Quella ormai agli sgoccioli non è stata per nulla la "bella stagione". Ancora una volta sono emersi tutti i limiti di una regione le cui sorti non possono essere cambiate a colpi di post social e video promozionali
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Un’estate di sangue e di confusione. Un’estate triste con troppi morti lungo le nostre strade, troppo giovane sangue versato lungo gli itinerari di un’estate da dimenticare. E c’è perfino chi muore a 23 anni in attesa di un’ambulanza. Come 50 anni fa. Una tragedia che ci fa soccombere! Grazie al cielo sta finendo questa tragica e anomala stagione. Che dai primi dati sembra segnata da un vistoso calo delle presenze e soprattutto della durata, sempre più corta, delle ferie da trascorrere qui.
Un’estate da dimenticare da molti punti di vista. Ma forse quello che più preoccupa è che la Calabria rischia di uscire dalle mete del turismo di qualità. Nonostante l’ottima cucina locale, i bravi chef, ottimi lidi e locali della ristorazione, una splendida montagna. Abbiamo vissuto la stagione estiva caratterizzata da troppa approssimazione, troppa confusione, troppo caos. Mentre il mare in più parti risulta inquinato. Abbiamo già detto addio al sogno del mare da bere.
La Calabria vive e sopravvive ancora in una concezione vecchia del turismo, superata ampiamente da una richiesta irrisolta di una vacanza a stretto contatto con la natura e i paesaggi di spettacolare bellezza. Qui troppi operatori e amministratori puntano sulla quantità, sul numero dei turisti, ma non sulla qualità dell’offerta turistica. Tutto è affidato al livello locale, dove i sindaci sono stati lasciati da soli, senza mezzi, senza risorse, senza una strategia da seguire per offrire una stagione turistica degna di questo nome.
I comuni non ce la possono fare, stanno perdendo la battaglia, perché ormai la qualità dell’offerta diventa sempre più mediocre, sempre più confusa, in un disordine totale: non si vede nemmeno un vigile urbano per le strade; non c’è un solo sportello per dare informazioni agli spaesati turisti, sono state negli anni depotenziate le Proloco, un tempo alleate preziose degli enti locali. Qui i turisti vagano nel vuoto, senza sapere nemmeno dove si trovano e senza avere un’indicazione su dove andare.
Ma soprattutto non c’è un’idea di turismo. E nessuno sa qual è l’immagine che la Calabria intende dare di sé stessa. Certamente non quella dei soliti spot che commissiona ogni anno la Regione, che poi spariscono immediatamente dalla circolazione! Stiamo rovinosamente scivolando nel baratro di un turismo fatto di confusione e approssimazione, senza più una via d’uscita.
Eppure, nonostante tutto, ci sono tante belle cose e tante buone iniziative che ancora vediamo in circolazione, c’è anche tanta cultura (il premio letterario Caccuri ci sta dando una lezione ogni anno, in un crescendo inarrestabile di qualità e quantità da 12 anni. Un miracolo!). E ci sono anche tanti gruppi e associazioni di giovani che lavorano per offrire un turismo al di là dei soliti schemi. Unica speranza rimasta alla Calabria. Ma poi tutto questo viene schiacciato e messo in un angolo da un caos indicibile, dalle troppe iniziative confuse e spesso fine a sé stesse, da tanti inutili doppioni. Fino a quando potrà bastare il sogno della Calabria bella, una regione avvolta in un paradiso terrestre di ineguagliabile bellezza?