Il rilievo acquisito dalla premier italiana sul proscenio internazionale agita la Germania: pronto un asse per limitarla
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Forse il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbe iniziare a preoccuparsi. Nonostante i suoi straordinari successi e il prestigio internazionale guadagnato con intelligenza e determinazione, è evidente che tali risultati abbiano provocato più di qualche malumore. Non mi riferisco ai soliti detrattori interni, troppo impegnati a recitare una parte inconsistente, ma ai giganti dello scacchiere internazionale. Dopo decenni, l’Italia sta tornando a giocare un ruolo da protagonista, da Torre in una partita di scacchi globale.
Il recente successo nella partita per la Commissione Europea, unito al rapporto di fiducia costruito con pazienza e strategia con Ursula von der Leyen, non è andato giù a nessuno. Ancora meno è stato digerito il rapporto di stima e amicizia che lega la Meloni al neo Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump e al suo consigliere Elon Musk. Un’Italia che torna a contare è, per molti, un’anomalia difficile da accettare.
Per troppo tempo, il nostro Paese si è limitato a osservare attraverso il buco della serratura le manovre di Germania e Francia, lasciandosi relegare al ruolo di comparsa. Ora, però, la situazione è cambiata, e i "rosiconi" di oggi sono proprio quei partner storici, preoccupati di veder insidiato il loro consolidato predominio nella politica mondiale.
E non è un caso che le tensioni si stiano acuendo. In un prossimo futuro, il mondo che conosciamo subirà trasformazioni radicali. La Meloni è chiamata a fortificare i confini del Paese, sia in senso politico che strategico. Le recenti dichiarazioni di Friedrich Merz, candidato cancelliere della CDU e favorito per guidare la Germania, rappresentano un campanello d’allarme. Nei suoi discorsi, l’Italia non è nemmeno menzionata. Al contrario, l’attenzione di Merz è rivolta alla Polonia, che sta assumendo un ruolo sempre più rilevante in chiave anti-Putin, e alla Francia, con cui intende stringere un asse strategico negli ultimi anni di Macron.
È chiaro: si sta configurando un rinnovato asse anti-italiano in chiave sia europea che transatlantica, volto a ripristinare una leadership che la Meloni ha osato mettere in discussione.
Le prossime mosse saranno decisive e metteranno a dura prova le capacità del nostro Presidente del Consiglio. La partita è impari, soprattutto su temi caldi come la spesa militare, dove Meloni non potrà contare su un sostegno unanime. La minoranza politica interna, ancorata a una visione miope e anacronistica, continua a trattare questi temi come tabù, ignorando l'importanza della deterrenza nei processi di pace.
La sinistra italiana, ipocrita e opportunista, non coglie il valore di un’Italia forte e capace di difendersi. Trilussa ce lo ricorda bene con il suo pungente realismo:
«Anche io vorrei la pace – diceva l’Ape al Grillo – che il lavoro tranquillo mi soddisfa e mi piace. Ma finché sulla terra parleranno di guerra terrò sempre, a buon conto, un pungiglione pronto».
Fortunatamente, oggi l’Italia è guidata da un leader che non si lascia intimorire dai venti contrari. Giorgia Meloni sta dimostrando di possedere una visione di lungo periodo, di essere un "Principe" machiavellico capace di vedere "discosto". Ha saputo leggere i segnali del cambiamento globale con la lucidità di chi conosce profondamente i meccanismi della politica e ha avuto il coraggio di agire.
L’Italia, grazie alla Meloni, non è più spettatrice passiva, ma una protagonista che sa giocare la sua partita. La strada è irta di ostacoli, ma il nostro Paese ha finalmente una guida capace di affrontarli con determinazione e lungimiranza.