Un colloquio con don Luigi, giovane prete cattolico calabrese, sulla figura del Pontefice argentino: «È proprio nella sua presunta debolezza che sta tutta la sua forza»
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Don Luigi è un giovane prete cattolico calabrese. Vive a Roma dove studia, gestisce un’associazione che fa solidarietà nelle periferie della capitale, collabora in una parrocchia. Siamo amici da tempo, così durante le mie trasferte romane passo spesso a prendere un caffè con lui, sempre allo stesso bar, al solito tavolino all’angolo. Il bar è piuttosto scarno, tutto è essenziale.
«Don Luigi, oggi ti voglio far vedere una foto che mi ha molto colpito. La trovo… potente! Mi ha emozionato». Lo scatto è del grande fotografo Stefano Spaziani che ha immortalato Papa Francesco in un momento di debolezza fisica, quasi non riesce a stare in piedi. Mai un pontefice si sarebbe fatto fotografare così. Ma lui non bada a queste cose.
Chiedo a Luigi se la Chiesa non tema di avere un papa che appare debole e solo. «Caro Franco, è proprio nella sua presunta debolezza che sta tutta la sua forza. Perché Francesco è l’ultima voce del mondo che parla di poveri, migranti, ultimi e disperati. In un mondo in preda a odio e conflitti senza fine, Francesco invoca la pace, crede al dialogo fra le religioni, urla ai potenti di salvare la terra e l’ambiente, guarda ad un futuro tutto da decifrare».
Lo ascolto con attenzione. Don Luigi continua a parlare, e con sempre maggiore convinzione mi dice: «È un papa coraggioso, forte, così tanto daresistere agli attacchi violenti che partono da fuori e dall’interno della chiesa, anche da vescovi e cardinali, passando da integralisti e oscurantisti. Per tutti questi, il papa è un nemico da abbattere. Ma non ce la faranno, perché il papa vive e opera nella verità del Vangelo».
È vero. Nonostante «l’assedio’’ e gli attacchi durissimi e senza precedenti, il papa resiste perché è forte, perché è un uomo determinato, non teme minacce e ricatti. Don Luigi ne è convinto: «Caro Franco, questo bellissimo scatto che oggi mi hai fatto vedere è molto forte e vero. E tu hai ragione: è una foto potente e commovente. Sì, il papa è sotto attacco, ma non cede, non cade, anzi si rafforza sempre di più. I fedeli sono con lui, tantissimi preti e religiosi lo sostengono nella sua lotta per gli ultimi e per i più deboli. La Chiesa sarà sempre di più la Chiesa di Francesco».
Sì don Luigi, tutto questo è vero. Ma quanti disastri nella Chiesa e addirittura fra i vescovi. Hai visto cosa è successo in Calabria? L’arcivescovo di Catanzaro-Squillace, monsignor Vincenzo Bertolone, costretto improvvisamente a lasciare il suo incarico. “Licenziato” in tronco e allontanato da Catanzaro. Soppresso il Movimento Apostolico, nato a Catanzaro nel 1979. Una decisione storica della Santa Sede. Un movimento al quale appartenevano tanti sacerdoti, un movimento da tempo al centro di polemiche. Quasi contemporaneamente l’improvvisa uscita di scena di monsignor Luigi Renzo, vescovo di Mileto-Nicotera-Tropea. Per la stampa si tratta di dimissioni imposte dal Vaticano. Mai viste cose del genere.
«Vedi Franco, ogni giorno abbiamo la prova che il papa non è debole. È molto deciso e convinto di fare ordine e pulizia. Non so perché sia successo tutto questo in Calabria, ma di sicuro dietro deve esserci qualcosa di pesante. Il papa guarda oltre, sta tracciando la strada che porta ad una Chiesa povera fra i poveri, libera dai condizionamenti del potere e dei potenti, preti o laici che siano».
Ma così la Chiesa non rischia di implodere? Forse di dividersi e lacerarsi? «Esattamente all’opposto. Il papa sta costruendo una chiesa “evangelica”, che sta in mezzo alla gente, che torna alle origini. Nulla sarà più come prima, e questo salverà la Chiesa dal definitivo declino».
Saluto don Luigi e mi avvio verso la stazione. Penso alle sue parole mentre da lontano vedo Termini, una stazione enorme, con centinaia di treni che arrivano e partono ogni giorno, trasportando migliaia di viaggiatori da e per il mondo. Cammino lentamente, vedo le solite scene che mettono ansia e paura: estrema povertà, ubriachi negli angoli, disperati di ogni colore e provenienza, gente che urla, (spesso sento dire di donne violentate negli angoli), ragazzi in cerca di droga, matti che parlano da soli a voce alta. Miseria e disperazione umana che striscia fra i piedi di viaggiatori che vanno a passo veloce, uomini d’affari, tantissimi stranieri.
All’ingresso della grande area davanti la stazione, una statua piuttosto brutta ricorda Giovanni Paolo II. Ha un mantello aperto in segno di accoglienza. Altri tempi: quel papa sembrava un condottiero instancabile e invincibile, portò la chiesa di Roma al centro del mondo. Cambiò gli equilibri politici internazionali. Amatissimo dai giovani di tutto il mondo.
Poi inatteso l’arrivo di Francesco che in quella sera del 13 marzo 2013 parlò alla grande folla di Piazza San Pietro dicendo: «Arrivo dalla fine del mondo». Toccò inaspettatamente ad un argentino dopo le clamorose dimissioni del papa tedesco Joseph Ratzinger. L’arrivo di Francesco ha coinciso con l’avvio di una nuova epoca di grandi sconvolgimenti, mentre il mondo entrava in ebollizione. Lo attendeva perfino una catastrofica pandemia, che lo ha visto ispirato protagonista camminare da solo nel drammatico silenzio di una piazza deserta.
Francesco è il segno della fine del nostro mondo. Della storia che sembra volgere al tramonto. La nostra storia. Il papa nella foto di Stefano Spaziani si tiene, forse per non cadere. Ma Francesco non può cadere. Non deve!