«L’ultimo comitato di sorveglianza del Por Calabria ha confermato tutte le perplessità e criticità che come organizzazioni sindacali e Cgil Calabria abbiamo espresso negli ultimi anni. L’ente, presieduto dall’autorità di gestione, ha oramai solo una funzione passiva, burocratica, di presa d’atto di cifre e numeri che danno solo una sensazione di inutilità e di ipocrisie».

Lo riferisce una nota della sigla sindacale a firma del segretario Angelo Sposato nella quale si fa rilevare: «La dura posizione che abbiamo voluto assumere come Cgil Calabria, di fronte ad una autorità di gestione che si limita a dare solo qualche orientamento senza entrare nel merito degli interventi, ha evidenziato scelte sbagliate, parcellizzate, uno spreco di risorse che non ha prodotto alcun valore su sviluppo e occupazione in Calabria. Circa 5000 interventi per 860 mln di euro,  per altrettanti soggetti beneficiari danno la cifra del fallimento della programmazione. Nessuna tracciabilità della spesa, basso impatto occupazionale, per circa il 38% di spesa sostenuta per continuare – si ribadisce - ad essere tra le regioni con la disoccupazione più alta in Europa, con una incidenza dell’emigrazione, una riduzione della natalità e con un saldo demografico negativo che porterà la Calabria tra 25 anni ad avere mezzo milioni di abitanti in meno. Rimangono da spendere del vecchio programma operativo oltre 1,4 mld in tre anni, 470 mln all’anno entro il 2023, di questo passo e con questa impostazione c’è il rischio concreto che sarà un’altra grande occasione persa».

Il Por 2021/27

Per la Cgil «in questi giorni la giunta regionale ha presentato alla Regione le linee di indirizzo strategiche per il Por 2021/2027 con un copia incolla sgradevole scoperto dalle opposizioni. Un atto che da l’idea di quello che sta accadendo in Calabria.  Se a questo aggiungiamo la discussione in conferenza stato-regioni sul piano di ripresa e resilienza e l’incapacità della giunta regionale calabrese a incidere nei processi decisori senza avviare alcun confronto con le parti sociali ed i corpi intermedi, possiamo dire che la Calabria è completamente in abbandono».

A giudizio dei sindacati «la giunta regionale calabrese procede senza una visione comune, ogni singolo assessorato è una giunta nella giunta. Se pensiamo come sono stati gestiti i 500 mln della revisione del programma Covid assistiamo ad interventi settorializzati per singolo assessorato che hanno il sapore delle scelte di stampo elettorale. I programmi Riapri Calabria, Lavora Calabria, il fondo Calabria competitiva, sono scelte fatte dalla giunta regionale in forma autarchica, non confrontate con nessuno, ed anche l’accordo con il Miur per il sostegno della didattica a distanza ed altri interventi non hanno prodotto risultati concreti e andrebbero attenzionati dalla magistratura contabile. Per queste ragioni, i prossimi 5 mesi possono essere fatali per la Calabria che ha una giunta regionale che non si limita alla gestione ordinaria ma sta utilizzando una mole di risorse economiche mai avvenute in precedenza».

Un tavolo per la Calabria

Procedendo nell’analisi: «Riteniamo, in forma sussudiaria, in attesa del voto regionale di settembre che la Presidenza del Consiglio dei Ministri debba intervenire direttamente sulla Calabria con un tavolo Calabria, sia per l’emergenza covid e vaccini, sia per l’emergenza economica. In queste settimane, nei meandri della crisi si sta consumando una recrudescenza della criminalità organizzata, della ndrangheta, che qualche giorno fa, dopo le inchieste giudiziarie a Cetraro ha crivellato di colpi la macchina del comandante della locale stazione dei carabinieri e nei giorni precedenti a Lamezia, ha intimidito i lavoratori della comunità Progetto Sud che utilizza alcuni beni confiscati. Una recrudescenza pericolosa, da non sottovalutare, atteso che nei prossimi anni in Calabria si dovranno gestire oltre 10 mld di euro di investimenti tra residui por 14/20 por 21/27 e recovery plan».

«Serve un grande piano di riforme e del lavoro per la Calabria, in una visione macroregionale con le altre regioni del mezzogiorno, anche se viene difficile accettare che nei due comitati interministeriali per la transizione energetica e quella digitale non è prevista la partecipazione del Ministero per il Sud», conclude la Cgil.