Il volo da Accra per Kumasi dura poco meno di un’ora. Lasciato alle spalle il Golfo di Guinea, si avanza nel cuore della regione Ashanti. Il paesaggio è prevalentemente pianeggiante, con vaste aree coltivate che hanno sostituito la vegetazione preesistente. Prima di atterrare a Kumasi, la seconda città più importante del Paese, si scorgono le piantagioni di cacao che colorano di verde il panorama. L’oro non è il solo primato del Ghana che figura anche tra i primi produttori di cacao al mondo. All’aeroporto internazionale Prempeh I di Kumasi mi aspettano gli uomini del convoglio organizzato dal progetto inglese UK Ghana Gold Program (UKGGP) per portarmi nel distretto di Amansie West che, insieme al distretto di Bole, presenta il maggior numero di galamsey (miniere d’oro illegali).

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Il viaggio dura circa due ore, attraverso il cuore del regno Ashanti, su strade sterrate dal colore ocra intenso. Il driver del fuoristrada, un ghanese dallo sguardo sveglio, è impegnato a evitare le voragini lungo la strada e gli innumerevoli camion che occupano gran parte della carreggiata, creando una nebbia di polvere che costringe a fermarsi più volte. Quei camion trasportano materiali inerti risultanti dai lavori di manutenzione di alcuni tratti stradali. A dicembre, si terranno le elezioni presidenziali che azzereranno, in un’unica soluzione, l’ufficio presidenziale, il parlamento e il governo. Con un sorriso malizioso, il driver mi dice che i lavori dell’“ultimo minuto” consentono agli attuali membri del parlamento, eletti in quella regione, di impiegare i giovani disoccupati delle comunità locali, distribuire prebende e, in cambio, assicurarsi il sostegno per l’imminente tornata elettorale.

Arrivati al distretto di Amansie West, mi attende una scorta predisposta dal locale District Security Committee. La zona delle galamsey è un campo aperto, incontrollato, dove regna la legge del più forte e nessuno si fida di nessuno. Non è, pertanto, consigliato muoversi senza un adeguato dispositivo di sicurezza. Dopo circa mezz’ora raggiungiamo una delle tante miniere illegali della zona. A capo delle operazioni estrattive clandestine, mi accoglie un uomo con tre scagnozzi al seguito, tutti armati.

La galamsey, di origine alluvionale, si sviluppa lungo le sponde di un fiume. Alcune ruspe scavano senza sosta, scaricando, su piattaforme rialzate e inclinate, la terra, costantemente lavata con pompe guidate da ragazzi seduti in cima alla struttura. L’acqua usata per tali attività viene, poi, drenata nel fiume con pompe idrovore. La terra lavata, per gravità, scende in basso, canalizzata in una grande pozza dove una pompa conduce l’acqua mischiata a terra lungo un tubo che arriva su una collinetta, ad alcune decine di metri più in alto. La soluzione fangosa viene, quindi, sversata su una nuova piattaforma inclinata con la funzione di lavarla ulteriormente, separandola dai residui terrosi; a questo punto, la soluzione molto diluita viene accumulata in una cisterna aperta dalla quale il liquido, con l’uso di grossi secchi, viene travasato in due profonde pozze di acqua scavate nella terra. In una di esse, una donna, immersa fino alla vita, utilizza una larga batea per raccogliere un po' di liquido e, con un ritmico e misurato movimento rotatorio, fa defluire l’acqua e la terra al di fuori del contenitore, catturando le più pesanti pagliuzze d’oro che restano sul fondo. La donna mi indica le pagliuzze d’oro trattenute all’interno della batea. Le pagliuzze d’oro vengono poi lavate con il mercurio (il cianuro è più efficace, ma molto più costoso) per separare l’oro dalle contaminazioni di altri metalli (argento, rame, piombo, zinco). L’utilizzo del mercurio determina un amalgama biancastro che, scaldato con una fiamma per distillare l’oro, crea pietruzze preziose di varia grandezza. L’acqua, con la forza di gravità e l’attività umana, rappresenta uno degli elementi essenziali per l’estrazione artigianale dell’oro: a prescindere dalla natura (alluvionale, colluviale o condotta attraverso la frantumazione di rocce presenti nel sottosuolo, c.d. hard rock mining), tali operazioni necessitano di ingenti quantitativi di acqua da fiumi e laghi limitrofi. I ragazzi che lavorano nella galamsey sono tutti molto giovani; le donne impegnate a setacciare il liquido con le batee sono, invece, piuttosto anziane e, malgrado la loro età, restano immerse nel fango per molte ore.

Mi allontano dal boss locale e dai suoi scagnozzi e mi avvicino ad alcuni lavoratori che si occupano di distillare l’oro. Dopo essersi assicurati di non essere ascoltati dal boss e dalle sue guardie armate, mi confessano che ogni giorno entrano in contatto con il mercurio. Sono preoccupati perché molti distillatori che vivono nel loro stesso villaggio e che per anni hanno lavorato in altre galamsey della zona, si sono gravemente ammalati. Nelle galamsey, infatti, le acque reflue derivanti dalle attività di estrazione e distillazione vengono sversate nel fiume e assorbite dal terreno. A causa dell’avvelenamento del fiume e dei pozzi (che drenano l’acqua dalle falde acquifere sotterranee), le comunità si stanno progressivamente ammalando. Molti bambini dei villaggi del distretto di Amansie West presentano patologie al sistema nervoso e cardio-vascolare piuttosto allarmanti.

Uno dei ragazzi mi dice che le galamsey sono dappertutto anche a ridosso dei villaggi. Mi fissa con gli occhi lucidi e mi racconta la storia del suo fratellino che, giocando insieme ad altri bambini del villaggio all’interno di una galamsey dismessa, è morto cadendo in uno dei pozzi profondi a suo tempo scavati per l’estrazione dell’oro.

Mi fermo a parlare anche con il boss, gli chiedo quanto guadagna in media al giorno dall’estrazione e vendita dell’oro dal suo sito estrattivo. La perentorietà della mia domanda lo spiazza: in genere, gli uomini bianchi occidentali assumono atteggiamenti molto più cauti. Dopo una serie di battute scherzose per smorzare l’imbarazzo e una leggera irritazione, mi risponde che i profitti lordi giornalieri ammontano a circa 15mila dollari ma che, alla fine del mese, rimane ben poco per lui e la sua famiglia in ragione dei costi che deve sostenere per la manodopera, le rate del finanziamento per l’acquisto degli scavatori e del carburante. L’orologio d’oro al polso e il lussuoso fuoristrada con il quale è arrivato mi lasciano piuttosto perplesso. Prima di andarmene, mi fermo sul punto più alto della miniera. Lo scenario che si presenta davanti ai miei occhi è agghiacciante: un’intera area sventrata dall’incessante attività delle ruspe e contaminata dal mercurio utilizzato per la distillazione dell’oro. Un vero e proprio disastro ambientale. Nel mio viaggio di ritorno verso Kumasi ripenso a quel territorio deturpato, simbolo della peggiore forma di economia lineare, quasi un’anticipazione di una realtà distopica. Ingenti quantitativi di oro di contrabbando proveniente dall’Africa vengono importati dalla Svizzera e dall’hub internazionale di Dubai per poi essere collocati sul mercato dell’Unione europea. Da cittadino italiano ed europeo, mi sento profondamente corresponsabile di quel disastro. Il contrabbando internazionale di oro dall’Africa coinvolge tutti, nessuno escluso.

*PhD, Avvocato. Dottore Commercialista e Revisore Legale
Consulente Globale delle Nazioni Unite, Commissione europea e Consiglio d’Europa