Se si ha l'opportunità di entrare in un liceo calabrese qualunque e di chiedere a una cinquantina di studenti di 16 o 17 anni di spiegare in quindici righe al massimo la loro idea di scuola si ottiene un quadro sorprendentemente completo ed esaustivo dei problemi che la riguardano. Al di là delle ormai tristemente note difficoltà del sistema scolastico, riguardanti il diritto a un'istruzione di qualità anche in contesti sociali problematici, la formazione dei professori, i metodi di insegnamento, la gestione amministrativa degli istituti e altro ancora, colpisce l'importanza che i ragazzi attribuiscono alla sfera psicologica e alle relazioni, quelle tra adolescenti così come quelle con gli insegnanti.

Sembra che a mancare siano le aperture al dialogo, al tempo da dedicare alla riflessione, alla possibilità di collaborare e di sentirsi parte di un progetto formativo che possa dirsi davvero comune. È proprio il difetto di comprensione e ascolto a tornare con preoccupante frequenza nelle riflessioni dei giovani e a generare, insieme a criteri di valutazione spesso troppo asettici, stress, malessere, pressione spesso insostenibile.

Gli adolescenti percepiscono la loro debolezza e la distanza che, specialmente lungo il versante delle emozioni, li separa dagli adulti. Però, attendono con impazienza una soluzione efficace che, passando per l'esercizio dell'empatia e per il pieno rispetto della diversità, li faccia sentire più a loro agio negli edifici scolastici. Davvero significativo il fatto che i limiti di tali edifici finiscano per coincidere con l'approssimazione che sempre più frequentemente registrano nella capacità degli insegnanti di instaurare uno spazio di confronto all'interno del quale cercare e allenare talenti e disposizioni, oltre che sentimenti.

Come siamo arrivati a fare dei nostri licei degli istituti per il contenimento dell'empatia e dell'immaginazione, arrivando persino a credere di risolvere il problema passando per il “fare”, ma rinunciando di fatto a “capire”? Se gli studenti chiedono più tempo per loro, anche quando lo spazio è fatiscente e il programma è ben lontano dai loro principali interessi, perché continuiamo a pensare che la scuola debba contenerne passione ed esuberanza e riempirli di nozioni come polli da ingrossare?