Un gruppo di 269 sindaci, riuniti nella sigla "Recovery Sud", ha inviato una lettera a senatori e onorevoli in cui ritengono che il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza, così com'è stato impostato dal Governo «non rispetti le indicazioni dell'Unione Europea, che ha stanziato il Recovery Fund sulla base di tre fattori: la popolazione, la media della disoccupazione degli ultimi cinque anni e il basso Pil pro capite. Sulla base di questi criteri, la cifra che dovrebbe spettare al Mezzogiorno d’Italia si aggirerebbe fra il 66 e il 68%. Altri si spingono fino al 70%».

«Che non si tratti di calcoli avventati – continua la nota - lo rivela il fatto che lo stesso Ministro per il Sud e la Coesione Territoriale, Mara Carfagna, ha dichiarato in un comunicato che al Sud spetterebbe una cifra "superiore al 60%". Noi primi cittadini, che ci ritroviamo spesso ad amministrare Comuni con scarsissime risorse, insufficienti a erogare servizi sociali per una domanda di protezione sempre crescente o a curare la manutenzione di chilometri e chilometri di strade rurali, non riusciamo a comprendere perché il Governo abbia scelto invece di limitare al 40% la quota destinata al Sud».

«Tale decurtazione ci appare un grave torto alle nostre comunità – prosegue il gruppo Recovery Sud -, che in molti casi sono le stesse che La hanno eletta. Comunità che, come Lei sa bene, annoverano al loro interno aziende industriali, agricole, zootecniche e artigiane di grande qualità, nonché giovani, professionisti, operatori del turismo e della cultura che rappresentano già l'eccellenza e potrebbero essere ancora più performanti se avessero le stesse opportunità, in termini infrastrutturali, di altre regioni d'Italia e d'Europa. Per tale ragione, La invitiamo a manifestare il Suo libero dissenso dando parere sfavorevole in Aula al provvedimento».

«Qualora, tuttavia, avesse ragioni per motivare un voto favorevole al provvedimento, Le saremmo grati che ce le indicasse. Diversamente, non riusciremmo a comprendere come Lei possa rendersi complice di tale grave ingiustizia – concludono -, perpetrata non solo nei confronti del popolo meridionale ma dell'intera Nazione, che potrebbe trarre grande beneficio dall'emancipazione di un'area dal sottosviluppo in cui versa da ormai troppo tempo. Non ci sarà un'altra occasione per sanare una frattura del Paese costruita in un secolo e mezzo di disparità di intervento pubblico».