attesa della proclamazione degli eletti, la situazione venutasi a delineare per effetto della larga vittoria del centrodestra ha dato alla maggioranza 20 seggi, mentre alle opposizioni toccheranno 9 seggi (7 al centrosinistra tradizionale e 2 al polo civico di Luigi de Magistris).

Ma forse mai come oggi, il Consiglio regionale è ampiamente rappresentativo di tutto il territorio calabrese, sovvertendo alcuni pronostici e mettendo dietro le spalle lo strapotere delle tre maggiori città calabresi che, storicamente, finivano per fagocitare le rispettive province se non i rispettivi territori circoscrizionali. Ebbene, il voto di una settimana fa ha stravolto consuetudini decennali, provocando in alcuni casi dei drammi, politici s’intende, a chi era abituato a contare numeri e a gonfiare il petto in nome di un campanilismo mai sopito a queste latitudini che non ha mai prodotto alcunchè di buono.

La politica, abituata ai consueti assi tra città capoluogo – a Reggio ad esempio si lamenta da anni una sorta di alleanza non scritta tra Catanzaro e Cosenza, ai danni della città dello Stretto – adesso si interroga su come sia stato possibile tutto ciò.

Cosenza su tutti

Roba, per alcuni, da far gridare ad una sorta di complotto, giusto per restare in tema di drammi politici. Per altri invece è il trionfo della provincia che rialza la testa e premia i suoi rappresentanti. Per altri ancora è pura strategia politica di chi ha proposto e composto le liste.

Traducendo in numeri quanto detto, basta considerare che su trenta consiglieri eletti, solo otto provengono da Cosenza, Catanzaro e Reggio. Ma scendendo ancora più nel dettaglio, il dramma politico più intenso si sta vivendo a Catanzaro passata da sei rappresentanti in Consiglio addirittura ad uno solo, il riconfermato Filippo Mancuso con la Lega.

Reggio non fa molto meglio, e in nome della par condicio, porta a Palazzo Campanella soltanto due reggini doc, Peppe Neri con Fratelli d’Italia e Nicola Irto con il Partito democratico. La parte del leone invece la fa Cosenza che di rappresentanti provenienti dalla città ne ha ben cinque, uno in più rispetto alla sfortunata parentesi di Jole Santelli: Katya Gentile (FI), Pierluigi Caputo (FA), Fausto Orsomarso e Luciana de Francesco (FdI), Simona Loizzo (Lega). Nella scorsa breve legislatura i rapporti di forza erano diversi. Cosenza contava quattro rappresentanti, Catanzaro come detto sei, e Reggio quattro: in tutto quattordici.

La rivincita dei territori

Va da sé che la circostanza rappresenti un tema, anche importante, di questa tornata elettorale. Se è vero come è vero che a Catanzaro il sindaco Sergio Abramo ha incentrato il suo intervento in Consiglio comunale proprio sulla questione, con l’intento di spegnere gli allarmismi di chi ha intravisto un complotto ai danni del capoluogo, orfano della consueta rappresentanza, se si esclude i due eletti Antonio Montuoro e Ernesto Alecci provenienti da Marcellinara e Soverato.

A ben vedere, Catanzaro è sopravanzata da Vibo che elegge tre consiglieri cittadini – Michele Comito, Raffaele Mammoliti e Antonio Lo Schiavo - che diventano quattro se si considera Francesco De Nisi da Filadelfia. Come anche Lamezia che porta in Consiglio Valeria Fedele e Pietro Raso, insieme alla candidata alla presidenza sconfitta, Amalia Bruni.

A Cosenza, oltre i cinque che rappresentano la città, la provincia è ben attrezzata con consiglieri eletti provenienti da Cassano (Gianluca Gallo), Corigliano (Pasqualina Straface), Crosia (Davide Tavernise), Castrovillari (Ferdinando Laghi), Aiello (Francesco Iacucci) e Montalto (Mimmo Bevacqua). Stesso discorso per Reggio Calabria, che a Palazzo Campanella divide i suoi eletti con tre rappresentanti della fascia Tirrenica – Giovanni Arruzzolo, Giuseppe Mattiani e Giuseppe Gelardi – e due della fascia Jonica – Giacomo Crinò e Salvatore Cirillo -.

Ora insomma i partiti dovranno anche chiedersi il perché di questo stravolgimento – positivo per alcuni e negativo per altri – analizzando le scelte fatte, per convenienza politica o altro, e domandandosi se i cittadini non siano stanchi di una politica, o classe dirigente, che non ha brillato in questi ultimi anni, per via di ragioni diverse da ricercare appunto nel voto. E se a Cosenza è lecito ipotizzare che la candidatura alla presidenza ha fatto da traino, a Catanzaro e Reggio i conti continuano a non tornare. Anche per questo, la composizione della squadra di governo da parte di Roberto Occhiuto, diventa un rompicapo. Con questi numeri nessun territorio può essere mortificato, ma c’è da pensare anche che nessun partito vorrà cedere quote di potere ad altri.