Ho avuto modo di riflettere in questi giorni circa l'evento dell'inaugurazione alla Scala di Milano, laddove si è parlato poco o meno dell'opera messa in scena, ovvero il "Don Carlo", mentre tanto e più, si è discusso per quanto riguarda il "grido antifascista" del melomane Marco Vizzardelli.

Ordunque ne è disceso un caos polemico, a fronte di "moralismo a senso unico", poiché la sinistra e più precisamente il sinistrume - cioè la versione italiana laicomoderata e non violenta dell'estremismo salafita sunnita musulmano - ha dispiegato con forza - strumentale - una "proprietà" intellettuale ed esclusiva della Resistenza.

La prova e la riprova, la si è avuta ieri sera - 8 dicembre - durante la trasmissione condotta da Nicola Porro su Retequattro, ovvero Stasera Italia. Parlava e straparlava - alla stregua di un leguleio in bretelle, tipico di queste nostre contrade - un certun deputato europeo "piddino", tale Brando Benifei, oriundo da quel di Genova.

Stucchevole e insolente, mistificatore e aggressivo, seppur con le sue fattezze fisiche "falsamente buoniste, (a)concenttuali e mollacciose", cioè il contrario di me "eterno bambino democristiano", in luogo a tal costui che risulta - se non altro ai miei occhi (e si badi bene: ho buona vista!) - un "bamboccione comunistoide" (per di più d'accatto, come lo sono tutti i suoi simili, ovvero i comunistioidi).

Qualcosa di giusto l'ha detta, ma bisogna e si deve fare chiarezza, se non altro in ossequio alla verità e inchino nei confronti della storia (ovviamente quella vera!).

Sono d'accordo con questo "virgulto" politicante, allorquando dice che la nostra Costituzione è stata scritta con spirito antifascista (amico e non compagno, vedi pure che sia il contrario!!!), ma che non ci si permetta di sottovalutare il ruolo primario ed essenziale di noi democristiani, in seno alla Costituente e alla relativa redazione della Carta stessa.

Difatti, già dal primo articolo "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione", si vede l'imprimatur Dc, essendo ciò scritto integralmente da Amintore Fanfani (al pari di come molti dovrebbero sapere, mentre o non lo sanno o non vogliono ricordarlo, epperò vi rintracciano la conferma "della superiorità manifesta di una democristianità conclamata").

Così come il tal soggetto, coerentemente alla greppia in cui si "abbevera", non continuasse al pari dei suoi "compagni" (non di merenda, ma fate vobis!), circa l'esclusività del ruolo comunista nella Resistenza, poiché a fargli difetto - a mo' di contraltare, il quale a sua volta dimostra quanta ragione ho io e che, sempre io, mi ritrovo dalla "parte giusta" - sono gli implacabili "orpelli" di Pitagora, cioè i numeri (e i fatti come sono, realmente andati!).

È vero i comunisti hanno avuto ruolo - in parte, pure, fondamentale- nel Comitato di Liberazione Nazionale, eppure ruolo maggiore e ancor più significativo, lo abbiamo avuto noi democristiani: tra l'altro, il popolo elettore, sin dall'inizio, in massa e frotte, con messe di voti, dava la maggioranza a noi, amici Dc, non certo a loro, cioè i compagni Pci.

Questa storia dell'esclusività resistenziale - della cui tradizione ci si è voluta impossessare (anche indebitamente e falsamente) - in fin dei conti, non tocca tanto i "comunisti ortodossi", cioè quelli "istituzionali" di Togliatti, bensì la galassia sinistrorsa dei "comunistoidi internazionalisti, terzomondisti e movimentisti", rispetto ai quali "il Migliore" (era codesto, l'appellativo di Togliatti, per l'appunto!), non solo aveva timore, ma li considerava, di sottecchi, come il fumo negli occhi, senza obliare quanti abbastanza grattacapi, gli procurarono.

A parte Pietro Secchia, vero "uomo di Mosca" e a capo dell'organizzazione del Partito Comunista Italiano (nonché "avversario" interno del leader e primo segretario generale del Pci, cioè sempre Togliatti), vi erano pure due "militanti" dell'area militare del comunismo italico, cioè i partigiani di azione e di guerriglia Mario Toffanin (capo delle Brigate Garibaldi, nome di battaglia "Giacca" e, parrebbe, financo prozio della nostra contemporanea Silvia, attuale compagna di Piersilvio Berlusconi), assieme a Giorgio Vidali, uomo inviato da Mosca e precisamente da Stalin e Molotov in persona, per dirimere le vicende di Trieste, allorquando ci fu la "rottura" tra i sovietici e il maresciallo Tito.

Si badi bene, Toffanin è il responsabile della strage di Porzus, cioè quella in cui vennero massacrati i componenti della Brigata Osoppo (cioè i partigiani "bianchi") e tale formazione (la Osoppo era guidata da Francesco De Gregori (zio omonimo del noto cantautore, benché il nipote sia oggi, incredibilmente ora per allora, notorio militante ed attivista dello strano, disdicevole ed insulso, eppure sempre solito e disgustosamente moralista, sinistrume sinistrorso).

De Gregori sr, aveva quale nome di battaglia "Bolla", mente il suo vice era Guidoalberto (detto Guido) Pasolini (noto con il nome partigiano di "Ermes") e quest'ultimo altri non era che il fratello di Pier Paolo Pasolini (pure costui divenuto una sorta di maître à penser dei sinistrorsi e moralisti, benché a corrente alternata, ovviamente la loro!).

E noi, noi democristiani? Qualcuno vuole veramente credere che non ci siamo stati o che eravamo a ranghi ridotti? Suvvia, meno corbellerie, panzanate e pastranate, perché non solo non è così, ma lo dimostro pure.

La nostra rete partigiana era guidata e gestita sotto la responsabilità di Paolo Emilio Taviani, con l'ausilio operativo di Enrico Mattei, pure se c'è ne erano altri di "resistenti apicali", tipo Franco Nobili (successivamente manager pubblico e privato, di "rito andreottiano", divenuto presidente dell'Iri), oppure lo stesso Tommaso Casini (il padre del mio amico Pier), per non dimenticare la staffetta partigiana Tina Anselmi.

E già, abbiamo avuto pure noi - e soprattutto noi dc - eminenti figure di liberatori dal giogo nazifascista, difendendo poi il nostro Paese dal totalitarismo militante del sinistrume sinistrorso.

Se per questo, avemmo fior di "padri e madri" della Patria, anche disseminati come un virtuoso reticolo, in tutta Italia, ovvero da Cantù a Cefalù.

Insomma, gente come Giuseppe Spsataro, Mario Scelba, lo stesso Francesco Cossiga (ma in un secondo momento, cioè quello della preventiva "difesa statuale" successiva alla Seconda Guerra Mondiale), Antonio Giagu de Martini, Filippo Cingolani (capogruppo di mio nonno in Senato), con la moglie Angela, anch'essa futura parlamentare Dc.

Ed anche Angelo Iervolino, assieme alla sua futura sposa Maria De Unterrichter, entrambi parlamentari democristiani, costituenti come i Cingolani e Angelo Iervolino più volte ministro, mentre la moglie Maria fu la prima donna ad entrare in un esecutivo italiano, precisamente in quello guidato da Mario Scelba (1954), per poi essere riconfermata - sempre nel ruolo di sottosegretario alla Pubblica istruzione - con i successivi Governi di Antonio Segni nel Segni I° (1955) e con quello capeggiato da Adone Zoli (1957).

C'è una storia vera, perciò, da raccontare - e non da manomettere a fronte di riscrittura parziale o settaria! - e noi giammai abbiamo pensato di "smerciare" facile propaganda - sebbene a fronte di verità e realtà - quale quella di essere gli autentici cardini di una Resistenza, la quale appartiene a tutti, ma in special modo al sacrificio dei "bianchi democristiani".

Ciò si chiama senso dello Stato e della responsabilità, elementi caratterizzanti uno stile appropriato, un modo consono, un senso di misura, per chi sulle sue proprie spalle, in virtù del libero consenso popolare, governava e governava non solo con assennatezza, ma persino e soprattutto bene.

Signore e Signori, è questa la vera storia!