Nei giorni scorsi mentre nelle aule del Parlamento veniva approvato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, sui giornali e nelle piazze si alzava la voce dei sindaci delle principali città del Mezzogiorno che evidenziavano l'ennesimo furto di fondi da parte del Nord nei confronti del Sud d'Italia.

 «Ci hanno scippato 60 miliardi», tuonavano in piazza sindaci e loro sostenitori. «Non basta il 40%, bisogna arrivare almeno al 68% di fondi Recovery da destinare al Mezzogiorno» ovvero destinare circa 131 miliardi rispetto agli attuali 82 stanziati nel Piano. Peccato i sindaci omettano di dire che nei prossimi anni il Mezzogiorno sarà inondato di fondi europei come mai è stato negli ultimi anni.

Ricapitolando: 82 miliardi su un totale di 206 arriveranno dal Recovery Fund, un ulteriore stanziamento di 9,4 miliardi sarà aggiunto al Fondo complementare e sarà rivolto esclusivamente al completamento della linea ferroviaria ad alta velocità tra Salerno e Reggio Calabria,  8,4 miliardi, attraverso il  pacchetto europeo "Next Generation EU, sono destinati a promuovere il superamento degli effetti negativi della crisi sanitaria da Covid-19 sull'economia, sull'occupazione e sui sistemi sociali, 54,23 miliardi derivano dai Fondi Strutturali che vengono declinati nei Programmi Operativi Regionali, altri 58 miliari dal Fondo di Sviluppo e Coesione che finanzia progetti finalizzati alla coesione economica, sociale e territoriale. A queste risorse, infine, si aggiungono ulteriori 24 miliardi programmati e già stanziati per il ciclo 2014/2020 e non ancora spesi dalle amministrazioni competenti.

Totale? 212 miliardi di euro!

Una cifra enorme che fa sorgere un amletico dubbio: saremo in grado di spenderli? Il Sud e gli enti locali sono pronti a gestire nei prossimi anni oltre 200 miliardi di euro?

La vera battaglia quindi non dovrà essere sulla quantità di fondi assegnati al Mezzogiorno, ma piuttosto sul rafforzamento della capacità amministrativa di Comuni e Regioni e come ha detto il presidente Draghi sulla "capacità di assorbimento" delle risorse.

Servono nuove professionalità che siano in grado di affiancare gli amministratori locali nella progettazione degli investimenti, nell'esecuzione delle procedure, nella loro rendicontazione. Servono tecnici, ingegneri, progettisti, esperti in politica di coesione, statistici ed una nuova classe dirigente che guardi al futuro. Solo così il Sud sarà in grado di spendere bene i fondi europei, producendo gli effetti attesi in grado di ridurre finalmente l'atavico gap di crescita da Nord e Sud del Paese.