“Adesso affrontiamo la sfida del Recovery fund” è stata una delle frasi più utilizzate dal confermato sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà durante la campagna elettorale appena conclusa. Ma se il fondo europeo per gli aiuti post-Coronavirus rappresenta una grande opportunità per l’Italia, la sua attuazione presenta non pochi ostacoli, soprattutto per gli enti locali.

 

Il primo riguarda la Governance, ovvero come le regioni e le amministrazioni periferiche partecipano all’individuazione delle misure da finanziare ed alla gestione del fondo. Durante la campagna elettorale ci si è spesso concentrati sul merito degli interventi, trascurando il ruolo dei livelli decentrati di governo nella progettazione ed attuazione.

 

Si tratta di un passaggio fondamentale al successo dello strumento. Negli ultimi venti anni la letteratura economica ha mostrato con dovizia di evidenze l’efficacia delle politiche place-based, cioè con una forte declinazione territoriale. Gli enti di prossimità devono quindi spingere, pur in un quadro di indirizzi centrali e strategici, affinché gli venga assegnato un ruolo centrale così da focalizzare gli interventi sulle specifiche esigenze dei rispettivi territori.

Si tratta di una partita che non vede protagoniste solo le regioni. Come ha sottolineato Fabrizio Barca in un recente editoriale su Il Sole 24 ore, le città metropolitane, e dunque anche Reggio Calabria, forniscono una piattaforma istituzionale ideale in virtù dell’esperienza e competenze accumulate nella gestione del PON Metro.

 

Proprio la capacità amministrativa rappresenta infatti una sfida da non sottovalutare. La PA ha al suo interno le competenze necessarie alla gestione di questi investimenti?

Negli ultimi anni i  fondi strutturali, tanto a livello centrale quanto livello regionale, hanno evidenziato le persistenti carenze in termini di capacità amministrativa della pubblica amministrazione. Le risorse per provvedere al rafforzamento delle competenze, almeno in modo contingente, ci sono e provengono dagli stessi fondi europei. Lo stesso vale per gli strumenti principali del recovery fund (REACT-EU e Recovery and Resilience Facility). Il punto sta nel come saranno utilizzare. È necessario per esempio dotare la pubblica amministrazione di nuove competenze cercando di mitigare un eccessivo affidamento all’esternalizzazione dei servizi.

 

Infine la terza criticità riguarda le sinergie con altri fondi. In che modo il recovery fund sarà addizionale al nuovo ciclo di programmazione 2021-2027? Riusciremo ad evitare sovrapposizioni e viceversa ad assicurare una forte complementarietà?

 

Per concludere riprendo le parole del  ministro per il Sud e la Coesione Territoriale Giuseppe Provenzano che appaiono come un appello agli amministratori locali; “Abbiamo le risorse, abbiamo gli strumenti, ora dobbiamo attrezzare la nostra macchina pubblica a realizzarli. E dobbiamo suscitare le intelligenze dei luoghi, delle persone che li abitano, e che hanno il diritto di costruirsi il futuro…è la grande occasione dell’Italia. E finalmente, anche del Sud. Ora è compito di tutti, non solo del Governo, lavorare per non sprecarla".

Mi auguro che sia veramente così.

 

*Domenico Rositano, esperto in politiche comunitarie