Un nulla di fatto al vertice in Qatar su Gaza rischia di essere la miccia di un nuovo conflitto mondiale

Domani a Doha si ritroveranno intorno a un tavolo tutti i mediatori che almeno a parole chiedono la fine delle ostilità nella Striscia. Ma in troppi fanno il doppio gioco

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di Vincenzo Speziali
14 agosto 2024
17:29

L'esperienza non mi manca, né mi fa difetto. Soprattutto, risulta prezioso, quanto mai calzante il vecchio adagio -un must da evergreen- di Giulio Andreotti (il quale mi manca da morire): «A pensar male si fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre!». Ordunque, viviamo l'attesa, stremati e in maniera ansimante, per sapere come finirà il "tavolo quatarino", convocato a Doha, domani 15 Agosto, alfine di trovare un accordo di pace o di tregua, non solo per Gaza, bensì per l'intera regione mediorientale.

Eppure, più di qualcosa non mi convince, poiché se all'ultimo momento utile, l'Iran ha deciso di inviare un suo delegato ufficiale, può anche darsi che questa sua mossa, possa essere configurabile in un "effetto abbaglio" (notoria pratica in intelligence), ovvero andare per far finta di trattare, ma con l'intenzione di far 'saltare' la possibilità di una intesa pacifica.


Tra l'altro, non è che dalla "parte opposta" gli Arabi (ovvero Palestinesi, Libanesi, Siriani, Iracheni, Sauditi, Qatarini, Yemeniti, Giordani, Egiziani) con i Persiani (cioè gli Iraniani), si troveranno un "giglio campo", oppure un "virgulto di compassionevolezza" quale non è Netanyahu e che come uomo di pace o buonavolontà avrebbe la stessa credibilità della notizia circa il flirt sentimentale di Grace Kelly con Bombolo.

Difatti, l'attuale premier Israeliano, ha sempre dimostrato con le sue scellerate azioni di infischiarsene pure e soprattutto, dei poveri ostaggi suoi connazionali e l'ennesima riprova sta nell'eliminazione a Teheran (con buonapace del Diritto Internazionale, poiché si è giunti persino a colpire una dependance del Palazzo Presidenziale Iraniano, insomma una cosa di gravità inaudita), proprio di Isma'il Haniyeh.

Si, è così: il defunto capo politico di Hamas - a differenza del suo successore e attuale "leader maximo", Yahya Sinwar (già responsabile delle operazioni militari della loro comune organizzazione) - insomma Hanieyeh, era proprio colui che stava trattando discretamente se non il rilascio di tutti gli Israeliani in mano ad Hamas, quantomeno della maggior parte di essi.

Adesso, di conseguenza e per come ci ritroviamo tutti quanti, nessuno potrà confidare in "aperture realiste" in capo all'Iran insolentita e violata nel suo stesso territorio, oppure da parte dei palestinesi di Hamas, i quali vogliono "vendicare" il loro 'martire' assassinato.
Certo, Gaza e i suoi abitanti si trovano ad essere doppi ostaggi, poiché lo sono degli estremisti connazionali, ma anche degli stessi Israeliani, i quali non hanno scrupolo alcuno attraverso "Tsahal" (Forze Militari) di massacrare l'inerme popolazione civile, fino a bombardare scuole ed ospedali, radendo al suolo gli immobili con le persone dentro.

Non nego che a Tel Aviv stiano ancora soffrendo e giustamente rimangono choccati (cone ciascuno di noi) per i fatti del 7 Ottobre, allorquando Israele fu ignobilmente e barbaramente aggredita da Hamas, la quale non solo prese in ostaggio circa 300 persone, ma ne massacro`, in modo crudele, un migliaio.

Epperò in politica, come in diplomazia e financo in guerra, la risposta per essere non solo credibile ma anche tollerabile, bisogna che sia proporzionata, altrimenti il passaggio al genocidio, non è "l'attraversamento" del Rubicone, semmai saltare una pozzanghera.
Tutto qui? No!

Poiché se proprio bisogna dirla sino in fondo e a onor di verità, vi è un altro aspetto da considerare, in pratica la stessa genesi di Hamas. 

Difatti, essa (Hamas) da sempre è stata utilizzata proprio da Netanyahu, il quale a sua volta ha costantemente non solo tollerato, bensì acconsentito, circa il rafforzamento di suddetti estremisti e in funzione "anti" Autorità Nazionale Palestinese (l'entità Statuale riconosciuta in capo a questo popolo da parte della comunità internazionale, Ue e Onu comprese).

Ma vi è di più, cioè una "medaglia" a due facce, poiché l'Autorità Nazionale Palestinese è guidata da un moderato quale Abu Mazen e Israele, benché tenuta ad osservare la risoluzione delle Nazioni Unite 242 del 22 Novembre 1967 -quella che impone l'abbandono delle terre 'conquistate', con la forza, durante "La guerra dei sei giorni perciò pure la Cisgiordania dove ha sede l'Anp - si è ben guardata dal farlo e difatti ha disconosciuto siffatto 'precetto'.

Se per questo, tanto per ricordare storia, eventi, fatti e comportamenti, sempre Israele, se ne è altissimamente infischiata alla bell'e meglio di altre risoluzioni del Palazzo di Vetro, cominciando da quella numero 425 del 1978, in cui si imponeva al Governo di Tel Aviv di ritirarsi dall'occupazione "manu militari" del "mio" Libano, il quale vide applicata tale 'imposizione' con insopportabile ed ignobile ritardo di ben sette anni, cioè nel 1985 e ricordiamoci, come in questo periodo di "cattività" israeliana, Beirut fu l'unica Capitale Araba ad essere invasa e Bachir Gemayel (a cui succedette il fratello Amine), dopo non appena 24 giorni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica Libanese (23 Agosto 1982), in piena occupazione, venne assassinato.

Adesso, quindi, con bando alle poche ciance e forte della storia, chissà perché non vedo nulla di concreto per la mediazione in Quatar, da laddove se ci fosse un nulla di fatto, a cominciare dagli Iraniani, si darebbe il via ad una guerra o ad una cruenta schermaglia, pur se qui non ci troviamo con "uno sparo nel buio", bensì con una miccia che farebbe impallidire quella di Sarajevo del 28 Giugno 1914.

di Vincenzo Speziali
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