In fondo al cuore sapevamo tutti come sarebbe andata a finire. Ci abbiamo sperato, ma sapevamo tutti che per Giulia fosse finita nel momento stesso in cui se ne erano perse le tracce. Inghiottita dalla notte e dal buco nero di quel patologico senso di possessività maschilista che ha armato di ferocia le mani di Filippo.

Sapevamo tutti, in cuor nostro, che quella flebile speranza si sarebbe presto trasformata in orrore. E così è stato. Come nel tragico sviluppo del medesimo copione, con la parola fine scritta a caratteri scarlatti.

Delle 84 vittime di femminicidio registrate dall’inizio dell'anno dalle cronache (104 complessivamente le donne uccise anche in altri contesti diversi da quello familiare/affettivo), quello di Giulia è forse stato quello che più degli altri ci ha bucato l'anima. Qui non ci sono mariti o compagni violenti, né denunce o ordini restrittivi. Qui c'è un ragazzo normale, un bravo studente, un figlio tranquillo ed affidabile. Ed è proprio questo l'aspetto che rende ancora più profondo il senso di inquietudine.

Come si fa a difendersi da un pericolo che non si percepisce? Come si fa a proteggere figlie, sorelle, madri, amiche, se stesse?

Verrebbe da dire che non si può. Non è così. Perché invece si può e si deve fare molto per limitare gli effetti più efferati di una cultura patriarcale e maschilista ancora troppo radicata e pervasiva, che tende a banalizzare comportamenti che altrimenti non sarebbero tollerati e che andrebbero indagati.

Allora, uomini scendete in piazza, manifestate voi per primi contro la violenza sulle donne, indignatevi, fatevi promotori di un cambiamento di mentalità che non può più attendere oltre. Perché Giulia è anche figlia vostra. Vostra sorella, vostra madre, vostra amica.