A Doha è in corso la mediazione per trovare un accordo tra Israele e Hamas. Il rischio è quello di imboccare la strada del non ritorno, ossia quella della guerra. E anche la comunità internazionale avrà le sue responsabilità
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Chissà perché tutti sono ottimisti, sull'andamento della mediazione in corso a Doha, per trovare un accordo tra Israele e Hamas (e con essa i suoi alleati cristiani, arabi sunniti e islamici sciiti): io, da parte mio non ci riesco proprio o affatto a vedere la 'quaestio' positivamente!
Intendiamoci, chi mi conosce sa bene quanto il sottoscritto sia di tutt'altra 'pasta', cioè uguale e contraria al pessimismo, epperò qui, oggi, adesso, non ci si può permettere di essere o di fare i leggeri, oppure di sottovalutare o farsi abbindolare da probabili rassicurazioni, esclusivamente prodromiche ad effimeri - ma non concreti - successi, soprattutto considerandoli per quel che sono, ovvero 'usum delphini', di mediatori variegati.
Parliamoci chiaro, tappeti rossi srotolati, tanto di cappello e qualora riuscissero veramente, mille e più ex voto per grazia ricevuta, a chi eviterà la catastrofe, ma io continuo a non vederci chiaro.
Spero di sbagliarmi, eccome se lo spero, soprattuto per smentire chi mi accusa - sempre ed ingiustamente - di essere presupponente o dare ad intendere che me medesimo sappia tutto più di chicchessia (pur se talvolta ne so molto rispetto a tanti), ma la vita ha anche rafforzato in me, la 'fiutometria', indi per cui, sto con le 'antenne tese', preparandomi al peggio.
Se per questo, il peggio, qui, in Medioriente, è sempre dietro un angolo, il quale appena lo svolti te ne si propone un altro, quasi con la stessa cadenza del sole che risorge ogni mattino successivo.
D'altronde, lo confermavo persino al direttore della testata giornalistica Rai Francesco Pionati - per me un amico, oltre che 'mio direttore' (la stima e l'affetto reciproci, sono da annali) - cioè gli rassegnavo quanto miei timori di alle latitudini in cui mi trovo oggi, non solo sono concreti, bensì palesi.
Difatti, da queste parti, l'auspicabile, il conveniente e il razionale, lascia immediatamente il passo all'esasperazione delle tensioni, nonostante vi sia un accordo a portata di mano, per di più conveniente a tutti e ciascuno, e si imbocca, purtroppo, all'ultimo minuto, la strada del non ritorno. O specificatamente, quella della guerra!
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Qui le responsabilità, sarebbe onesto suddividerle plurimanente in entrambi i campi, cioè da una parte gli arabi (tra i quali ci sono anche i cristiani e non solo i musulmani) e dall'altra gli ebraico/israeliti, benché a farne le spese, ritroviamo al solito i poveri cristi figlio di Cristo - e il riferimento a Nostro Signore è giusto, essendo Gesù nato in queste contrade - cioè coloro i quali soffrono sempre, cioè gli indifesi, la gente che lavora e vuole vivere.
Si, è vero, nonostante tutto e tutti, vogliono vivere, vivere, vivere e per questo motivo si grida, si anela, l'inno alla vita, poiché è fiancate, stancante, stremante, straziante, avere come coinquilina la morte e ancor più intollerabile è pensare che la pace - con annessa dignità del rispetto umano verso la persona, qualsiasi persona sia essa cristiana, ebrea o musulmana - dicevo ancor più intollerabile è identificare la pace al pari di una corriera, la quale si attende invano, nella solitudine assoluta, quasi fossimo nel deserto.
Qualcosa accadrà dunque e spero che sia qualcosa di buono.
Ma se in caso contrario le armi cominciassero una loro funesta sinfonia, la comunità internazionale vigili e non sia vile: si palesi autorevolmente, dando giuste colpe a chi le ha e riconoscendo protezione a chi la merita.
Insomma, per dirla alla Aldo Moro (Moro, sempre Moro, solo Moro) "nessuno potrà essere esente da responsabilità...con il vostro irridente silenzio".